Descrizione

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L’Aquilegia è una pianta considerata piuttosto rara che cresce tra i cespugli del sottobosco, tanto che viene popolarmente chiamata: "Amor nascosto”.

E’ una specie perenne erbacea che può sopportare anche basse temperature.

Il suo apparato radicale consiste in una serie di rizomi verticali e obliqui da cui si dipartono i fusti, che possono raggiungere 80-100 cm. Questi si presentano eretti e robusti, di color verde-grigio, sia glabri che leggermente pubescenti, ramificati nella parte superiore.

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Le foglie basali sono portate su lunghi steli e sono generalmente divise in tre lobi che ricordano la forma di un ventaglio. Le superiori sono simili, ma di dimensioni più ridotte e meno lobate; la consistenza è delicata e il colore verde chiaro.

Lunghi steli portano una ricca fioritura formata da fiori penduli di un bel colore blu-violetto, rivolti verso il basso. Larghi da 2 a 4 cm presentano forma a calice, formato da 5 sepali disposti a stella che circondano 5 petali prolungati all’indietro in un lungo sperone uncinato dove è racchiuso il nettare.

Questo può essere raggiunto solo dagli insetti a proboscide lunga, mentre quelli dotati di proboscide più corta, sono costretti a mordere e a incidere lo sperone dall’esterno. Al centro spunta un ciuffetto di antere di colore giallo vivace, portate da lunghi filamenti che fuoriescono dalla corolla.

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Il frutto è eretto, diviso in 5 sezioni contenenti piccoli semi lisci e lucidi, lunghi un paio di millimetri di colore scuro.

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L’Aquilegia, come tutte le Ranuncolacee è una pianta tossica per la presenza di glicosidi concentrati soprattutto nei semi, che se ingeriti possono danneggiare il muscolo cardiaco.

Lo stesso Linneo, nei suoi studi riporta di aver visto morire bambini che imprudentemente avevano mangiato il seme della pianta.

Comunque una volta essiccata, perde la sua tossicità, tanto che il fieno contenente Aquilegia non provoca avvelenamenti.

Anticamente considerata sacra a Venere, si pensava che regalarne un mazzetto, avrebbe suscitato l’amore nelle persone.

Veniva utilizzata contro diarrea, reumatismi e per alleviare i dolori del parto, mentre oggi nella moderna erboristeria viene usata come astringente e diuretico.

Molti ritengono che il suo nome generico possa derivare da Aquila, per la rassomiglianza del becco e gli speroni dell’uccello, con quelli dei petali del fiore.

Ma il suo nome potrebbe avere avuto origine dalla parola latina ‘Aquilegium’ che significa ‘recipiente dell’acqua’, in riferimento alla forma del fiore e dei 5 speroni cavi come piccoli contenitori.

 

Fotografato nei pressi del torrente Pavone dall’amica Paola Sprugnoli

 

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Aquilegia comune • Aquilegia vulgaris

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