UNA VECCHIA FORNACE DA CALCE

 

fornace calcePercorrendo la strada provinciale che porta a San Dalmazio, in prossimità del vecchio 'Mulino di Possera', con un po' di attenzione si possono ancora intravedere, in uno slargo a pochi metri dalbordo della strada, i ruderi di una curiosa costruzione. Purtroppo, malgrado il recente disboscamento di qualche anno fa, la vegetazione spontanea è nuovamente cresciuta rigogliosa, ma facendoci largo tra i rovi e l'erba secca, riusciremo ugualmente a individuare la sagoma di una vecchia fornace da calce.  

Con qualche preziosa informazione recepita dai nostri anziani, siamo riusciti a scoprire che questa fornace esisteva fin da metà 1800 e che è rimasta attiva fino verso il 1940, sfruttata come risorsa produttiva autonoma, per il fabbisogno di calce, soprattutto da parte delle fattorie delle zone vicine.   

Tra i ruderi della fornace, si distingue ancora un'ampia struttura muraria di contenimento, alta oltre 2 metri, costituita di blocchi e lastre di pietre addossate al rilievo del terreno, per  1/3 del suo naturale dislivello. In basso al centro, si trova l'ingresso di alimentazione del fuoco, con un'apertura ad arco, circondata da file di mattoni e pietre, ai cui lati si aprono delle bocchette di aspirazione.    L'interno, parzialmente interrato, appare a pianta circolare, con diametro di circa 2 metri. Le pareti sono rivestite di pietre  refrattariee lasciano intravedere parte parte di una cupola di copertura a forma convessa. 

fornace calce 1Come materia prima per la produzione di calce, venivano utilizzate pietre calcaree e il vicinissimo torrente Possera, offriva a tale scopo le sue belle pietre biancastre di alberese, nonché il legname dei suoi vicini boschi per il procedimento di cottura.

La produzione di calce avveniva mediante la cottura delle pietre ad alte temperature, garantendo un calore costante di circa 800-1000gradi. A tali temperature il carbonato di calcio, in esse contenuto, reagendo col calore, liberava anidride carbonica e il prodotto che si otteneva era l'ossido di calcio (CaO) o calce viva.

Per ottenere tale risultato occorreva sapientemente caricare la fornace con le rocce da cuocere, una delicata operazione che richiedeva esperienza e maestria. Si iniziava coll'introdurre all'interno i primo blocchi di pietra, incastrati in maniera concentrica, ma permettendo di ricavare alla base una camera, che costituiva la zona di alimentazione del fuoco, dove venivano introdotte le 'fascine' e il legname occorrente. Si procedeva quindi continuando ad inserire le pietre dall'apertura della sommità della fornace, con l'accortezza di lasciare all'interno, fino al margine della cupola di pietre, alcuni interstizi per la circolazione dei gas e del calore.

Era indispensabile che forno venisse alimentato continuamente, giorno e notte e a tale scopo si adoperava il legname già reperito dalle macchie vicine. L'operazione di cottura delle pietre poteva protrarsi anche per una settimana, garantendo il controllo costante della temperatura intorno agli 800-1000°. Per far ciò occorreva disporre di circa 1 quintale di legname per ogni quintale di calce ottenuta.

Durante le fasi di cottura delle pietre, era indispensabile la costante presenza di diverse persone esperte che si alternassero, stando sempre attenti a saper intuire quando la cottura delle pietre fosse ultimata. Gli impercettibili segnali da valutare, potevano essere il diverso colore delle fiammelle e del fumo sprigionato o l'odore sulfureo che usciva dalla sommità della fornace.

Si poteva perciò passare alla fase di 'raffreddamento', che avveniva in maniera graduale e naturale, lasciando le pietre all'interno della fornace stessa, tenuta ancora chiusa per diversi giorni. Una volta estratte, le pietre si presentavano molto friabili, più chiare e porose e ridotte di volume fino al 40%.

Potevano essere vendute direttamente così o passare alla fase di immersione in vasche d'acqua, dove per reazione, per il forte sviluppo di calore, si otteneva il 'grassello' o 'calce spenta', una pasta densa e omogenea, per ottenere la malta.

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Era richiesto anche il 'latte di calce' una sospensione biancastra, che aggiunta a una percentuale d'acqua del 20-30%, era impiegata per la tinteggiatura dei muri.

Infine si adoperava la calce anche per modificare il PH dei terreni, come anticrittogamico e per la medicazione delle piante.

 

Il metodo di costruzione delle fornaci da calce, nonché il modo di cottura delle pietre stesse, sono rimasti invariati nel tempo, fin dall’epoca dei Romani.  

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