Pianta annuale presente in varie regioni d’Italia, ma più comune al Sud. Essendo priva di clorofilla cresce come parassita specialmente sulle Leguminose coltivate o spontanee e trae l’energia dalle radici delle piante che la ospitano.
Le sue radici fascicolate si propagano da quella centrale a forma di bulbo e nella parte terminale sono provviste di ‘Austori’ in grado di succhiare dall’apparato radicale delle piante vicine.
I fusti sono cilindrici, sottili e eretti; leggermente più ingrossati alla base. Le foglie molto ridotte e distanziate tra loro sono squamose, di forma ovata lanceolata lunghe poco più di 8/10mm, di colore brunastro per la mancanza di clorofilla.
I graziosi fiori ermafroditi sono assai distanziati l’uno dall’altro, riuniti in infiorescenze allungate non più alte di 15 cm. Il calice è ridotto a 2 lacinie con evidenti nervature. La corolla un po’ pubescente è formata da un tubo cilindrico biancastro che termina in un lembo bilabiato di colore azzurro-violaceo, più pallido nella parte centrale. Il frutto è una capsula ovoide contenente numerosi e minutissimi semini di colore nero.
La parola ‘Orobanche’ deriva dalle parole greche ‘’Orobos e Anchein’ che significano ‘legume e strozzare’ riferito alle abitudini parassite della pianta. L’aggettivo ‘nana’, si riferisce chiaramente alle sue piccole dimensioni. Anche la parola Phelipanche dal greco ‘phélos = ingannatore e ancho= soffoco’ descrive il parassitismo della pianta.
La pianta contiene ‘Aucubina’ ed è leggermente velenosa.
Osservata vicino alle rocce del ‘Percorso dei Manienti’
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