LE ROSTE
Testimoni della fervida attività, restano visibili le famose 'Roste' dette anche 'Calanchi rossi del Merse', che ci appaiono come un paesaggio marziano, in prossimità del ponte sullo stesso fiume, ai bordi della strada provinciale Massa M.ma - Siena, nelle vicinanze del bivio per Boccheggiano.
Il sito ci regala la stupefacente visione di una suggestiva successione di pinnacoli, calanchi, vallecole e montagne rossastre, che non sono in realtà un fenomeno geologico naturale, ma enormi depositi di resti della lavorazione dei minerali di rame, risalente alla fine del 1800 e all'inizio del 1900. I cumuli di scorie a lungo accatastati sulla riva del corso d'acqua, con la complicità dell'azione delle piogge e il trascorrere del tempo, hanno trasformato il paesaggio in questo scenario veramente surreale.
LA RICERCA MINERARIA
Il filone quarzoso-cuprifero di Boccheggiano si estendeva lungo l'omonima faglia per circa 2 km in direzione da NNO a SSE, incuneandosi verso Est di 45°. Consisteva in una vena quarzifera con pirite, calcopirite e subordinati solfuri misti e, come testimoniano alcune tracce, pare che fin dall'epoca etrusca, il sito già fosse interessato da un'importante attività estrattiva di rame, di galena e di pirite.
La storia delle miniere del Merse, prosegue nel XV° secolo, col senese Pandolfo Petrucci che fece costruire nella zona di Boccheggiano, alcuni impianti per la produzione di minerale ferroso proveniente dalle coltivazioni locali e in parte dall'Elba.
Nel secolo successivo ancora un senese, Vannoccio Biringuccio, in qualità di direttore delle miniere, gestì una fonderia per il ferro nei pressi del corso del Merse.
Le coltivazioni di allora, riguardavano cappellacci superficiali costituiti da ossidati di ferro ed altri vari metalli.
Mentre nel XII° secolo, l'illustre geologo veneto Giovanni Arduino, intraprende, anche se con scarsi risultati, altri scavi di miniere impiantando delle fonderie per la produzione del rame e del vetriolo, nelle vicinanze di un piccolo affluente del Merse.
In tempi più recenti, il francese Luigi Porte, costituì una società per la riattivazione delle vicine miniere di Roccatederighi, di Montieri e di Massa Marittima, nonché di quella di Boccheggiano, con autorizzazione concessa nel 1832 dal duca Leopoldo II°.
Il Porte convinto che nelle epoche precedenti, il filone minerario di Boccheggiano, non fosse stato ancora sufficientemente coltivato in profondità, cercò di attivare 3 nuove gallerie e 4 pozzi per delle nuove ricerche.
Come previsto, seguendo i tracciati delle antiche miniere preesistenti, furono rinvenute notevoli quantità di galena e blenda, anche con considerevoli quantità di argento.
Si arriva al 1889 quando la società Montecatini, dopo aver acquistato le miniere, da' inizio a una nuova stagione di ricerche e ammodernamenti, che videro la realizzazione di strutture per la lavorazione e il trattamento del minerale, con una grande laveria e 2 forni da 60 tonnellate.
Fu introdotto anche un innovativo ciclo di lavorazione col nuovo sistema di liscivazione e cementazione detto 'Metodo Conedera', che permetteva tempi di lavorazione molto più razionali.
Il minerale di rame, estratto nella vicina miniera del Merse, a circa 2 Km, veniva trasportato su vagoni mediante una ferrovia Decauville, quindi lavato, frantumato e accatastato in grandi cumuli per poter essere arrostito direttamente all'aperto, in 2 forni accoppiati, capaci di lavorare ogni giorno ben 60 tonnellate di materiale.
Sui cumuli veniva poi fatta passare l'acqua (fase di liscivazione), che in questo modo si arricchiva di solfati di rame e di ferro. A sua volta l'acqua veniva immessa nei forni di cementazione, con l'aggiunta di barre di ferro orizzontali, che andavano a formare l'anodo che generava il passaggio di corrente attraverso il bagno, in un processo elettrochimico che rilasciava rame puro.
Gli scarti di questa lavorazione, che venivano accumulati lungo le rive del fiume, con il passare del tempo hanno creato le famose 'Roste' con il loro paesaggio unico e suggestivo.
Sul posto veniva trattato il minerale con bassa concentrazione di metallo (3-6%), mentre la calcopirite più ricca (con circa il 47% di metallo) veniva trasferita tramite teleferica fino a Follonica, alla stazione di Ghirlanda.
Il processo brevettato da Raimondo Conedera, rese famoso nell'ambiente minerario, il giovane perito veneto, per la sua innovativa idea che portava a una maggior produzione di rame, cercando di sfruttare a fondo anche i minerali più poveri che venivano estratti.
Il procedimento consisteva in 5 diverse fasi: roste e torrefazione, liscivazione artificiale, cementazione, liscivazione naturale e fusione.
In quel periodo la miniera di Boccheggiano, dove erano impiegati circa un migliaio di dipendenti, primeggiò in Italia, mentre Conedera in seguito, ideatore anche di altri brevetti, fu nominato 'Cavaliere del Lavoro'.
Dopo questo periodo particolarmente fortunato, nel 1914 la miniera venne chiusa per esaurimento dei filoni cupriferi.
Dal 1889 al 1914 erano stati estratti dalla miniera, circa 1 milione e mezzo di tonnellate di minerale, con percentuale di rame dal 4 all'8%.
Il materiale di scarto della lavorazione che rimase abbandonato a se stesso, si cementò in fretta e nel tempo l'azione erosiva delle acque meteoriche, ha contribuito a creare quel paesaggio surreale fatto dal susseguirsi di calanchi, pinnacoli, avvallamenti e creste di materiale rossastro, dove la vegetazione è completamente assente.
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