La Polanisia è una curiosa pianta segnalata in Italia come avventizia intorno al 1960, con rapida espansione nel tratto di Pianura Padana che attraversa Piemonte e Lombardia e presente soprattutto in Liguria e in Toscana. La sua provenienza è incerta, ma si pensa che sia sfuggita da habitat particolari del Canada e dell'America settentrionale.
La Polanisia è una pianta erbacea, eliofila, annuale con apparato radicale costituito da un lungo fittone, privo di rizomi, ma contornato di forti radichette laterali, in grado di insinuarsi tra le pietre, aggrappandosi tenacemente.
Il fusto è rigido, eretto e ramificato fin dalla base. Tutta la pianta è ricoperta di peluria appiccicosa, che se toccata si attacca alle mani emettendo anche un odore sgradevole. Durante la fioritura cresce fino a raggiungere anche un metro di altezza.
Le foglie trifogliate, appiccicose e viscose al tatto, sono sorrette da lunghi peduncoli e costituite da 3 elementi lanceolati acuminati (2x4cm), di colore verde opaco chiaro, con nervature evidenti.
L’infiorescenza è costituita da un ampio racemo terminale composto da numerosi fiori color bianco-crema con base violacea. Il calice è diviso in 4 sepali di colore rosso e ogni singolo fiore, portato su lungo peduncolo peloso, ha 4 petali eretti, a forma di cuore (2 cm), con numerosi e lunghi stami violacei (circa 12). I petali hanno un curioso artiglio prominente e un vistoso nettario rosso-arancio lucido.
I frutti appaiono come capsule appiattite, simili a lunghi baccelli (40-70 mm), divisi in valve reticolate, contenenti numerosissimi semi discoidali scuri e ruvidi, del diametro di circa 2mm.
“Polanisia” deriva dalle parole greche “polus=molto e anios=diverso-disuguale” ed è riferito alla diversa lunghezza dei numerosi stami e anche il nome della specie “Dodecandra” allude ai 12 stami del fiore. La pianta venne classificata come “Dodecandra” nel 1753 da Linneo e rinominata in seguito nel 1840, dai naturalisti Torrey e Gray come “Trachysperma” per descrivere la ruvidità dei suoi semi.
Presente soprattutto nel greto del Cecina, in maniera sporadica anche presso gli altri corsi d’acqua della Vallata.
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