DESCRIZIONE
Ancora un' ulteriore escursione in bici nella natura incontaminata della zona delle Carline, che anche in questo giro, ci ha permesso di scoprire un grande numero di punti di interesse da apprezzare e far conoscere a chi come noi, ama questo territorio, particolarmente fresco e rilassante anche in estate.
Facciamo presente che alcuni brevi tratti del percorso che stiamo per iniziare, saranno ovviamente già conosciuti, in comune con altri già fatti in precedenza, ma ci teniamo a precisare soprattutto che per mantenere la continuità dei tracciati prescelti, spesso siamo costretti a ricorrere a percorsi non segnalati o non perfettamente mantenuti, che ci sentiamo di sconsigliare a chi non accetta qualche 'sgraffio', data la probabile e incontrollabile ricrescita di rovi.
Abbiamo trasportato le nostre e-bike lungo la strada vicinale di Fosini, parcheggiando le auto in prossimità di un piccolo slargo, proprio di fronte ad una postazione di perforazione denominata 'Palazzaccio 2' (coord. 43°12'22,8''N 10°56'59,1''E), da dove siamo partiti direttamente pedalando in direzione del castello di Fosini, meta irrinunciabile per chi transita da queste parti.
Il fondo asfaltato e il leggero falso piano ombreggiato da maestosi boschi, è la condizione ideale per iniziare il nostro giro e dopo aver pedalato in maniera disinvolta per circa 6 km, giungeremo in vista del grande castagno che ci anticipa l'arrivo al castello.
Le prime tracce scritte sul castello si trovano all'inizio del 1135, quando la proprietà dei vescovi di Volterra passò al conte Raniero Pannocchieschi, per passare ancora nel corso dei secoli al Comune di Siena e alla Contea di Elci. Anche se nel passare dei secoli, le sue strutture hanno subito immancabili rimaneggiamenti, il castello conserva ancora annessi al suo interno i ruderi del mastio quadrato, della torre principale e del belvedere.
Superato il filare dei grandi tigli secolari e del bel fontanile, dopo aver scattato qualche foto ai ruderi del castello, ci siamo precipitati lungo la scoscesa discesa che porta verso il Rio Riponti, un piccolo torrente affluente del Pavone, superato il quale dovremo fare i conti con un'irta salita!
A complicarci la vita sarà anche il fondo ciottoloso, che ultimamente risulta un po' più sconnesso e dopo aver pedalato per oltre 2 km, dopo il castello, giungiamo ad un incrocio, in cui svolteremo bruscamente a dx continuando a salire verso il poggio di Mutti.
Dopo appena 400 m. quando il terreno sembra un po' spianare ci troveremo di fronte ad un incrocio di tre stradine, dove dovremo proseguire in salita per il ramo più a sx. (coord 43°09'48,6''N 10°56'08,8E)
Pedaliamo con un certo sforzo attraversando un ostrieto (bosco di carpino nero), dove nei mesi primaverili, si possono apprezzare le fantastiche fioriture di narcisi, asfodeli, violette etrusche e tante altre specie caratteristiche di questa zona.
In cima all'altura, dove la carrareccia si fa più aperta inizieremo a scendere, voltando verso sx, finché dopo breve tempo giungeremo nel vecchio piazzale antistante una delle cave di rosso ammonitico. (coord 43°09'29,7''N 10°56'13''E)
Questa roccia stratificata risalente a circa 200 milioni di anni fa, è detta anche 'Marmo rosso di Gerfalco'. Prende il suo nome dal suo principale fossile: l'Ammonite' il cui nome deriva dal Dio Ammone, spesso raffigurato con corna spiralate che ricordano la forma di questi antichi molluschi cefalopodi.
Continuiamo ora in una ripida e ciottolosa discesa per fermarci circa 50-60m più avanti, dove sulla sx, immediatamente a ridosso dell'argine della strada, avremo l'opportunità di curiosare nella miniera di 'Calcite Nera', una delle tante grotte-miniere di questo sito minerario. (Naturalmente, nell'eventualità che qualcuno volesse introdursi all'interno, dovrà prestare la massima attenzione!!!)
Le miniere di Poggio Mutti sono una rete di cunicoli di origine carsica, in parte scavati dall'uomo, già conosciuti dagli Etruschi e utilizzati fin dal medioevo, dai Sassoni arrivati con le invasioni barbariche. La ricerca dei minerali d'argento, utile a quel tempo principalmente per la monetizzazione, si basava soprattutto sulla Galena argentifera (solfuro di piombo contenente argento) e sulla Tetraedrite.
Risaliti sulle nostre bici ci avventuriamo ora nell'ardua discesa resa insidiosa dai ciottoli smossi e dalla forte pendenza, al termine della quale ci immetteremo di nuovo sulla strada bianca, che verso dx, si dirige alla volta del piccolo borgo di Gerfalco.
Pedaliamo ora tranquilli e rilassati ammirando la bella campagna, costituita per lo più da pascoli sovrastati dal massiccio della Cornata, fino a raggiungere la Cappella dell'Avveduta.
Si potrebbe ipotizzare che il piccolo edificio religioso, fosse servito come punto di incontro e di preghiera per i minatori, ma potrebbe trattarsi anche di un antico luogo di sepoltura di ricche famiglie dei dintorni, visto che la sua esposizione appare contraria alle regole ecclesiastiche del tempo.
Dopo aver pedalato per circa 3 km e superato la curiosa chiesetta, imboccheremo a dx una sterrata che dopo qualche centinaio di metri ci farà raggiungere un vasto spiazzo da cui si gode un'ottima vista sull'arroccato borgo di minatori.
Proseguiamo passando vicino al cimitero del paese, voltando verso dx in direzione Sud. In breve tempo giungeremo al grande incrocio con la strada che porta a Montieri, che attraverseremo proseguendo verso Montieri, solo per pochi metri, e voltando subito dopo bruscamente a dx, per immetterci di nuovo su una strada bianca.
Scorriamo agevolmente superando di volta in volta i vari poderi ristrutturati, fino a raggiungere in prossimità di un tornante a sx, un piccolo incrocio non facile da individuare (coord 43°06'56,4''N 10°59'09,3''E).
La comoda strada bianca lascia ora luogo ad una più stretta dal fondo poco regolare, che ci farà salire verso la meta principale di questa escursione: la 'conquista' della vetta del Poggione di Prata (Alt. 914m).
Andiamo avanti per il medesimo tracciato alternando nei punti più ripidi, brevi tratti cementati, dove è possibile notare in uno slargo dopo il primo tratto, un cartello di legno, che testimonia uno dei tanti orrori della guerra e precisamente il punto in cui, un bimbo che abitava nella vicina zona, trovò la morte per l'esplosione di un ordigno bellico.
Quasi ultimata la salita all'unico grande incrocio (che a dritto ci avrebbe portato verso il borgo di Prata), volteremo a dx fino a raggiungere dopo un brevissimo tratto, il punto in cui abbandoneremo di nuovo la strada carrabile per immetterci in un piacevole 'single trek' in direzione della massima quota.
Il luogo sarà facilmente individuabile per i grandi cartelli esplicativi, che riportano i nomi dei sentieri ciclabili. Quello che prenderemo sarà il 'Maccherone' e due curiosi ometti di pietra, uno di fronte all'altro, ci indicano su un lato, la direzione per il Poggione e sull'altro, quello verso il Poggio della Croce.
Iniziamo a salire lungo il piacevole e divertente sentiero 'Maccherone', che con singolari curve e contro curve, all'interno del bosco ci conduce quasi a quota 900m, in un vasto pianoro da cui le belle vedute spaziano sui borghi delle Colline Metallifere fino al mare, mostrando davanti a noi, l'ardito viadotto che conduce a Prata.
Impazienti di raggiungere la vetta risaliamo in sella e percorriamo l'ultimo tratto che ci condurrà alla sommità del Poggione, uno straordinario luogo, che da molti anni costituisce la meta di tante nostre escursioni estive, per assistere a pittoreschi tramonti.
Scattate le immancabili foto alla vicina Cornata, al Poggio Montieri e ai lontani fumacchi delle Biancane di Monterotondo, ristorati dalle straordinarie vedute, a malincuore decidiamo di ripartire, tuffandoci in una avventurosa discesa che con 3 diversi 'single trek' ci porterà fino alla località di Fontalcinaldo.
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