Pianta erbacea perenne con grosse radici fibrose scure. Ha fusti di colore verde acido, piuttosto legnosi alla base, che tendono inizialmente ad essere striscianti, poi si fanno eretti, inguainati dai residui delle foglie morte.
Si ramificano verso l'alto e possono raggiungere anche 80 cm, con foglie e gemme persistenti per tutto l'anno.
Le belle foglie, portate da un lungo picciolo, sono di colore verde molto scuro lucido. Hanno lamina palmata e si suddividono in 7-10 segmenti con contorno seghettato. Quelle sottostanti il fiore, sono piccole ovali, color verde chiaro, ridotte a brattee.
L'infiorescenza si compone di 3-15 fiori penduli campanulati (a forma di tazzetta), con 5tepali obovati verdicci, spesso con margine porpora. I veri e propri petali (fino a 12) sono piccoli cornetti tubolari.
I frutti sono capsule coriacee a forma di baccello, terminanti con rostri uncinati, contenenti semi neri e lucidi. Il rizoma e le radici della pianta, contengono saponine tossiche anche se, anticamente venivano usate come vermifugo e come narcotico.
In passato si somministravano infusi di Elleboro, come potenti vermifughi, ma tale pratica si dimostrava talvolta letale, data la pericolosità e la nocività di questa pianta. Nella medicina greco-romana, veniva usata la radice per il trattamento della follia. Documentazioni storiche attestano l'utilizzo dell'Elleboro, come prima 'arma chimica', in quanto si racconta che le città di Delfo e Crissa, durante l'aspra contesa per il culto per il dio Apollo, abbiano voluto avvelenare con enormi quantità della pianta, le acque del fiume Pleisto, provocando un'epidemia di dissenteria tra i soldati.
In alcune regioni italiane, la pianta viene ancora chiamata 'Erba nocca' per l'antico utilizzo sulle ferite purulente degli animali domestici. Una poltiglia di radici spezzettate veniva introdotta nella ferita, con lo scopo di ''annoccare'', cioè far guarire l'infezione, che comunque avrebbe lasciato una escrescenza detta ''nocca''.
L'etimologia della parola Elleboro deriva dal greco col significato di 'contro la pazzia'. Mentre l' epiteto 'foetidus', è usato ingiustamente, in quanto anche se la pianta viene stropicciata, l'odore che emana è solo leggermente acre e non giustifica un aggettivo così spregevole. Con più probabilità poteva descrivere il fatto della sua tossicità. Curioso è il modo in cui si riproduce: ognuno dei suoi semi presenta una cresta bianca contenente un olio che attira le lumache. Queste nutrendosi della sostanza oleosa, scartano il seme che si attacca al loro muco e viene così trasportato in altro luogo dove germinerà.
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