Pianta perenne erbacea con rizoma corto e ingrossato di colore nerastro, contornato da numerose radichette. Ha steli glabri alti fino a 50 cm, che si ramificano verso l'alto.
Le foglie, di color verde smeraldo sono portate da piccioli lunghi 30-40cm e suddivise in 7-13 segmenti, spesso ulteriormente pennati, con dentature profonde e irregolari. Possono misurare fino a 40cm.
I fiori, in gruppi di 3-4, hanno la forma di una scodella, reclinati verso il basso. La corolla è formata 5 grandi sepali slargati di colore biancastro tendente al verde chiaro. I veri petali in numero da 8 a 12, sono ridotti a piccoli cornetti tubolari con funzione nettarifera, il cui succo attrae gli insetti. Al centro sono presenti numerosi stami verdastri.
I frutti sono capsule cornacee (follicoli) portanti lo stilo all'apice che perdura fino a completa maturazione. All'interno sono presenti piccoli semini neri, oblunghi che contengono una sostanza oleosa.
La pianta contiene elleborina e altri glicosidi e saponine altamente tossiche, in grado di provocare l'arresto cardiaco e danni neurologici.
In passato era usata usata per contrastare i vermi intestinali dei bambini, con drastiche conseguenze talvolta anche mortali, mentre nell'antica Grecia veniva somministrata contro la pazzia. Si dice anche che lo stesso Alessandro Magno fosse morto per le eccessive dosi di elleboro prese per curare le febbri malariche, mentre quando veniva bruciata durante i riti degli stregoni, si pensava che avesse il poteredi rendere invisibili le persone.
Un'infinità di leggende e di aneddoti si legano a questa pianta, che per questo motivo viene popolarmente chiamata nei modi più disparati. Un antico racconto narra che una pastorella, arrivata alla grotta del bambino Gesu', senza alcun dono, nel vedere le ricchezze recate dai Re Magi, si sarebbe messa a piangere dalla disperazione. Dalle sue lacrime sarebbero poi spuntati dei fiori biancastri con la corolla dorata e da quel giorno l'Elleboro venne anche chiamato ''Rosa di Natale''.
Probabilmente la parola "Helleborus", deriva dal semitico "Helebar", che significa "contro la follia", o forse da due parole greche 'helein=uccidere e bora=cibo', con chiara allusione allusione al suo veleno. L'epiteto viridis, si riferisce invece al colore verdastro dei suoi bei fiori.
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