Si tratta della felce più diffusa fra tutte quelle del Centro-Europa ed è considerata una specie invadente che spesso forma estesi e fitti raggruppamenti, fino a diventare una vera infestante. Il fuoco e gli incendi ne favoriscono la diffusione.
E' una pianta erbacea perenne molto robusta, risalente a più di 55 milioni di anni fa, che può raggiungere un'altezza anche fino a 2 metri.
E' provvista di grande rizoma strisciante da cui annualmente spuntano le fronde. Queste sono facilmente marcescenti, hanno un profilo triangolare, lunghe anche fino a 1 metro e larghe oltre 50 cm. Hanno consistenza piuttosto coriacea, divise in 2/3 ordini, di color verde intenso, che diventa marronastro in autunno. I sori non molto evidenti, disposti ai bordi fogliari protetti dai margini ripiegati.
La Felce aquilina è una specie officinale molto tossica, contenente enzimi e tannini in grado di distruggere la vitamina B1, nonché di provocare avvelenamenti e tumori, anche negli animali.
Nonostante che l'utilizzo fosse estremamente rischioso, era anticamente usata come vermifugo! Mentre piccoli innocui mazzetti venivano legati sopra le porte delle stalle per allontanare le cimici e altri parassiti.
In Italia l'infestazione della Felce aquilina, pur non raggiungendo la gravità di altri paesi, può rappresentare lo stesso, un potenziale rischio per la salute. Ovviamente è da evitare il diretto consumo, ma anche l'utilizzo delle falde acquifere che si trovino nei pressi dei felceti.
Il suo nome deriva dal greco 'Pteros' che descrive l'aspetto delle fronde, mentre l'epiteto 'aquilinum' derivante dal latino, descrive il disegno che mostra il rizoma sezionato, che ricorda il profilo stilizzato di un aquila.
Si pensa che le linee dei bei getti attorcigliati della pianta, abbiano ispirato lo stipite dei capitelli dei templi greci e ionici.
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