Pianta spontanea perenne, glabra e molto aromatica, alta anche oltre 2 metri con radice a fittone, nodosa, spessa e solida, talvolta lunga più di 20 cm, contornata da radichette secondarie e divisa in più diramazioni da cui si dipartono i fusti.
Il fusto è piuttosto coriaceo, robusto, ramificato, di forma cilindrica, scanalato e striato.
Le foglie sono divise in molti sottili filamenti, di un bel colore verde glauco lucente. Le basali giovani sono morbidissime, lungo il fusto invece diventano più coriacee e più rarefatte, abbraccianti il fusto con ampie guaine.
L’infiorescenza è una grande ombrella che si ramifica in 4-10 raggi che portano piccoli fiori gialli molto visitati da api e altri insetti.
I frutti sono costituiti da piccoli acheni ovali, di color grigio marronastro, leggermente ricurvi, segnati da coste.
Tutta la pianta contiene Anetolo e rilascia un caratteristico odore simile all’anice, ma la più alta concentrazione di oli volatili si trova nei semi.
I giovani getti e le foglie fresche vengono usate in cucina per insaporire le castagne bollite, i funghi, le olive e per fare liquori.
Con i semi invece si possono aromatizzare carni di maiale, salsicce e salumi, ma anche pane, focacce, biscotti e liquori.
Il Finocchio fin dall’antichità è stato apprezzato per le sue proprietà depurative, toniche e antispasmodiche.
Tutt’oggi la moderna erboristeria, lo propone sottoforma di tisane contro l’aerofagia, la nausea, il gonfiore addominale e per ridurre le coliche d’aria nei bambini.
In passato era ritenuto simbolo di forza e veniva consumato dai gladiatori, che si cingevano la testa con corone fatte con fusti e foglie.
Nei secoli scorsi gli osti erano soliti offrire ai clienti dei biscotti al finocchio, il cui aroma sembrava migliorare il gusto del vino. In questo modo potevano smerciare vini scadenti, confondendo il gusto dei clienti, dando origine al detto “infinocchiare”.
La parola “Finocchio” proviene dal tardo latino Foenùculum diminutivo di Foenum, col significato di “fieno” nel senso di nutrimento.
L’aggettivo Vulgare= del volgo, comune, diffuso. Talvolta la parola “finocchio” viene anche usata per definire un omosessuale in senso dispregiativo. Ciò avrebbe radici medievali, quando insieme alle streghe e agli eretici, gli omosessuali erano condannati al rogo e per attenuare l’odore della carne bruciata venivano gettate nel fuoco, delle fascine di piante di finocchio.
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