Pianta perenne priva di clorofilla, considerata parassita, poiché provvede al suo nutrimento prelevando la linfa che trova nelle radici delle fabacee, tramite propri organi radicali specifici. Può raggiungere un’altezza che talvolta sfiora i 50 cm.
Le sue radici, provviste di organi succhianti chiamati “Austori”, sono fascicolate e si diramano da un rizoma centrale. Il fusto è eretto, angoloso, ricoperto di peluria e termina con lo scapo fiorifero.
Le foglie sono ridotte a piccole squame di forma lanceolata, lunghe pochi centimetri, di colore marronastro.
L’infiorescenza è a forma di spiga piuttosto densa, tronca all’apice, che porta fiori ermafroditi, bilabiati. Ogni fiore è avvolto da una brattea lanceolata, con piccole lacinie sui lati. La corolla consiste in un tubo cilindrico di 15-30mm di colore bianco venato di violaceo, con labbra dai bordi irregolari che emanano un delicato profumo di garofano.
Il frutto è una capsula lucida ovoidale contenente semini neri microscopici.
La specie è commestibile e i suoi fusti sono ritenuti una prelibatezza della cucina tipica barese e lucana. I produttori di fave di queste regioni, commercializzano questa specialità gastronomica pregiata e molto costosa col nome di “Sporchia”. Per la presenza di Aucubina, la pianta è ritenuta debolmente tossica e viene raccolta e bollita prima della fioritura.
La curiosa parola “Orobanche” deriva da due termini greci: Orobos=Legume e Anchein=Strozzare, in riferimento al carattere parassitario di questa specie. L’aggettivo “Crenata” si riferisce invece ai bordi della sua corolla.
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