Il gruppo dei Melampyrum nemorosum è considerato estremamente polimorfo, tuttora di non facile interpretazione.
E’ presente in Italia con tre specie affini, considerate sottospecie, che si differenziano principalmente per la tipologia dei peli (tricomi), presenti sul tubo calicino, osservabili solo al microscopio.
Pianta erbacea perenne o annuale, semiparassita, leggermente velenosa. Ha radici fittonanti e fusti eretti, ascendenti tetragoni, con la parte apicale screziata di violetto.
Le foglie, di color verde chiaro, sono opposte a forma lanceolata. Le inferiori e le mediane sono intere, mentre le superiori hanno uno-due denti alla base e i bordi leggermente revoluti.
L’infiorescenza è formata da una spiga conica, non troppo densa, dove i fiori si dispongono in maniera unilaterale. Sono presenti brattee lineari, leggermente dentellate, simili a foglie, di colore violaceo.
Il fiore è composto da un calice di 8-10mm con quattro denti triangolari, che sorregge la corolla bilabiata color giallo vivo, con fauci aperte lunghe circa 2 cm.
Il frutto è una capsula ovoidale che contiene semini neri.
Prima dell’uso dei diserbanti, la pianta, se inavvertitamente macinata insieme al grano, era in grado di colorare di nero la farina, rendendola leggermente tossica.
Il suo nome specifico proviene da due parole greche: ‘mélos’=nero e ‘pyros’=grano, alludendo proprio al fatto di colorare di scuro le farine. ‘Nemorosum’ invece significa del bosco, per descrivere il suo habitat.
Osservata nella Riserva naturale del Cornocchio, presso Volterra.
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