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Olivo (Olea europea) Pianta simbolo per eccellenza della Toscana, ricorrente presenza nelle nostre vedute, da sempre considerato emblema di pace, saggezza e sapienza, ma anche di sacralità e spiritualità, tanto da essere anticamente apprezzato come dono divino. |
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Olivi di Caprareccia: Secolari piante vissute e contorte che ci appaiono all’improvviso emozionandoci! Le ammiriamo racchiuse da antichi muretti a secco di forma semicircolare, forse a protezione dal continuo digradare del terreno, che qui è caratterizzato da friabili strati di arenaria… o forse imprigionate da un incantesimo che ci racconta la storia di questo posto speciale. |
Olivo Vallata San Lazzero: dall’alto di una collinetta che domina sui paesaggi dei calanchi volterrani, sembra voglia indicarci i fatiscenti resti della Tignamica, una struttura dove i ricoverati del vecchio manicomio si dedicavano all’agricoltura e all’allevamento del bestiame.
Oliveta del San Francesco: Unica nella zona, l’ordinatissima grande oliveta secolare sembra voler evocare le estese piantagioni degli Etruschi! Tutto il suo perimetro è delimitato da alte gradinate di muri a secco costituiti da pietre tufacee. Perfettamente squadrate sui lati, modellano tutta quanta la collinetta, incorniciando il moderno agriturismo ‘San Francesco’, laddove un tempo poteva trovarsi un eremo, o forse un luogo sacro agli stessi etruschi.
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Olivi autoctoni di Pomarance: E’ stato condotto recentemente dal CNR Ivalsa (Istituto per la valorizzazione delle specie arboree), uno studio sul genoma di 4 piante di olivi antichi, autoctoni pomarancini, localizzati nelle campagne adiacenti al paese. Il progetto coadiuvato dall’associazione ‘Terre calde di Toscana’ ha lo scopo di caratterizzare e diffondere queste antiche e uniche varietà, sia per apprezzarne il valore organolettico derivante dal loro olio, sia come richiamo turistico. Il progetto prevede inoltre la geolocalizzazione e la catalogazione delle preziose piante, nonché la nomina dei loro proprietari come ‘agricoltori custodi’. |
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Leccio (Quercus ilex) Il leccio era ritenuto dagli Etruschi e dai Romani un albero divinatorio, tanto che alcune foreste di lecci erano considerate sacre. La pianta può raggiungere un’altezza di 30m, ma si può osservare anche in esili arbusti nella Macchia Mediterranea. |
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Lecci di casa Taucci: Enormi e preziose piante secolari, che hanno offerto la loro ombra a tante generazioni di contadini.
Leccio di Anqua: La poderosa pianta orna il caratteristico giardino all’italiana dell’antica villa Pannocchieschi, costruita nel 1572. L’enorme leccio è catalogato tra gli alberi monumentali d’Italia e si suppone che possa avere la stessa età del signorile edificio.
Boschetto di Gallerone: Elegante antico giardinetto raccolto su un piccolo rilievo arenaceo. Si osservano ancora all’interno, tra i contorti lecci secolari, dei piccoli vialetti che si incrociano, scavati nella roccia. Nel secolo scorso il grazioso boschetto, era meta di passeggiate e merende dei Pomarancini.
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Cipresso (Cupressus sempervirens) Elegante simbolo delle campagne toscane, proveniente dall’Asia Minore, impiantato in Italia dall’artistica stravaganza etrusca. Furono poi i Romani che iniziarono ad adornare di cipressi le tombe dei personaggi illustri, forse per il tipico odore che ricorda l’incenso, o forse perché le sue radici verticali non avrebbero danneggiato le tombe. |
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I cipressi di Casa al Rospo: Superbe piante secolari allineate che conducono elegantemente ai resti del vecchio podere nella Riserva di Berignone.
Vicinanze poggio Arenicci: Gli ampi panorami che si aprono sulle vallate dei ‘Gabbri’ sono dominati da due altissimi cipressi che custodiscono una croce in memoria di chi ci ha lasciato.
Ombrellino Sant’Ippolito: Chiamato così da sempre per la particolare forma della sua chioma, tanto allargata da sembrare un gigantesco ombrello aperto. Si trova in un comodo e panoramico angolo di relax, nelle ombrose passeggiate verso Sant’Ippolito.
Campagna Palagetto: Numerosi sono ancora i filari di cipressi che costeggiano le strade che conducevano alle vecchie signorili costruzioni, delineando un panorama di morbide e ordinate colline dorate.
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Castagno (Castanea sativa) Pianta piuttosto longeva che può raggiungere anche mille anni, già coltivata in epoca romana, fu poi riscoperta nel medioevo dagli ordini monastici per scopi alimentari e per la produzione di legname. |
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Castagno di Fosini: L’enorme mole della pianta ritenuta quasi millenaria, ci accoglie appena arriviamo in vista dei fascinosi ruderi dell’antico castello, tra i vicini panorami del massiccio delle Cornate.
Castagni secolari di Mistenne - delle Lame: Queste enormi piante secolari si trovano solitamente nelle vicinanze di vecchi poderi, a rappresentare l’importante ruolo che assolvevano in passato nell’alimentazione di chi abitava in ambienti tanto belli, quanto isolati.
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Ginepro rosso (Juniperus oxycedrus) Essenza della Macchia mediterranea estremamente adattabile all’ambiente, tanto che si contraddistingue per la resistenza alle avversità climatiche e all’inospitalità del suolo. La tradizione popolare attribuiva alla pianta il potere di contrastare gli spiriti e venivano appesi dei rametti sulle porte di case e stalle a protezione delle persone e del bestiame. |
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Ginepri delle rocce serpentine: Questi caratteristici Ginepri sembrano crescere sfidando l’inospitalità delle rocce serpentine. Si contraddistinguono per i loro tronchi estremamente contorti, per i rami irsuti e pungenti apparentemente secchi e per le loro fronde spettinate. Piante che si aggrappano da secoli a queste rocce, nella continua sfida alla sopravvivenza.
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Roverella (Quercus pubescens) E’ un tipo di quercia molto versatile per la forma delle foglie e l’aspetto del suo portamento che si modella all’habitat in cui si trova. L’etimologia del suo nome proviene da due parole celtiche ‘kaer – quer’ col significato di ‘bell’albero’! |
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"Querce vota"di Sant’Ippolito: Nonostante il suo tronco completamente scavato e sbruciacchiato da un fulmine fin da tempi lontani, la contorta pianta continua a troneggiare a lato della strada per sant’Ippolito. Conosciuta dagli abitanti della zona come ‘querce vota’ o ‘querce cava’, è considerata da sempre un albero propiziatorio per la fertilità delle giovani coppie.‘
Quercia della Madonna della Casa: La sua particolare posizione e l’altissima mole, rendono la pianta facilmente individuabile da tutte le valli circostanti, come un sicuro punto di riferimento che da secoli ci guarda dall’alto della collina sovrastata dalla Rocca Sillana.
Roverella della Pieve San Giovanni: Immensa nella forma, coi suoi grandissimi rami, sembra voler abbracciare e difendere i vecchi ruderi della Pieve San Giovanni, che nonostante l’abbandono mostrano ancora il fascino del loro inconsueto stile romanico-normanno.
Roverella Pietrina: Sul cammino che dalle falesie rocciose della ‘Pietrina’ ci porta verso Iano, incontriamo nei pressi di ‘Villa California, un enorme esemplare di roverella pluricentenaria, il cui tronco ha una circonferenza di oltre 4 metri.
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Quercia sughera (Quercus suber) Questa specie si contraddistingue soprattutto per corteccia suberosa, spugnosa, profondamente fessurata, dalla quale si ricava il sughero.
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Sughera delle Biancane: La piccola quercia, ha trovato il suo comodo habitat nello straordinario mondo delle Biancane di Monterotondo, abbarbicata tra le colorate e inospitali rocce , noncurante dei caldi pennacchi di fumo e delle esalazioni sulfuree. Malgrado il suo esile portamento, si suppone si possa trattare di una pianta vecchissima, sicuramente la più fotografata della sua specie!
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Cerrosughera (Quercus crenata) Considerata per la sua rarità una specie che arricchisce la flora italiana. Ha le caratteristiche intermedie di un ibrido tra il Cerro e la Querce sughera, ma si ipotizza anche che si possa trattare di una specie relitta, già discendente da piante ibridate.
Cerrosughera di Caselli : altissimo esemplare sulle sponde del torrente Rivivo. Le sue caratteristiche foglie ‘semi-sempreverdi’ persistono sulla pianta per buona parte dell’inverno per rinnovarsi quasi a inizio primavera.
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Pino domestico (Pinus pinea) E’ detto anche pino da pinoli. La sua chioma insolitamente larga e appiattita, portata da un alto tronco spoglio e resinoso, pare adagiarsi su rami disposti a raggiera come le aste di un grande ombrello sempreverde. Le più grandi e antiche pinete italiane si trovano a Ravenna, san Rossore e nella Maremma toscana.
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Corniolo –Crognolo (Cornus mas) Gli antichi Romani, i Greci e i Persiani usavano il durissimo legno del Corniolo per farne aste per giavellotti, lance, frecce e attribuivano ai frutti proprietà medicinali. Un’antica leggenda lega il legno della pianta alla costruzione del cavallo di Troia. |
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Corniolo di Travale: La sua età sicuramente non inferiore a 300 anni, è stata stimata fino a oltre 1000. Nel 2005-2006 la pianta è stata ripulita dalle parti secche e consolidata con fasce e tiranti, con lo scopo di preservarla e rafforzarla contro i venti e le nevicate.
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Gelso (Morus alba) Proveniente dalla Cina, il gelso è stato introdotto in Italia da Marco Polo. Ma una leggenda racconta che nel VI° secolo, due monaci inviati di nascosto dall’imperatore Giustiniano, fossero riusciti a carpire ai cinesi il segreto dell’utilizzo del baco da seta. Tornando a Roma, avrebbero portato un involucro contenente i preziosi bachi, ben nascosto dentro i loro bastoni. |
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I Gelsi di Pomarance: Tra il 1800 e il 1900 nel nostro paese veniva praticata la ‘sericultura’, cioè l’allevamento del baco da seta. Per far questo vennero appositamente piantumate numerose piante di gelso, che in parte sopravvissute, sono rimaste visibili ancora oggi, sia in zone adiacenti al centro del paese, sia nelle pianure del nostro fiume Cecina.
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Fillirea –Lillatro (Phyllirea latifoglia) Tipico arbusto della Macchia Mediterranea che si adatta con facilità ad ogni condizione climatica, negli ambienti salmastri, sassosi o comunque ostili.
Fillirea ‘bonsai’ della Farneta: Non è raro incontrare tra le garighe rocciose di serpentino, insieme alle tipiche e preziose specie floricole, anche piccoli alberelli di Fillirea. Veri e propri bonsai naturali che assumono queste graziose e insolite conformazioni aggrappandosi alle inospitali rocce, sfidando la povertà di elementi nutritivi e adattandosi alla concentrazione dei metalli pesanti fitotossici, contenuti in questo tipo di roccia.
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Tasso comune -Libo (Taxus baccata) E’ una maestosa pianta che può raggiungere anche 2000 anni di età, considerata una specie relittuaria del Terziario, sopravvissuta alle glaciazioni, insieme all’Alloro e all’Agrifoglio. E’ velenosa in tutte le sue parti e fu denominata da Plinio ‘albero della morte’.
Tassi delle Riserve Naturali: Nelle nostre Riserve naturali si possono sporadicamente osservare queste maestose piante nelle zone ombreggiate e più umide o in prossimità di fossi e torrenti. Il legno del Tasso, da sempre apprezzato per la resistenza e l’elasticità, veniva utilizzato per la fabbricazione degli archi e delle frecce. Per la sua rarità è da ritenersi una specie protetta.
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Pioppo nero (Populus niger) Caratteristica pianta che si evidenzia tra la vegetazione ripariale per l’altezza e il suo portamento fiero. Veniva chiamato dai romani ‘albero del popolo’ in quanto le sue conosciute virtù medicinali erano sfruttate in tanti medicamenti diversi.
Pioppo Ebbino: Sulla strada di Lanciaia, nei pressi del vecchio podere Ebbino, ci accoglie un pioppo gigantesco che in primavera ammanta i campi vicini con la sua peluria biancastra e cotonosa preveniente dai lunghi grappoli di semi giunti a maturazione.
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Acero minore- Acero trilobo (Acer monspessulanum) E’ una specie presente nei boschi di latifoglie ed è chiamato ‘acero minore’, in quanto il suo sviluppo è inferiore, rispetto ad altre specie di acero spontanee in Italia.Acero minore (Acer monspessulanum)
Acero della Chiesetta di Santa Croce: dato che l’acero minore, è così detto per le sue dimensioni limitate, l’aspetto così massiccio di questo esemplare, ci fa supporre che si possa trattare di una pianta ultrasecolare!
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Faggio occidentale (Fagus sylvatica) Il faggio solitamente si trova sulle Alpi ad un’altitudine da 500 a 1800 m e sugli Appennini a circa 900 metri.
La faggeta di Miemo: nonostante un’altitudine relativamente bassa, la bella secolare faggeta di Miemo, grazie a un particolare microclima, ha trovato il suo habitat naturale in queste colline, come già descritto anche dal naturalista Repetti (1776-1852) nella sua opera ‘Dizionario Geografico, Storico, Fisico della Toscana’.
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Maggiociondolo (Laburnum anagyroides) Il Maggiociondolo è una pianta appartenente alla famiglia delle Fabacee e con la sua bella fioritura primaverile crea macchie di colore tra il verde dei boschi di latifoglie. Nonostante il gradevole aspetto e il profumo dei suoi fiori, tutta la pianta è velenosa e concentra i suoi alcaloidi soprattutto nei semi.
I Maggiociondoli di Castelvecchio: Questa pianta, piuttosto sporadica nelle nostre zone, si concentra soprattutto nella Riserve naturali di Montenero e di Castelvecchio. Tra gli affascinanti ruderi dell’antico borgo di Castelvecchio infatti, le piante di maggiociondolo sono numerosissime e in primavera sembrano voler riportare un po’ di colore e un po’ di vita tra le rovine di quelle mura, con la loro brillante fioritura gialla.
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