Corsi d’acqua in Val di Cecina
Dopo tanti anni che cerchiamo di percorrere e di scoprire la nostra amata Val di Cecina in ogni sua parte, ci siamo resi conto che una delle ricchezze che più ci sorprende, sono proprio i suoi corsi d’acqua, sia per la bellezza degli ambienti ancora incontaminati, sia per l’importanza della loro storia. Più grandi o più piccoli, più noti o sconosciuti, più accessibili o più remoti, tutti hanno caratteristiche diverse tra loro e nascondono nei loro percorsi, bellezze e segreti che sicuramente vale la pena di conoscere e scoprire. Alcuni sembrano scivolare in silenzio tra versanti di boschi ombrosi, altri scorrono in profonde gole rocciose dai riflessi unici. Qualche volta il loro alveo ampio appare rassicurante, altre volte le acque gorgoglianti si insinuano in strette fenditure rocciose creando tonfi e cascatelle di inaspettata bellezza. Di fronte ai nostri fiumi, ai nostri torrenti già amati e venerati dalle popolazioni etrusche, di fronte all’ importanza del più piccolo corso d’acqua, prezioso per la nostra storia contadina fatta di lavoro e duri sacrifici, abbiamo deciso di riservare un po’ di spazio a questi nostri preziosissimi amici, cercando di raccogliere quel poco materiale, che riporti alla luce quanto si è sentito raccontare dai nostri vecchi. Senza un motivo ben preciso abbiamo iniziato le nostre descrizioni dal torrente TROSSA, indubbiamente uno dei più spettacolari dal punto di vista paesaggistico, grazie ai suoi continui affioramenti ofiolitici, ai sorprendenti massi del tratto di Grotta Magna e all’inestimabile valore geologico delle sue pieghe. |
Trossa:Il Trossa, uno dei più importanti affluenti del Cecina, nasce nelle colline intorno Serrazzano dalla confluenza del Botro delle Acque Calde con quello delle Gabbricce. Durante il suo corso, di circa una ventina di km, raccoglie le acque di numerosi altri piccoli corsi per lo più stagionali, prima di gettarsi nel Cecina nei pressi di Ponteginori. (Piccolo borgo costruito in località 'Tegolaia' tra il 1831 e il 1835 dal conte Carlo Ginori per raggiungere da Querceto, più agevolmente la ferrovia; divenuto in seguito di strategica importanza per lo sfruttamento dei banchi di salgemma da parte della soc. chimica Solvay). I tributari di sx del Trossa sono: Fosso Linari, Fosso Adio, Rio della Pieve, Botro della Mattea, Botro del Fiascolla e Botro delle Fonderie, a cui si aggiungono quelli sulla dx: Torrenti Secolo, Rimonnese e Racquese, Botro della Caldana e Fosso del Corbolino.
Dopo aver superato il canalone iniziale del Poggio dei Leccioni, il nostro torrente si affaccia in una vallata ampia, che in passato veniva sapientemente sfruttata e coltivata. Al termine, quasi a lambire le sue rive è ancora intatta la grande struttura del vecchio ‘Molino di Pruneta’ o di ‘Bibbiena’, appartenuto ai Beltrami-Garoni di Serrazzano, il primo dei 5 che si trovavano lungo il suo corso. |
Il torrente che in questo punto appare intrappolato dalla vegetazione, dopo una brusca virata sulla dx, si immette in una gola di serpentino scuro, scorrendo ai piedi di un imponente movimento franoso chiamato popolarmente ‘ Sbalza di Giambino’ e ancora qualche centinaio di metri più a valle accoglierà le acque del Fosso Linari, un piccolo botro limpidissimo legato alla storia mineraria di Monterufoli. Quindi proseguendo lungo il confine della Riserva stessa, attraversa il ‘Bosco della Volpaia’, dove in un bel tratto di tonfi e chiari specchi d’acqua, si trova un piccolo cippo di cemento tristemente noto come ‘Croce del poro Ilio’. Pressappoco in questo punto, in passato doveva trovarsi l’opera di sbarramento e di ripresa per un altro mulino, come testimoniano ancora i resti ben visibili di un laborioso gorile a galleria in mattoni, che approvvigionava l’acqua a un secondo mulino, seguendo i franosi versanti che si affacciano sull’alveo. Nelle vicinanze doveva esistere anche un’altra piccola struttura, non più rintracciabile, dove veniva macinata la ‘roba nera’: biada, avena, mais e fave destinate all’alimentazione degli animali. Dopo un breve tratto si scorgono seminascosti dalla vegetazione, i resti del ‘Molino di Colliciurmoli’ che ancora testimoniano l’imponenza del fabbricato e la vastità della gora sovrastante, dove sono ancora visibili gli ampi e alti muri di pietre che la circondavano. Anche questo molino era appartenuto alla famiglia Beltrami-Garoni di Serrazzano, chiuso nel 1926 quando i mugnai ‘Fedeli’ si trasferirono nel ‘Molino di Fontebagni’. |
Proseguiamo il nostro viaggio che segue il corso del Trossa, fino a raggiungere la suggestiva spiaggetta sassosa nei pressi di ‘Bocca di Secolo’, che gli anziani chiamano ancora ‘Bocca a Fossi’. Qui di fronte a un bel masso di roccia ofiolitica si apre un’ampia curva ciottolosa, alle pendici dei Poggi di Farneta e di Grufoleto, dove le acque del torrente Secolo confluiscono nel Trossa. Intorno la vegetazione ripariale è verde e lussureggiante e ci accompagna fino a raggiungere il tratto di ‘Grottamagna’, uno dei punti più caratteristici che il torrente ci sa offrire nel suo tragitto. |
Abbandoniamo momentaneamente le familiari rocce serpentine per trovarci impegnati ad aggirare grandi massi di dimensioni ciclopiche, disseminati lungo il corso del fiume, che non solo ci meravigliano per la loro inaspettata mole, ma anche per i gorgoglianti rivoli e le cascatelle create dall’acqua nell’aggirare questi giganti di pietra. Immersi in questo scenario surreale, seguiamo il torrente finché non ritorna a scorrere calmo nell’alveo piatto e ciottoloso. |
Seguendo un piccolo fosso che scorgeremo sulla sx idrografica, una breve deviazione che ci porterà all’ingresso della vecchia ‘Galleria delle Sugherine’, un lungo cunicolo minerario di supporto alla Miniera del Castagno. L’ingresso della galleria si mostra ancora ben conservato e ci rivela la sua parte iniziale completamente realizzata in muratura, ma il discreto flusso d’acqua che fuoriesce da essa ne impedisce l’esplorazione. Si ipotizza che la galleria potesse raggiungere una lunghezza di ben 900 m, fino ad intercettare il pozzo principale della miniera del Castagno. Lo scopo di queste elaborate opere minerarie, non era solo quello del drenaggio delle acque, ma di permettere anche il raggiungimento di altri livelli per la ricerca del minerale. |
Ritorniamo sull’alveo del torrente che dopo qualche centinaio di metri, lascerà spazio alle alte, franose pendici di roccia serpentina che riflettono il loro azzurro nelle limpide acque sottostanti, creando scenari sempre più suggestivi. La florida vegetazione ripariale, che è costituita principalmente da salici e ontani, qui si arricchisce di piante di Albero di Giuda e tra i detriti serpentinosi, non è raro scorgere la Campanula toscana, l’Alisso di Bertoloni, l’ Iberide umbellata e cuscini di Euforbia spinosa, tipiche specie di queste rocce…… e non è raro incontrare anche qualche curiosa pianta di pomodoro…… |
Le possenti radici degli ontani intrecciate come sculture dallo scorrere del torrente e dalle sue piene, ci anticipano una zona geologicamente molto interessante. Osserveremo un susseguirsi di stratificazioni, di incurvature e di flessioni rocciose che costeggiano e attraversano il corso d’acqua, catturando la nostra attenzione per le bizzarre forme e le loro sedimentazioni. Fino ad arrivare a una piega geologica molto più grande, che appare come un enorme scoglio piatto nel mezzo del fiume, proprio nei pressi del percorso della Farneta proveniente da ‘Monna’.(Approf: Pieghe geologiche) |
Ancora avanti, l’ alveo è di nuovo più ampio spesso contornato da costoni argillosi, fino a incontrare sulla dx i piccoli affluenti del Rimonnese e del Racquese, vicino al punto in cui sulla dx primeggia la sagoma del Mulino di Fontebagni, ristrutturato oggi, come residenza di vacanze. Anticamente chiamato ‘Molino di Libbiano’, per ben 3 secoli fu di proprietà della famiglia Fedeli, che oltre ad avere gran parte dei possedimenti nei terreni del Poggio di Fontebagni, era interessata nell’estrazione e nella lavorazione dello zolfo nero, come certificano documentazioni catastali risalenti all’inizio del XVIII° e XIX° secolo. Poco distante ancora sulla dx, si potrà notare il piccolo ‘Botro della Caldana’ che affluisce nel Trossa. Giovanni Targioni Tozzetti e Emanuele Repetti, i due naturalisti che con i loro antichi scritti, hanno raccontato la Toscana del 1700 e del 1800, usavano chiamare questa zona come ‘Fonte ai Bagni’, in quanto vicina probabilmente a una piccola fonte termale, nelle vicinanze del Botro della Caldana. Nella zona ricca anche di affioramenti di alabastro, si trovavano diverse cave di zolfo nero, ritenuto il più puro e il migliore, risorsa di primaria importanza di tutto il territorio del Volterrano fino al XIX° secolo. Appena un poco più avanti, vicino al letto del fiume, si potranno individuare tratti di agglomerati di pietre che con molta probabilità costituivano parte dell’elaborato lungo gorile che trasportava l’acqua verso il ‘Molino delle Valli’. E’ ancora visibile infatti, non molto lontano dal torrente un nucleo abitativo piuttosto ampio di cui faceva parte anche l’importante molino. Il Molino delle Valli come l’omonima fattoria, era di proprietà della famiglia ‘Galli-Tassi’ ed è rimasto in funzione fino al 1948. Lasciata alle spalle questa antica struttura, l’alveo del fiume si fa più ampio e pianeggiante, fino a che poco più avanti sulla riva opposta, sovrastata in lontananza dalle rocce del ‘Pinzo di Micciano’, incontriamo il ‘Masso Rosso’, con i suoi profondi specchi d’acqua cristallina, luogo noto soprattutto in passato, per le scampagnate e i bagni estivi. Scendiamo ancora, fino ad oltrepassare il ponte della strada provinciale per Micciano, cercando di individuare i passaggi migliori tra l’intricato ‘rattaio’ dell’ampio alveo del torrente, dove timidamente affluisce anche l’Adio. Impossibile non far caso all’infinità di impronte di ungulati, mustelidi e uccelli, impresse sugli ampi spazi sabbiosi, ma la nostra curiosità sarà maggiormente catturata dalle numerose varietà dei grossi ciottoli come diaspro, calcare cavernoso, granitone e calcedonio che da sempre rotolano nel fiume.
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Senza difficoltà continuiamo a scendere nell’ampio greto, che in questi punti attraversa una campagna più dolce, più verde e più accogliente rispetto a tutto il tragitto. Intorno si scorgono poderi e residenze ristrutturate con grandi zone coltivate o adibite al pascolo, mentre in alto si riconoscono le antiche ville che anticipano il borgo di Montegemoli. I vasti terrazzi fluviali pianeggianti ci accompagnano lentamente tra il fruscio dei pioppi e dei salici verso il termine del nostro viaggio, non prima di aver intercettato sulla dx il rudere dell’antico ‘Molino di Stincano’, ai piedi del poggio omonimo, che nonostante sia quasi sommerso dalla vegetazione, mostra ancora il perimetro della sua poderosa struttura. Proseguendo per poche centinaia di metri, raggiungeremo la meta, dove il nostro Trossa, cede le sue acque al Cecina, proprio sotto il ponte di Ponteginori.
…....Ma dopo tanta storia, laboriosità contadina, aneddoti e tante apprezzabili bellezze naturalistiche il nostro Trossa ha anche avuto l’onore di essere disceso per la prima volta in canoa! I nostri amici Fulvio Guarino e Claudia Boz, infatti, dopo una piena del 2 marzo 2014, con il loro kajak d’alto corso si sono cimentati nella discesa del torrente partendo dalla fine di Grotta Magna per raggiungere il ponte della strada provinciale per Micciano. Da addetti ai lavori hanno così descritto la loro impresa: “””tratto con difficoltà di 3° grado manovriero; come torrente isolato e ingolato nella prima parte, che scorre spesso su roccia e con piccoli dislivelli che danno origine a divertenti piccoli salti. Nell’ultima parte difficoltà degradanti e letto ben più ampio.””””
<<<<Ringraziamo la signora Claudia Vallini per le informazioni gentilmente fornite per la nostra ricerca sui mulini>>>>
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