La Rovere è uno degli alberi tipici che caratterizzano i paesaggi italiani. Spesso è presente con esemplari giganteschi, plurisecolari vicino alle case coloniche oggi restaurate, ma lo possiamo ancora ritrovare nei campi, in esemplari isolati, nel mezzo a quelle che una volta erano le grandi colture contadine.
La sua ombra dava ristoro a chi dopo una giornata di lavoro nei campi assolati lontani da casa, si concedeva un meritato riposo e una pausa per potersi rifocillare.
La Rovere è una latifoglia decidua che può superare anche i 50 m di altezza. Ha una chioma globosa, che si espande ad ampio ventaglio, di color verde scuro.
Il tronco è dritto con ramificazioni nella parte superiore, posti a livelli diversi. La corteccia è finemente scanalata di color bruno-grigiastra durante i primi 20 anni, per poi fessurarsi longitudinalmente in maniera vistosa.
L’apparato radicale della pianta è piuttosto profondo, costituito da lunghe radici fittonanti con numerose radici laterali, che penetrando nel terreno in maniera obliqua, conferiscono stabilità alla pianta, aiutandola anche a tollerare la siccità.
Le foglie sono portate da un picciolo di 10-25mm. Hanno forma ellittica, con base affusolata e 5-8 paia di lobi poco profondi e arrotondati, con nervature che conferiscono loro un aspetto ondulato. La lunghezza varia da 8 fino a 15 cm, la larghezza fino a 8-9. Sono di colore verde scuro lucido e glabro nella parte superiore, molto più chiaro con finissima peluria nella parte sottostante.
I fiori maschili sono riuniti in amenti penduli giallastri, lunghi fino a 8 cm, mentre i femminili, che si trovano sulla stessa pianta, sono senza gambo (sessili), di forma sferica, in gruppi vicino all’ascella delle foglie.
I frutti (Ghiande), sono piuttosto tozzi e ovoidali, senza gambo, color giallo-bruno lucente, lunghe 2-3 cm in gruppi di 2-6 all’ascella delle foglie. Sono protetti per 1/3 da una cupola con piccole squame appressate. Le ghiande della Rovere sono molto appetite soprattutto dai maiali e dai cinghiali e in passato un bosco a dominanza di Rovere, era ritenuto una vera ricchezza. Durante la stagione invernale vi venivano trasferiti i maiali per reperire il cibo con più facilità direttamente sul posto. Venivano collocati durante la notte, in strutture in muratura chiamate “porcarecce” che talvolta ospitavano anche i loro guardiani e potevano dare rifugio anche a boscaioli e carbonai a lavoro nella zona.
Il legno della Rovere, molto pesante e durevole viene considerato uno tra i più pregiati, adatto ad ogni genere di lavoro e soprattutto per la costruzione di mobili. Usato in passato anche nell’edilizia e nei cantieri navali, nonché per la realizzazione di botti per l’invecchiamento dei vini. Naturalmente è anche ottimo come combustibile e come carbone.
La corteccia che è fonte di tannino, un tempo era utilizzata per la concia delle pelli e del cuoio e come colorante per le lane. Spesso le foglie della pianta si trovano rappresentate negli emblemi araldici di famiglie storiche, come simbolo di nobiltà e di forza.
Il suo nome scientifico sembra possa derivare dall’insieme delle parole celtiche “Kaer e Quer” col significato di “bell’albero”; mentre l’appellativo “Petrea” si riferisce alla tipologia di terreno che predilige questa Quercia. Anche la parola “Rovere”, dal latino “Roborem” ha il significato di legno forte.
Questa specie è molto longeva e alcuni esemplari possono arrivare a vivere fino a 500-800 anni e anche di più! In Toscana e soprattutto nella Val di Cecina la Rovere è chiamata semplicemente “Querce”.
Il parassita della Quercia che ci mostra la foto è un “Andricus Caputmedusae”, con la sua tipica forma di riccio arruffato.
|