Il Senecione di San Giacomo è una pianta annua o bienne, ritenuta una specie non comune, nonostante si adatti con facilità a svariati habitat e sia presente in gran parte delle regioni italiane. Dal suo robusto apparato radicale rizomatoso crescono a primavera delle piccole rosette basali con foglie di color verde scuro, a forma ‘’lirata’’, presto caduche.
I fusti alti da 30 cm a oltre un metro, sono eretti, ascendenti, striati e leggermente tomentosi, ramificati nella parte superiore.
Le foglie che si trovano nella parte inferiore dell’asse fiorale sono suddivise in 5/7 paia di ‘’lacinie’’ di varie dimensioni, con segmenti più ampi verso l’apice, lunghe fino a una decina di cm. Quelle vicine alle infiorescenze, abbracciano il fusto, talvolta ricoperte da una peluria diffusa, ragnatelosa, biancastra.
L’infiorescenza corimbosa è formata da numerosi capolini eretti (fino a 60), larghi 15/25mm, che si trovano tutti circa alla stessa altezza. Ogni capolino ha un involucro piriforme formato da 13 squame che proteggono il ricettacolo, sul quale sono inseriti i fiori. Gli esterni si compongono di 12-15 ligule nastriformi, di color giallo oro, terminanti con 5 piccoli dentelli. All’interno si trovano i fiori tubolosi del disco, fatti di piccole fauci dilatate a 5 lobi, di color giallo aranciato. Nel corso di una stagione, una pianta può produrre anche un migliaio di fiori.
Il frutto è rappresentato da acheni grigiastri e striati di forma cilindrica, con pappo di lunghi peli bianchi.
La Jacobea vulgaris è una specie officinale tossica, anticamente usata dalle donne per regolare il ciclo mestruale e per alleviare dolori e nevralgie lombari. Ma la ‘’Senecionina’’, alcaloide altamente tossico contenuto nella pianta, rende estremamente difficili i dosaggi, tanto che l’utilizzo è fortemente sconsigliato. Oggi la pianta è solo contenuta in alcuni rimedi omeopatici.
Occasionalmente si nutrono del Senecione, i bruchi della farfalla ‘’Tyria jacobea’’, che assumendo gli alcaloidi presenti nella pianta, si rendono sgradevoli ai predatori. Una volta diventati farfalla, le sostanze velenose rimangono ancora presenti nel loro organismo.
Da sempre anche nemica degli allevatori di bestiame, poiché se accidentalmente la pianta finisce tra il fieno, il suo veleno può provocare negli animali, forti disturbi epatici.
Benché questo gruppo di piante nel 1754, fosse stato già catalogato dal botanico scozzese Philip Miller, recentissimi studi genetici hanno permesso di individuare l’appartenenza della pianta al genere ‘’Jacobea’’ e non al genere ‘’Senecio’’, come invece si faceva in passato.
Il suo nome deriverebbe secondo alcuni, dal biblico Giacobbe, mentre altre teorie lo accomunano al giorno di San Giacomo, il 25 luglio, quando la pianta inizierebbe la sua fioritura. Con l’epiteto ‘’vulgaris’’ = volgo, si specifica che la pianta è piuttosto comune.
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