Pianta erbacea annuale o biennale, molto vistosa alta da 80 a 200 cm, con fusto eretto, legnoso, di color verde biancastro-lanuginoso.
La sua radice di forma cilindrica affusolata, nel primo anno di vita produce un rosone di foglie basali molto grandi e lanose, oblunghe ovoidali.
Nell'anno successivo, dalla rosetta cresce un unico pollone coperto di foglie, elevato e dritto, che formerà la lunga e grossa spiga dove si raccoglieranno i fiori. Questi hanno un calice lanceolato diviso in 5 lobi e una grande corolla gialla (2-4 cm), con parte inferiore tubolare e la superiore divisa in 5 spicchi lobi arrotondati, da cui sporgono filamenti aranciati.
La fioritura di ogni fiore dura un solo giorno, sostituito da altri elementi che sbocceranno nei giorni successivi.
I frutti sono capsule brunastre sferiche, contenenti numerosissimi semi tossici di colore nero, rugosi.
Il Verbasco è una pianta dalle innumerevoli proprietà curative: rinfrescanti, decongestionanti, diuretiche, analgesiche e sedative.
Nella moderna omeopatia e fitoterapia vengono usati fiori e foglie per la preparazione del "tè di Verbasco", efficace contro tosse, pertosse, asma e bronchite. Il suo olio invece, può alleviare dolori articolari e reumatici. Le foglie, ridotte in cataplasma utilizzate su piaghe, ferite, scottature e foruncoli.
Una volta venivano addirittura arrotolate e fumate, a mo' di sigaro per curare l'asma e la tubercolosi e fin dall'antichità erano usate come stoppini per le lucerne e le lampade ad olio, mentre i fusti erano bruciati per riscaldare i forni del pane.
La parola "Verbasco" proviene dal latino "Virb" che significa "verga" e questo nome venne già utilizzato da Plinio, insieme alla parola "Barbascum" (barbato) con riferimento alla diffusa pelosità che ricopre la pianta. Il nome specifico invece, deriva da "Thapsos" che è una penisola e un sito archeologico della Sicilia Orientale, dove anticamente la pianta si presume che avesse un grande sviluppo.
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