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Chi di noi non ha mai sentito parlare del podere di Casinieri? Oggi ridotto a un massiccio rudere, è incastonato nel misterioso bosco di Berignone,  posto su di un’altura da cui si dominano i superbi panorami della Valle del Cecina e del Pavone.

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Noto a molti come luogo simbolo della resistenza partigiana, viene narrato sovente, anche nei tanti racconti dei bui anni della guerra in Val di Cecina.

Facendo delle piccole ricerche e parlando con alcuni anziani del paese a cui siamo riusciti a strappare qualche interessante notizia, abbiamo scoperto che su questo luogo, sin dai tempi remoti si narrano storie e si vociferano strani racconti.

Riordinando le notizie e le ricerche, siamo venuti a conoscenza di una storia bizzarra, che i vecchi rievocano come una sorta di leggenda, con l’immancabile contrasto tra il bene e le tentazioni del male.

Il racconto è ambientato in una Val di Cecina tra il milleottocento e il millenovecento, quando si viveva una vita sostanzialmente contadina, fatta solo di quella semplicità dettata dal buon senso. Ma la realtà storica di quel momento, che dette ricchezza di invenzioni e progressi della tecnica, portò anche a un periodo di euforia, di frivolezza nei costumi, di trasgressione e voglia di divertirsi ad ogni costo. Specialmente  nell’ambiente borghese presero risalto alcuni atteggiamenti piuttosto decadenti, che spezzavano e contrastavano l’austera rigidità degli schemi politici e religiosi seguiti fino a quel tempo.

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Si racconta che in quegli anni, anche il podere di Casinieri fosse diventato luogo prescelto per organizzare un certo  genere di feste, ritenute una sfida alla religione e ai suoi insegnamenti. Fu proprio nel bel mezzo di uno di questi incontri, gremito di “signorotti” dei dintorni allietati da musiche, banchetti, buon vino e dalla compagnia di compiacenti ragazze, che improvvisamente l’orizzonte cominciò a incupirsi e da lì a breve scoppiò un violento temporale. Il cielo nero di Berignone veniva squarciato da un susseguirsi di lampi e di saette, che preannunciavano l’arrivo di una fragorosa tempesta.

Lì per lì i partecipanti alla festa, presi com’erano dall’atmosfera trasgressiva della serata, che li vedeva sempre meno vestiti e sempre più ubriachi, non fecero nemmeno caso ai rombanti tuoni e al rumore della  tempesta, quando un accecante bagliore piombò all’interno della grande stanza dove ancora gli ospiti continuavano ad affogarsi nel vino e nel piacere. Il boato fu così violento e inaspettato che paralizzò i presenti, ma da lì a pochi attimi un’altra saetta, con un boato ancora più fragoroso esplose nel camino assumendo la forma e le sembianze di un diavolo sbuffante. Le terribili grida della gente terrorizzata risuonarono nel buio e tutti quanti, incuranti della tempesta uscirono precipitosamente dalla casa correndo lungo il sentiero che porta fino al fiume Cecina, proprio nel punto dove si incontra col Pavone.

I lampi e i tuoni erano implacabili e la violenta pioggia,  che cadeva fragorosa sulla gente e su ogni cosa, sembrava voler lavare tutta la Valle purificandola dal peccato.  Soltanto dopo che tutti ebbero guadato il fiume, immergendosi nelle acque minacciose del Cecina, la tempesta d’improvviso cessò. I fuggitivi, che avevano ancora stampata negli occhi la figura abbagliante del demonio, si dispersero e tornarono terrorizzati alle loro case.

Dopo quella terribile notte di orrore, passò tanto tempo, finché il podere di Casinieri, tornò di nuovo ad essere abitato dai contadini della zona, ma sempre con circospezione, con paura e un con pizzico di superstizione, perché sulla cappa del camino rimase indelebile  una macchia annerita che la diabolica saetta volle disegnare con le sembianze di Satana.