Già nel ‘600 e nel ‘700, negli scritti dello storico volterrano Fra’ Mario Giovannelli e del medico naturalista Giovanni Targioni Tozzetti, vengono menzionate le importanti fabbriche di maioliche prodotte fin dal 1500, nell’antico Castello di Ripomarance.
Intere famiglie pomarancine infatti, si dedicarono per oltre 2 secoli a questa arte, tramandandone i segreti per generazioni, fino al Rinascimento. Dai reperti ritrovati, si ipotizza che queste fabbriche fossero diverse e dislocate in vari punti del Castello, dalle vicinanze della porta Orciolina, al Portone di Petriccio, a Via dei Fossi, fino al recente ritrovamento di alcune fornaci di cottura, uniche in tutta la Val di Cecina.
ceramica 1Nel gennaio 1996, durante lo sbancamento per la costruzione di alcuni posti auto, nel giardino dell’ex Palazzo Gardini, vennero riportati alla luce i resti di alcune fornaci per la cottura dei manufatti in ceramica. Le fornaci, di epoca post-medievale, confinavano anticamente con le Mura Castellane di Porta Petriccio ed erano appartenute per generazioni alla famiglia “Tanini”, famosi stovigliai di Pomarance, che con probabilità le condividevano con altri artigiani.
In quell’occasione vennero ritrovati alcuni interessanti frammenti e cocci di vasellame, raffiguranti stemmi, che andarono ad arricchire il piccolo Museo di Palazzo Ricci, insieme agli importanti reperti ritrovati alla Rocca Sillana.
Nelle fabbriche di ceramica di Pomarance venivano prodotti boccali, vasellame, vari oggetti di uso quotidiano, vasi neri di leggerissima terracotta e fini maioliche ingobbiate, graffite, invetriate e smaltate, dipinte con delicatissimi colori e raffinati disegni.
La tecnica più usata per la decorazione di queste caratteristiche ceramiche era l’ingobbio, un procedimento che utilizzava una pasta cremosa semiliquida con cui si ricopriva il manufatto da decorare quando ancora non era ben asciutto (un po’ come per un affresco), per procedere con una seconda cottura, dopo che l’oggetto veniva decorato.
I manufatti più raffinati e preziosi andavano ad abbellire le chiese, le sagrestie e le case delle famiglie più ricche, o venivano esportate al di fuori della comunità.
Alcuni dati e informazioni contenuti questo articolo, sono stati tratti dalla Rivista
“La Comunità di Pomarance”