Sant’Ottavia, la villa del Palagetto
La costruzione della villa del Palagetto risale ai primi anni del 1900, quando la ricca famiglia dei Germiny, con i conti D’Aulan e De Larderel, aderì al progetto del Principe Piero Ginori Conti, riguardante la costituzione della nuova ‘Società Boracifera Larderello’. Probabilmente i signori Germiny, scelsero questo posto per la loro dimora, in quanto si ipotizzava a breve, la realizzazione di una ferrovia elettrica, che passando dalla piana del Cecina, avrebbe dovuto collegare la località di ‘Ponte sospeso’ a Larderello.
Lo stile innovativo con cui viene costruita la bella residenza, così diversa da tutte le altre della zona, richiama il linearismo e l’eleganza decorativa del ‘Liberty’, che da poco conosciuto anche in Italia, diventò di gran moda nella nuova borghesia in ascesa.
L’edificio, chiamato Sant’Ottavia, in onore di un’antenata della famiglia, si trova su una posizione strategica, affacciato sulla fertile vallata del Cecina, punteggiata da numerosi poderi, che verranno inglobati in seguito, nella proprietà del Palagetto. Anche il viale che conduce alla villa si distingue dagli altri, non essendo alberato con i soliti cipressi, simbolo della campagna toscana, ma da lunghe file di pini domestici, a rendere l’ambiente ancor più esotico.
Nella sua storia la bella dimora vede avvicendarsi come nuovi proprietari, la famiglia di Rodolfo Bianchini di Firenze, che ne fece un’elegante villa-fattoria, con annessi diversi poderi tra cui S.Bianca,S.Arturo, La Selva, S.Antonio e tutti i terreni nella piana del fiume.
Gli anni bui dell’ultimo conflitto bellico, vedono S. Ottavia usata come base militare della Marina, per la gestione della vicina polveriera del Cecina; ma superato questo triste periodo, ritornò a splendere di vita e di fertilità insieme a tutta la campagna.
Gli anziani di Pomarance ricordano ancora con piacere le feste sull’aia, organizzate dal fattore a poche decine di metri dalla villa. Tutti i contadini e soprattutto i giovani della zona si radunavano per cantare, suonare e ballare, mentre la fattoressa bravissima in cucina, offriva a tutti i suoi squisiti dolci fatti apposta per l’evento.
Non mancavano nemmeno le occasioni per pregare e, al passaggio dell’immagine di una ‘Madonna itinerante’ proveniente dalla chiesina di Lanciaia, i contadini della zona, si riunivano nella cappella della villa, invocando per un buon raccolto.
Ma proprio perché tutte le cose belle possono svanire come d’incanto, col passare degli anni, complice anche il graduale spopolamento delle campagne e venuti a mancare i capostipiti della famiglia Bianchini, negli anni intorno al 1970, la villa fu pian piano abbandonata e i proprietari si stabilirono definitivamente a Firenze.
La bella villa del Palagetto iniziò così una lenta, inesorabile agonia, violata e depredata di ogni suo arredo. Fu rubato ogni abbellimento esterno ed interno; vennero sottratti gli elementi architettonici dei balconi, delle gradinate e del giardino, che tanto avevano caratterizzato e contraddistinto il suo stile. Furono asportati perfino i marmi dei pavimenti, oltre a ogni tipo di attrezzo agricolo che si trovava nelle cantine e nei sotterranei.
Oggi della grande dimora non restano che i ruderi; porzioni di colonne, di pareti e di mura barcollanti avvolti dalla vegetazione che lascia appena filtrare la luce per poterne ammirare ancora tutto il suo fascino.
Ultimamente la fama della vecchia villa ha tristemente varcato i confini della nostra campagna, approdando fino al mondo di Internet. Il posto è diventato meta di balordi, drogati, aspiranti acchiappa fantasmi, animati dal macabro gusto dell’occulto, che si introducono all’interno, facendosi largo tra i calcinacci e divertendosi a impiastricciare, con scritte indecorose, i resti delle pareti. Basta cercare su ‘Google’, per veder spuntare centinaia di risultati, addirittura tradotti in varie lingue, col solo scopo di alimentare la curiosità morbosa e l’ intrigo sulla misteriosa ‘villa stregata’. Viene ingiustamente descritta con un mescolarsi di fantasiosi particolari del tutto falsi, inesatti o inesistenti, forse con la mira di rendere verosimili leggende e dicerie inventate, che sinceramente non hanno nessun riscontro con la verità!
Sarebbe auspicabile che questo incantevole luogo, ancora immerso nella superba campagna, impreziosita da accoglienti agriturismo, venisse riscoperto e apprezzato per le sue bellezze paesaggistiche e per l’importanza della sua storia; magari meta di piacevoli passeggiate, alla ricerca dei tartufi marzolini, come accadeva in passato, sotto i grandi pini che ancora ornano fieri, il viale di S. Ottavia.