MINIERE DEL PAVONE
Alcuni storici attribuiscono alle miniere di rame e di argento del Pavone, origini remote riconducibili all'insediamento preistorico etrusco e romano di Rocca Sillana.
Il sito minerario infatti, si trova nella profonda e stretta gola scavata dal torrente Pavone, sottostante il borgo di Montecastelli e la Rocca. L'area è costituita prevalentemente da rocce ofiolitiche dove prevalgono gabbro, serpentini e basalto con la presenza di marne e calcari eocenici composti da bornite, calcopirite e galena argentifera.
La miniera, ormai abbandonata dal XIX secolo, era una delle più interessanti della Toscana Meridionale. Già in età medievale e rinascimentale fu oggetto di sfruttamenti saltuari e varie sono le testimonianze sulla gestione da parte dei Vescovi di Volterra, finchè nei secoli XIII, XIV e in tempi successivi, si è avuta un'alternanza di proprietari diversi.
Ma i lavori più importanti e imponenti, furono realizzati dal 1841 al 1869. Furono aperte diverse gallerie, tra cui una lunga 700 metri per lo smaltimento delle acque. A 5 metri di altezza sopra la sponda destra del Pavone, dal Vallone di Pietralloro a sud di Grotta Mugnaioli, venne costruita la "Galleria Isabella" lunga 120 metri e altre ancora a più piani sovrapposti per poter ricercare il minerale ancor più in profondità, inoltre venne realizzato un pozzo in muratura di oltre 100 metri scavato sotto il letto del torrente stesso, che serviva sia per l'esplorazione, sia per l'estrazione del materiale scavato. Vennero anche istallate 2 macchine idrauliche a ruota per l'estrazione e il funzionamento delle pompe ai livelli più bassi.
Circa 500 metri più a sud, fu realizzata una diga di ripresa per incanalare, tramite un "gorile", l'acqua del Pavone utilizzata in una grande "laveria" del minerale.
All'interno della miniera trovò spazio anche una piccola cappella dipinta di azzurro, come era in uso nelle miniere toscane. All'esterno i numerosi edifici: magazzini, alloggi per il personale dirigente, officine di riparazione ecc, di cui oggi sono visibili i ruderi.
Nel XIX secolo la scarsità del minerale, condusse alla chiusura della miniera con conseguente crisi dell'occupazione e impoverimento della zona, registrando una emigrazione specialmente dal Comune di Castelnuovo V.C.
Purtroppo oggi, dopo la prematura morte del proprietario, le gallerie della miniera non sono più visitabili e rimane solo il silenzio e l'scurità a conservare la sua lunga appassionante storia.
(Popolata solo da colonie di chirotteri chiamati "ferro di cavallo" per la particolare posizione che assumono durante il riposo: "Rhinolophus Ferroequinum, Rhinolophus Hipposideros, Rhinolophus Euryale e alcuni grandi esemplari di "Myotis" (Vespertilio) che condividono come rifugio le gallerie di questa antica e gloriosa miniera).
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