IL CORAZZIERE 10 Marzo 1901
L’AGGRESSIONE AL DEPUTATO FRANCESE CONTE D’ AULAN
E ALLA SUA FAMIGLIA, A LARDERELLO
Dalla loro villa del Palagetto, i fratelli conti d’ Aulan, Enrico e Francesco deputato alla Camera francese, insieme alle loro giovani e bellissime signore, si recarono Domenica mattina a Larderello per una visita alla celebre fabbrica, di cui sono comproprietari. Ed ivi si intrattennero fino verso le 4, mentre la brava banda del paese, che aveva suonato sotto al Palazzo, li salutava alla partenza.
Appena che la carrozza, sulla quale oltre la famiglia d’Aulan erano il cocchiere e un cameriere, ebbe passato il ponte sulla Possera - all’uscita immediata del paese - di un duecento metri, un individuo che dal ciglione della strada era in attesa, intimò minacciosamente l’alt.
Alla brusca fermata ed alle grida del cameriere, al quale subito prima si rivolse l’aggressore, intimandogli di scendere, i due fratelli d’Aulan si fecero allo sportello interrogando su cosa avveniva. L’ individuo, con modi brutali, impose loro, sotto pena di morte di scendere a terra e consegnargli sull’istante 5000 lire.
Essi e le signore scesero, trasognati tutti che a due tiri di schioppo da Larderello, in un punto frequentatissimo, dal quale si scorge distintamente il paese, potesse commettersi una simile audace e criminosa prepotenza.
E siccome l’individuo, che rimaneva sul ciglione della strada, in posizione da dominare i sottoposti aggrediti, teneva il fucile a due canne spianato verso il gruppo, il conte Francesco, che del resto è coraggiosissimo osservò al bandito che essi avrebbero dato quel che possedevano in dosso, ma che egli intanto abbassasse le canne a terra, per non spaventare inutilmente le signore. Ma egli sempre con piglio brutale, mentre non curava il consiglio del conte, replicava, sotto minaccia di morte a tutti, che voleva 5000 lire.
La discussione vivacissima era impegnata da una diecina di minuti quando sopraggiungevano due nuove vetture. Nella prima era il cassiere dello stabilimento sig. Alessandro Calamai col cocchiere, nella seconda altri tre individui di Larderello. In tutti nove uomini alla mercè di un facinoroso, che ostentava ancora maggiore audacia.
Allora il sig. Calamai che era venuto per accompagnare i conti al Palagetto, comprendendo il momento criticissimo per tutti, incapaci di ribellarsi, si fece a persuadere il malfattore, che la sua pretesa era esagerata e che quello non era il luogo né il momento che i conti d’Aulan disponessero della somma imposta: che si prendesse quello che gli davano e lasciasse partire gli aggrediti.
Già venti minuti erano trascorsi da quello sgradito e pericoloso tetea’tete, quando il malfattore, che dalla sua posizione aveva scorto vari individui che sul ponte venivano a quella volta, fece per forza buon viso alla magra fortuna che l’avea spinto alla delittuosa azione, e si contentò di circa ottanta lire, che dal Cassiere gli furono gettate ai piedi.
Così i conti poterono partire, mentre il Calamai e gli altri restavano. Allontanata la carrozza di un cento metri i fratelli d’Aulan scesero e tornarono verso il gruppo, paventando per la vita del Calamai. Ma egli, grato del pensiero, li ringraziò e li obbligò a seguire le signore, perché egli, disse, non aveva nulla da temere.
L’aggressore, che non era altri che il M. A., si trattenne ancora un poco coi presenti, che erano aumentati, poi tranquillamente salì sulla strada maremmana, a lui soprastante, e disparve per ignoti lidi.
I conti d’Aulan, lasciati liberi, venivano direttamente a Pomarance, e denunziavano l’aggressione sofferta. Subito l’autorità furono in moto, e dalle stazioni di Pomarance e Castelnuovo venivano lanciati drappelli di militi alla ricerca del latitante. Nella notte giungevano i primi rinforzi di carabinieri, alle ore 8 eran qua il Sottoprefetto Cerboni, il Delegato di P.S. il Tenente dei Carabinieri: dopo pranzo arrivava il Capitano dell’arma. Oggi mercoledì son qua il Procuratore del Re, e il Giudice Istruttore.
L’identificazione fu facile e cortissima fino dalle prime prove esaminate, e non solo corrispondevano i connotati, ma quasi tutti l’avevano ben riconosciuto e parlandoci, lo chiamavano a nome.
Egli era A.M. da Castelnuovo Cecina, fratello dell’altro M…., che finì così drammaticamente nell’estate ’99, s’era dato alla latitanza dal Settembre scorso temendo che gli si volesse applicare l’ammonito, per cattiva condotta, mentre in realtà pare che se fu proposto per quella pena, la Commissione incaricata, uditi vari testimoni aveva dichiarato di non poterglisi applicare. Ricevendo l’ ordine di presentarsi per comunicazioni, egli credette di essere già ammonito e si dette ipso fatto alla macchia.
Con l’ultimo delitto di Larderello, nei pochi mesi di latitanza, ha già al suo attivo l’aggressione sul Pavone ai padroni di Sesta, sigg. Birelli, dai quali estorse 100 franchi, e l’aggressione al fattore di Solaio e pare quella al Pretore di Massa, al quale si dice che rimandasse i denari estorti, dicendo non esser lui che aspettava e di avere equivocato sulla persona.
L’ultima impresa nella quale una delle vittime è rappresentante un governo estero, ha svegliato sul serio tutte le autorità della provincia, e lo stesso governo centrale ha dato ordini formali per la ricerca e l’arresto del bandito. È sperabile quindi che l’attività febbrile di questi primi giorni non cessi fino al conseguimento ultimo che è di liberare la nostra campagna di un ospite tanto pericoloso.
E poiché il nostro mandamento così accidentato in tutta la sua estensione, così vasto e coperto per la metà da boschi, è difficile e faticoso a percorrersi, si dovrebbero, a facilitare il compito della P.S. stabilire contemporaneamente delle stazioni di carabinieri su altri punti. Si risparmierebbe lo spossamento inutile ai bravi soldati dell’arma, e si faciliterebbe il mezzo delle indagini. Si oppone, si dirà, la compiacenza dei manutengoli al buono e sollecito esito, ma tal sostegno, che è umanamente supponibile prestato in massima parte dai contadini, verrà a mancare quando essi, fatti certi della immediata vicinanza delle stazioni di carabinieri, potranno avere aiuto al bisogno.