Il Mulino ad acquaRisale a circa 2000 anni fa l’idea di sfruttare la forza dell’acqua per azionare i mulini ed ha mantenuto il suo utilizzo fino all’avvento del motore a combustione e ad energia elettrica. Il mulino ad acqua veniva sempre costruito nei pressi di un fiume o di un torrente, nel quale era praticato uno sbarramento artificiale, che nelle nostre zone veniva chiamato “steccaia”. Tale struttura serviva a convogliare una parte del flusso dell’acqua, che tramite dei canali artificiali detti gorili, giungeva fino in prossimità del mulino dove si formava la ''gora'', un ampio bacino dal quale l’acqua, tramite delle apposite feritoie, andava a cadere sulle pale del meccanismo idraulico del mulino, dando origine al moto rotatorio della macina. Il “Mugnaio” che presiedeva a tutto il rito della macinazione dei preziosi cereali, sapeva magistralmente regolare la quantità del grano da macinare e introduceva la giusta quantità all'interno della 'tramoggia', calcolando anche la quantità dell’acqua che arrivava in quel momento, per assicurare alle farine la giusta granulosità. Il termine ''mola'', con cui venivano anticamente chiamate le macine, con probabilità avrà dato origine alla parola latina ''molinus'', fino all'attuale ''mulino''.
Lo schema del meccanismo del mulino, è stato elaborato da una foto presente su un cartellone esplicativo, in una nostra escursione nell' alta Val di Merse, nei pressi di Castiglion Balzetti (SI).
Il Mulino di Bruciano
Risalendo il torrente Pavone per circa un km e mezzo, si possono rintracciare anche i resti della ripresa di sbarramento, che tramite un lungo gorile, non più visibile, incanalava l'acqua fino al mulino. Riguardo alla struttura dell'edificio del mulino rimangono in piedi solo alcune traballanti pareti e piccoli archi, fatti di mattoni e di pietra locale. Appoggiata all’esterno, una parte di macina grigia, sbuca seminascosta dal muschio, come per volerci raccontare le sue storie ormai lontane, dimenticate nel tempo. Notiamo solo che pietra da cui è stata ricavata, proveniva dalla vicina cava di “Tormentaia”, poco più avanti lungo le rive del Cecina.
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