DESCRIZIONE
Decidendo di fare un giro diverso da quelli tradizionali della Val di Cecina, abbiamo scelto un itinerario, conosciuto e apprezzato anche da diverse guide specializzate, che si trova nel comune di Montaione, nei pressi del piccolo borgo di Iano.
Il percorso ad anello, si presenta molto semplice e privo di difficoltà e si sviluppa in poco più di una decina di km, attraverso maestosi boschi e curiosità geologiche del territorio.
Noi, per comodità e per consiglio di un carissimo amico che abita da quelle parti, abbiamo iniziato la nostra escursione poco prima di San Vivaldo, parcheggiando l’auto nei pressi dell’abitazione rurale di San Leonardo (43°30’42,2”N 10°54’03,6E), dove è visibile anche un apposito cartello esplicativo. Il nostro sentiero sarà contraddistinto dal numero 4, riportato scrupolosamente sui segni bianchi e rossi che ci accompagneranno durante tutto il percorso. Anche se non ci saranno grosse difficoltà di orientamento, sarà comunque opportuno prestare attenzione alla segnaletica, dato che in tutta la zona sono presenti un’infinità di stradine e di sentieri boschivi che si intersecano tra di loro.
Ci incammineremo sulla stradina sterrata che si presenta vicino a una sbarra, iniziando fin da subito a scendere leggermente. Da qui a breve lambiremo una vecchia fonte ombreggiata da un grandissimo leccio secolare, per proseguire costeggiando una striscia di coltivo ai margini del bosco, sempre continuando il cammino in direzione O/SO.
Pressoché in assenza di dislivello giungeremo dopo aver percorso circa 2,2 km ad un grande piazzale di breccia bianca, adibito a parcheggio per i visitatori del santuario. Percorreremo la piccola e curata stradina bianca in leggera discesa a fianco del parcheggio, fino a passare davanti ad un’area attrezzata per ristoro- picnic. Subito dopo, risalendo il percorso delimitato da una staccionata di legno, comparirà davanti a noi la piccola chiesetta, incastonata tra le fronde dei lecci, custodi dei resti dell'antico castello.
L'antico castello della Pietra, di cui oggi sono visibili solo pochi resti, è ricordato per la prima volta in un documento di donazione risalente al 1118. Fu in seguito feudo del vescovo volterrano Ildebrando Pannocchieschi nel 1186, mentre circa 30 anni dopo, appartenne ai Cavalcanti, nobile famiglia di Volterra. Successivamente conquistato da S.Gimignano nel 1300 e poi assoggettato ai Fiorentini.
In antichità il luogo dove sorgeva il castello si chiamava 'Pietra', mentre oggi con questo toponimo viene indicata la collinetta di fronte, oltre il botro delle Penere, che custodisce i resti delle fondamenta di una torre, nei pressi dei laghetti dell'acquedotto di Montaione. Del vecchio 'Castrum de Petra', oggi rimangono visibili, pochi ruderi con tratti di mura fatti di ordinati blocchi di pietra alberese, insieme a una grande cisterna per la raccolta dell'acqua, dove oggi è allestito un presepe perpetuo, curato dai fedeli della zona.
Come riferito da un documento del 1234, faceva parte del castello, un piccolo edificio religioso intitolato ai santi Andrea e Agata, gestito dai Camaldolesi di S.Maria di Adelmo, successivamente unito alla chiesa di Iano, dopo la fine del castello. Riedificato come oratorio nel secolo IV°, dalla famiglia fiorentina 'De Rossi', venne in seguito arricchito di una pregevole pittorica raffigurante una Madonna col Bambino che tiene una mela: una tavola di 50x70, che faceva parte di un trittico, attribuito a Bartolo di Fredi (1353-1410) artista fiorentino allievo di Simone Martini. L'edificio religioso ampliato una prima volta nel 1890 e successivamente restaurato nel 1927, è stato consacrato a Santuario nel 1988, grazie alla fervida devozione degli abitanti della zona. Considerato di notevole valore, nel 2017 il quadro originale della Madonna della Pietra, venne collocato presso la Curia di Volterra e l'anno successivo la devota popolazione della zona, fece realizzare una fedele copia del dipinto che fu collocato nel piccolo santuario. Ogni anno, durante le feste della Madonna della Pietrina, che cade l'ultima domenica di settembre, viene riportato da Volterra, fino al piccolo santuario della Pietrina, per le rituali processioni. Si racconta che il prezioso quadro, fosse stato rubato poco prima del 2° conflitto mondiale, ma il ladro pentito, avrebbe confessato indicando il nascondiglio in cui si trovava!
Poco sotto l'edificio religioso, il salto roccioso della “Pietrina”, ci mostrerà un sorprendente e inaspettato affaccio sul panorama che domina la sconfinata armonia delle colline del Volterrano e della Valle dell’Era, con i borghi di Montecatini e di Lajatico che ci appaiono in lontananza.
Tornando indietro, discendendo la stradina in prossimità dell’area ristoro, svolteremo a sx per il piccolo sentiero in parte delimitato da una corda fissa, per poter visitare la conosciuta “Falesia della Pietrina”, apprezzata dagli appassionati d’arrampicata che amano cimentarsi nelle varie vie a disposizione, disseminate sull’ampio e strapiombante costone di roccia, che riporta il nome e i gradi di difficoltà.
Questa roccia sedimentaria, piacevole da toccare e da vedere con il suo colore rosato cristallino è chiamata “Verrucano”, nome che deriva dal Monte Verruca (Monti Pisani), dove si trova in vasti affioramenti. Si tratta di un conglomerato molto compatto costituito da quarzo, feldspati, scisti, con cemento siliceo-ferruginoso, formatosi da 250 a 210 milioni di anni fa nel Permiano Superiore - Triassico Medio Superiore.
Ritornati all’ampio piazzale del parcheggio, svoltando a sx per la ripida strada asfaltata, inizieremo una lunga discesa contornata da un bel bosco di essenze mediterranee dove predominano numerosi corbezzoli, particolarmente ricchi di frutti.
Scenderemo ancora e oltrepassato l’incrocio per l’abitato di Palagio, in prossimità di una curva a gomito nei pressi della Villa California, ci sorprenderà la vista di una bellissima pianta monumentale. Una gigantesca, vigorosa e millenaria Roverella (Quercus Pubescens), alta oltre 15 metri con un enorme tronco, la cui circonferenza sfiora i quattro metri.
Continuando il cammino affiancando alberi di meli che costeggiano la strada, oltrepassiamo un interessante affioramento di rocce dai riflessi grigio-rossastri risalenti al Carbonifero- Fossilifero e più avanti ancora, dopo un affioramento di verrucano, individueremo una piccola sorgente detta “Sorgente Acqua Rossa", prpprio per la colorazione delle sue acque contenente ferro.
Queste formazioni risalenti al Paleozoico, sono rappresentate da scisti del Cabonifero, considerate le rocce mineralizzate più antiche della regione Toscana. Da segnalare inoltre che in tutta la zona, attraversata dal nostro percorso, sono concentrate svariate curiosità geomorfologiche, studiate a lungo dai geologi. Ma solo a metà del 1800 vennero individuati marcassite, ossido di cromo, caolino, cinabro e addirittura oro, tanto che uno degli studiosi venuti dall'estero, ribattezzò una piccola zona come 'La California'!
In tempi più recenti, fino agli anni '80, Iano fu importante per le sue pietre semipreziose, che venivano reperite in ricchi filoni che si trovavano nei dintorni: come l'onice nei colori giallo, nero, bianco e marrone, come il marmo serpentino nero e verde, come il travertino nelle tonalità giallo, rossiccio, bronzeo e argentato, come pure le terre gialle.
Poco dopo giungeremo sulla strada principale che porterebbe a sx a Villa Magna e a dx a Iano, piccolo e curato borgo che raggiungeremo in poco più di 1 km.
Il cammino meno apprezzabile, poiché da effettuare sulla strada asfaltata, sarà ampiamente ripagato dalle curiosità che ci offre questo piccolo borgo dal nome curioso, forse anticamente detto Agliano, Alliano, Jano, fino all'attuale Iano, che si snoda sulla stretta via con le sue casette di sapore medievale, fatte di mattoni e travertino, materiali di cui è ricca la zona.
Uscendo dal paese continueremo nella stessa direzione, per ulteriori 500 metri, facendo attenzione sulla dx al piccolo cartello sentieristico che ci indica il proseguo del sentiero n4 del nostro anello. Iniziamo da subito a salire lungo stretta carrareccia nel mezzo al bosco, percorrendo il versante nordoccidentale del Poggio Spadone (425m), lambendo il Pian delle Querci. Proseguiamo nella solita direzione, sempre stando attenti alla segnaletica ed al numero del percorso (4) e dopo un ulteriore chilometro, oltrepassato un bel castagneto, giungeremo alla strada asfaltata che conduce a San Vivaldo. Volteremo a dx e in poche centinaia di metri saremo alla nostra auto.
Con un po’ di tempo a disposizione, spostandoci con l’auto per un breve tratto, potremmo visitare San Vivaldo, un interessante complesso francescano fatto di piccoli templi e cappelle immerse tra il fitto dei boschi, dove la natura, la storia e la religione convivono in mistici equilibri. Il sito riconosciuto monumento nazionale, è chiamato “Gerusalemme di Toscana” perché riproduce in scala ridotta e con la stessa ubicazione astrale, i luoghi della Città Santa e della passione di Cristo, come ci ricordano i bei bassorilievi in terracotta policroma all’interno di ogni cappella.
Tutto è sorto nel IV°secolo, nei luoghi dove il beato Vivaldo Stricchi da San Gimignano, visse una vita da eremita e di preghiera rifugiato all’interno del tronco di un grande castagno. Dopo la sua morte infatti, nel posto del grande castagno, venne costruita una chiesetta che passò ai frati Francescani, i quali nel 1497 con l’aiuto della popolazione, edificarono un monastero. In seguito, dal 1500 al 1515 venne realizzato il “Sacro Monte” che contava una trentina di piccole cappelle. Oggi ne rimangono 17 e possono essere visitate, godendoci questi luoghi che sanno regalarci la serenità e la tranquillità di un’esperienza unica.
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