Di porta in porta |
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...Volterra dentro e fuori le mura |
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11.8 km, 05:33:08 |
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Galleria foto 88 immagini
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DESCRIZIONE Durante questa ultima, bizzarra primavera, abbiamo deciso di rispolverare una nostra vecchia passione, interrompendo momentaneamente le lunghe camminate nella natura, per dedicarci a calpestare selciati e antiche vie cittadine! Ci siamo così trovati a scoprire gli angoli più reconditi e più insoliti dei nostri paesi, quelli che spesso il turista frettoloso non ha tempo di visitare. Dopo la bella esperienza di “Pomarance Camminando” che ci ha ripagato con i numerosi apprezzamenti ricevuti, come potevamo non pensare alla magnifica Volterra? La città etrusca per eccellenza che dal suo colle di creta ci domina da sempre con l’ elegante ed inconfondibile profilo. Lo scopo del nostro lavoro è stato prevalentemente quello di provare ad unire il maggior numero di punti d’interesse e di curiosità, compiendo un largo giro intorno e dentro le mura cittadine, cercando di realizzare un percorso interessante principalmente, dal punto di vista storico ed archeologico, rivolto a chi come noi, ama camminare in maniera lenta e consapevole, ammirando, osservando e scuriosando tutto quello che incontriamo, immedesimandoci nella magica atmosfera di ciò che ci circonda.
Inizieremo il nostro anello cittadino volterrano, dal parcheggio del viale dei Filosofi, nei pressi della Fonte di Docciola, a ridosso della grande ed austera porta omonima, incastonata nelle mura medievali della città. La Porta di Docciola, una delle più antiche di Volterra, è stata costruita nel secolo XIII° insieme a un tratto di mura che chiudevano la vallata. La struttura è quella tipica delle porte volterrane, con un arco interno e uno esterno a tutto sesto, collegati da un secondo arco interno ribassato. Nel corso del XV° secolo, causa un forte calo demografico, la porta venne murata, per l’impossibilità di mantenere le guardie a tutte le porte della città. Riaperta a metà ‘800 per il fascino misterioso che colpì lo scrittore D’Annunzio, che la immortalò nelle pagine del suo ‘forse che sì forse che no’. Appena oltrepassato l’arco di ingresso della porta il nostro sguardo sarà subito catturato dalla bella fonte, dai suoi imponenti archi a ogiva e dall’abbondanza d’acqua delle vasche rettangolari e dalle lunghe scalinate di pietra che conducono verso il cuore della città. (Approf: Fonti di Docciola) Inizieremo a salire le interminabili rampe, voltando subito verso quella che si apre sulla nostra dx e dopo una ventina di metri, di nuovo sulla dx, ci immetteremo su un camminamento più stretto. Trascureremo l’incrocio successivo per continuare a salire fino a sbucare nella graziosa piazzetta dell’Ortino, che ci lascia intravedere davanti a noi, parte del ‘Bastione di Porta Fiorentina’ fatto edificare da Cosimo I° de’ Medici, a baluardo e protezione della parte settentrionale di Volterra. La costruzione che si protrasse dal 1545 al 1551, sorse là dove in precedenza si trovava un mulino a vento. Voltandoci indietro, ci troveremo invece, in compagnia di una curiosa opera in pietra ‘panchina’, dello scultore volterrano Alessandro Marzetti, ispirata alla canzone 'La bambina' di Lucio Dalla. Da qui avremo una magnifica vista che spazia dai bastioni della Fortezza Medicea, ai campanili delle chiese di S. Agostino e di S. Pietro fino al Seminario di S. Andrea. Sulla nostra sx, imboccheremo il piccolo caratteristico vicolo di Sant’Agnolo, che ci riporta ad assaporare un’atmosfera di tempi lontani, con i panni stesi ad asciugare alle finestre delle sue ordinate costruzioni. Poco più avanti i distinti tratti di una casa-torre e, poche decine di metri ancora, ci faranno raggiungere la centrale Via Guarnacci, dove proseguiremo voltando ancora sulla dx in direzione della vicina Porta Fiorentina. In un antico palazzo che costeggeremo sul lato sx della via, si affaccia la casa dove abitò bambina Ildegonda Celli, la madre di Giosuè Carducci, come ricorda una lapide apposta sulla facciata e da qui proseguendo per poche decine di metri, raggiungeremo la grande Porta Fiorentina, che attraverseremo per proseguire il nostro cammino. L’imponente Porta Fiorentina, così detta perché si apre sulla via per Firenze attraverso la Val d’Era, in passato veniva chiamata ‘Porta di Sant’Agnolo o di San Michele’, in quanto si trova nelle vicinanze dell’omonima chiesa. La costruzione risale intono al 1261 e la sua struttura architettonica richiama quella delle altre porte volterrane, anche se sono visibili gli evidenti rimaneggiamenti eseguiti nel XVI° secolo, in seguito alle devastazioni subite durante un assedio nel 1530 da parte delle truppe di Maramaldo. Ritenuta una delle più importanti porte di Volterra, veniva incessantemente sorvegliata per l'uscita e l'entrata delle merci ed era l'unica porta della città a rimanere aperta anche durante le ore notturne. A questo punto, non volendo tralasciare nel nostro itinerario una parte molto interessante della storia etrusca di Volterra, localizzata però al di fuori delle vie del nostro anello cittadino, decidiamo di proseguire a dritto, dopo il passaggio della Porta Fiorentina. Attraverseremo anche il viale, indirizzandoci sulla via di Porta Diana che conduce prima verso il Cimitero e, in direzione della Valle dell’Era, verso la necropoli del Portone, detta anche dei ‘’Marmini’’, interessante tappa del nostro itinerario. Il motivo per cui la zona viene chiamata ‘ Marmini’ è legato all’omonima villa, che si trova poco lontano. La bella residenza, appartenuta agli Inghirami e nello scorso secolo, allo scrittore Carlo Cassola, mostra nelle facciate, elementi di alabastro provenienti da coperchi di sepolture etrusche, ritrovate in gran numero nella zona circostante. (L’alabastro anticamente era chiamato marmo, da cui ‘Marmini’). Proseguiamo verso la zona delle 'Cetine' così denominata per la ipotetica presenza di cisterne di epoca romana, fino ad una grande edicola religiosa ottocentesca, per imboccare sulla dx una discesa chiamata ‘Rampa della Crocina’ che ci condurrà fino all’ “Oratorio della Madonna della Visitazione’’ conosciuto da tutti come ‘Madonna del livido’. All’interno, vi è conservato un dipinto del XV° secolo, opera di Antonio Stefano Vanni, raffigurante una Vergine col bambino, che secondo la tradizione popolare, sarebbe stato sfregiato da un atto vandalico, che avrebbe causato uno strano alone intorno all’occhio destro della Madonna. (Approf: Madonna del livido) Procedendo ancora in discesa, verso il Cimitero comunale, tra gli ampi spazi che si aprono nelle vallate che declinano verso la Val d’Era, si potrà scorgere da lontano, sulla nostra dx, il luogo in cui nel luglio 2015 sono emersi, durante un lavoro di bonifica a un piccolo torrente, i resti di un’antica struttura muraria. La forma ellittica dei ruderi e la loro lunghezza, valutata intorno agli 80 m, fanno ipotizzare ad un grande anfiteatro romano a dimostrare che Volterra potrebbe essere stata anche una importante città romana, oltre che etrusca. Da qui continueremo sull’asfaltata della Valle, per circa duecento metri sempre in discesa finché davanti a noi scorgeremo i massicci resti della Porta Diana, che con la sua possente mole chiudeva la parte settentrionale della Volterra etrusca. Porta Diana, risalente intorno al II°-III° secolo a.C. costituiva insieme a Porte all’Arco, una delle due grandi aperture alla città etrusca. Per le sue notevoli dimensioni veniva popolarmente chiamata ‘il Portone’ ed era inserita nella cinta muraria etrusca. Benché distrutta nella parte superiore, si può sempre vedere la possente mole con i grandi stipiti in pietra panchina. Si suppone che la copertura originale fosse realizzata con elementi lignei, chiaramente deteriorati nel tempo, sostituiti in epoca medievale da un piccolo arco di pietra, crollato tra il 1960 e il 1964. Riguardo al suo nome si ipotizza che fosse dedicata alla dea Diana, alla quale si legano leggende tramandate fino ai giorni nostri. Dopo le rituali foto ci incamminiamo di nuovo fino a raggiungere l’incrocio con una stradina secondaria (43°24’34,3”N 10°51’49,6”E) che si indirizza verso dx, proprio di fronte ad alcune abitazioni restaurate, dove anticamente si trovava l’ Osteriaccia, frequentata da quei viandanti che in tempi lontani giungevano a Volterra nelle ore notturne. Trovando chiuse le porte della città, si fermavano in quell’osteria e aspettavano il mattino bevendo, giocando e facendo bisboccia. Ci indirizzeremo verso la stradina, sempre circondati dalle bellissime colline e i panorami delle vallate circostanti che in meno di 300 metri ci porterà di nuovo sull’asfaltata lasciata poco prima. Da questo punto sarà un susseguirsi, al margine dx della via, di aperture e incavi, scavati nel tufo che accoglievano altrettante sepolture della grande necropoli volterrana. Il panorama che si apre invece, dalla parte opposta ci sorprenderà con la bella vista sulla Badia, sulla Chiesa di San Giusto e su Monte Bradoni, che sembrano sbucare dal verde lussureggiante dell’aspra collina. Dopo circa 400 metri un’indicazione sulla nostra dx e un piccolo viottolo ci indirizzeranno alla necropoli dei “Marmini”, un’ interessante tappa del nostro viaggio. Si tratta di due tombe ipogee risalenti al 3°-1° secolo a.C, scavate nell’arenaria e costituite da 1 o più nicchie che contenevano urne funerarie in tufo e in alabastro con corredi in bronzo e oro, utensili e monete, in parte conservate al Museo Guarnacci della città. (Approf: la necropoli etrusca del Portone) |
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Dopo la visita, in mancanza di un percorso ad anello che ci faccia facilmente ricongiungere alla città, torniamo, a malincuore,sui nostri passi ripercorrendo indietro la strada che abbiamo fatto all’andata, fino a rientrare nel centro di Volterra attraversando di nuovo la bella Porta Fiorentina, che da questo lato, mostra sopra l’arco di apertura, un grande stemma di pietra scolpita, della famiglia De’ Medici. Proseguiremo per poche decine di metri su Via Guarnacci, per indirizzarci verso dx sulla via Lungo le Mura del Mandorlo, che si affacciano dall’alto sul Teatro romano. Gli scavi che portarono alla luce i resti dell’antico teatro romano e dell’impianto termale adiacente, iniziarono intorno agli anni 1950, grazie allo studioso Volterrano Enrico Fiumi e grazie anche al lavoro di una squadra di malati ricoverati presso il locale ospedale psichiatrico, come ricorda una targa a ringraziamento per il loro contributo. (appof: Teatro Romano) Incantati dai resti dell’antico teatro e dal panorama che lo circonda, che ci mostra il vicino profilo della chiesa di san Giusto, le cime delle Alpi Apuane e il monte Serra, ci soffermiamo incuriositi ad ammirare, sul lato opposto della via, le piccole vetrine di una bottega orafa artigiana che riproduce i gioielli degli etruschi, fino a raggiungere a pochi metri, la Piazza delle Pescheria, dove si trova la casa torre che ospita l’Ecomuseo dell’Alabastro e la Pinacoteca. Da qui torneremo indietro, soffermandoci davanti ai bei lavori di una tipica bottega di alabastro e volteremo quindi sulla nostra sx, discendendo la lunga scalinata in ferro che costeggiando le altissime mura medievali, arriva in prossimità del posteggio di Vallebona. Si pensa che l'origine della denominazione di 'Vallebona', possa risalire a fine 1400, quando a seguito di un ritrovamento dei resti di un tempio, tra colonne, capitelli e cornicioni, venne alla luce una statua in marmo senza testa, raffigurante una donna con bambino tra le braccia. Attualmente conservata al Museo Guarnacci, si ipotizza che la statua possa raffigurare la dea 'Bona', come da iscrizione in caratteri etruschi incisi sulla veste. sulla veste. Continueremo ancora sulla nostra sx, sul viale Porretti, lambendo le antiche mura che profumano di elicriso, mentre qualche piccione curioso, controlla il nostro passaggio. Nei pressi di una fontanella attraverseremo la strada per seguire sulla nostra dx, la Via Pisana e, arrivati alla rotonda dopo quasi 500 metri, proseguiamo a dritto per poche decine di metri lungo la via principale per poi abbandonarla sulla sx (43°24’33,7”N 10°51’07,2”E), entrando in uno spiazzo erboso che attraverseremo in direzione della Chiesa di S Giusto. Proseguiremo su questo percorso ‘scorciatoia’, sommerso di rucola selvatica, che costeggia parti di mura etrusche, da dove già iniziamo a scorgere la grande mole della famosa chiesa di San Giusto. Ancora pochi metri di salita, finché appare davanti a noi il lato nord della grande struttura di pietra tufacea, non meno interessante della parte frontale, che visiteremo nella fase del cammino di rientro. Incantati dai mille particolari, incastonati nelle mura della chiesa, ci portiamo nella parte laterale opposta e proseguiamo sulla dx su una piccola viuzza in discesa che lambisce vecchie cave di pietra panchina. Tra le strette vie del borgo riconosceremo i luoghi frequentati da Ciaba, ovvero Nello Bardini, amico dello scrittore Carlo Cassola, protagonisti partigiani che parteciparono alla resistenza nella 23^ Brigata Boscaglia, operante nel Volterrano e nelle Carline. Dopo altre piccole botteghe artigiane impolverate di alabastro, ci sposteremo verso dx, in direzione delle Balze, dove oltrepassata una sbarra, seguiamo la recinzione di protezione che ci separa dalla profonda voragine. Ci accompagneranno tra i caratteristici pinnacoli della grande frana delle ‘Balze’, i possenti massi che costituiscono i ruderi di un tratto di mura etrusche, affacciati a picco sulla campagna disseminata di aspri calanchi argillosi, che si alternano a ondulate colline,inconfondibile marchio dei paesaggi volterrani. Poi lo sguardo sarà interrotto dalla mole della Badia Camaldolese, che sembra sfidare la gravità, affacciandosi in bilico sulla voragine delle Balze. (Approf: Badia Camaldolese) Ripercorreremo indietro il breve tragitto, proseguendo verso la discesa che ci porterà al Masso di Mandringa e alle sue fonti di acqua purissima, legate a misteriose, antiche leggende di streghe; naturalmente sempre accompagnati dai panorami dei caratteristici calanchi .(Approf: ‘il Masso di Mandringa’). Seguendo la stessa breve strada dell’andata, risaliamo fino alla barra d’ingresso delle Balze e volteremo leggermente a dx per trovare, dopo un centinaio di metri, una stradina asfaltata in discesa che ci porterà fino alla scalinata di pietra che sale a Porta Menseri. La porta venne ricavata nella cerchia delle mura etrusche intorno al 1240, che racchiudevano allora l’attuale borgo di San Giusto, per permettere di raggiungere più facilmente le campagne vicine. Il suo perimetro disegna come in una cornice, la visione di un paesaggio lunare, con la voragine delle Balze e il profilo dei calanchi grigiastri che modellano la campagna. Si dice che le persone che raggiungevano Volterra dalle vicine campagne, fossero solite cambiarsi le scarpe fangose prima di entrare in città, lasciando quelle fangose nei pressi della porta. Saliamo tutti i gradini fino al passaggio della porta che attraverseremo e da dove proseguiremo, ancora per il Borgo di San Giusto, fino al grande prato dove sembra sorgere dal nulla, la chiesa dei santi Giusto e Clemente. La chiesa dall'imponente, scenografica facciata di pietra grezza, sorge su un piccolo rilievo tra 2 filari di cipressi, che racchiudono un ampio prato. E' incorniciata da 4 colonne che sorreggono altrettante statue in cotto, raffiguranti i santi Giusto, Clemente , Ottaviano e Lino, primo papa succeduto a San Pietro. Venne realizzata nel 1628 su disegno del 'Coccapani', in sostituzione di un tempio preesistente, denominata San Giusto in Botro, dedicato ai santi Giusto e Clemente, patroni della città. La vecchia chiesa edificata per volere del longobardo 'Alchis', fu ingoiata a più riprese, nel secolo XVII°, dal movimento franoso delle Balze e si dice che sorgesse sulle grotte che avevano dato rifugio ai due santi, che per sfuggire alle persecuzioni cristiane, sarebbero approdati sulle coste toscane, nel 573, provenienti dall'Africa settentrionale. (Approf: Chiesa dei SS.Giusto e Clemente). Ancora in salita,costeggiando i vecchi edifici fino a incontrare sul lato dx la Chiesa di santa Chiara. La chiesa dall’elegante ampio loggiato, fu realizzata nel 1602 dove in antichità sorgeva il Monastero di san Giovanni Evangelista. Accanto alla chiesa, nel soppresso convento delle Clarisse, ha sede una residenza sanitaria assistenziale. Dopo il Liceo artistico G. Carducci, fatti ancora qualche centinaio di metri, voltiamo sulla dx in discesa su Via della Penera. Prima di proseguire, ci concediamo una deviazione sulla dx in un ‘fuori percorso’ che ci porterà a osservare una parte di mura medievali originali, in parte costruite su quelle etrusche e meravigliosamente conservate, che circondano la zona di Santa Chiara. Ritorneremo indietro dopo l’interessante piccolo diversivo e voltiamo verso dx, costeggiando un vecchio muro, in una breve salita che porta ai resti della fonte di Santo Stefano, che una volta accoglieva sotto la grande volta una serie di vasche poste in sequenza per i diversi utilizzi. La fonte si trova di fronte alla chiesa omonima, ma a un livello più basso rispetto alla strada di Borgo S. Stefano. La chiesa di Santo Stefano, si apre sulla via in uno scenario surreale, senza copertura, con le sue colonne in bilico sugli ampi gradoni che la separano dalla strada, ostentando alcune colonne dai capitelli lavorati con solenni fregi di pietre a intarsio. Databile intorno al XII° secolo, conserva i tre portali d’accesso e frammenti di pareti laterali, addossata sulla sx al piccolo oratorio di epoca più recente. Quasi di fronte ci incuriosisce un’altra bottega di un eclettico artigiano che crea composizioni intarsiate utilizzando metalli di varie sfumature di colore. Poco distante da noi, ancora un’altra porta di accesso alla città: quella di San Francesco, detta anche Porta Pisana, perché attraverso la Val d’Era congiungeva Volterra a Pisa. E’ l’unica porta volterrana che conserva tracce di affreschi, che anticamente erano presenti anche nelle altre porte di accesso alla città. Sulla parte dx, al suo interno è scolpita la ‘canna pisana’, un’antica unità di misura che risultava essere leggermente più lunga della ‘canna volterrana’, che si trova scolpita sulla facciata del Palazzo dei Priori. Proseguiremo attraversando questa porta per giungere in via San Lino, che ha assunto questa denominazione nel 1940, in onore del pontefice volterrano, dove in un tratto di strada relativamente breve, si trovano ben 3 importanti chiese! La prima sulla nostra dx è la chiesa di San Dalmazio, piccolo gioiello seminascosto, oggi proprietà degli Inghirami. La chiesa edificata nel 1500, appartenne alle religiose della regola di San Benedetto, che fino al 1146 risiedevano a San Dalmazio. Da via San Lino ci sposteremo sulla dx sulla via San Felice, che ci accompagnerà alla omonima graziosa chiesetta a ridosso della porta e delle fonti. L’esistenza di una chiesa intitolata a San Felice, oggi scomparsa completamente, ha dato il nome sia alla strada, che al quartiere, comprese le fonti, le porte e il piccolo oratorio. La porta superiore di San Felice, venne edificata nel 1500 per sostituire quella inferiore, posizionata a lato delle fonti, murata perché difficilmente controllabile. Poco tempo dopo anche la superiore subì la stessa sorte, per poi essere nuovamente aperta nel 1700. L’oratorio di San Felice, proprio accanto alla porta superiore, fu costruito nel 1701. Al suo interno è custodita l’immagine della Madonna dei Gabellieri, coloro che nel medioevo, erano addetti alla riscossione delle ‘gabelle’, una sorta di tasse sugli scambi, sui consumi e sui commerci. Di fronte una stradina in discesa ci conduce alle fonti. Apparentemente l’architettura della fonte ricorda quella di Docciola, sorretta da due archi in pietra, che racchiudono le vasche. L’epigrafe che si trova in mezzo alla colonna centrale porta il nome del suo costruttore, certo Chelino Ducci Tancredi, che attesta i lavori compiuti nel 1319. E’ presumibile che i condotti che portano acqua a questa bella fonte siano stati scavati in epoca etrusca e romana. Di fronte alla fonte sono infatti visibili i resti di opere idrauliche romane e di una conduttura a un impianto termale, nonché un tratto di mura etrusche. Nelle adiacenti vicinanze vi è la Porta Inferiore costruita nel XII° secolo, probabilmente nel punto dove esisteva una postierla etrusca e da dove si dipartiva una strada verso il mare e verso Montecatini, come testimonia un bronzetto votivo del VI° secolo a.C., ritrovato nelle vicinanze. Questa piccola porta è stata riaperta in tempi recenti, in occasione di alcuni restauri fatti nel 1979. Dopo l’interessante visita, proseguiamo in ripida salita sulla Via della Pietraia per arrivare alla piazzetta dei Fornelli, che ci saprà incantare con i suoi meravigliosi panorami che spaziano dalle Apuane, al mare e su gran parte delle Colline Metallifere. |
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Un intreccio di piccoli, caratteristici vicoli ci porterà in via dei Laberinti e sbucando su via della Porta all’Arco, ci apparirà subito sulla dx la mole dell’antico varco, forse la più bella,la più famosa e la meglio conservata tra le porte di Volterra. La splendida Porta all’Arco è l’unica porta etrusca inserita nel tracciato delle mura medievali del XIII°secolo. La costruzione sembra risalire a tre epoche diverse. Gli stipiti delle fiancate formati da grandi blocchi rettangolari di pietra arenaria locale detta ‘panchina’, databili al IV° secolo a.C.; mentre gli archi, realizzati in conci di tufo di Pignano si ipotizza che possano risalire dopo l’assedio di Silla (80-82 a.C.). Le 3 teste che sporgono a decorazione della parte esterna, scolpite nella Selagite di Montecatini, potrebbero evocare riti romani, di difficile collocazione storica. Dopo aver letto sui cartelli esplicativi, l’interessante storia delle Porta e i suoi curiosi aneddoti, rientriamo sulla via, che ci condurrà verso la Piazza dei Priori, il cuore storico della città. Noteremo che il selciato della strada digrada, in tutto il suo percorso, in gradini bassi e ampi, che servivano una volta, a facilitare la salita e il passaggio dei cavalli. Impossibile non notare, ai lati della strada, i piccoli negozietti turistici e soprattutto le tante botteghe artigiane, di alabastro, di ferro battuto, di disegni artistici, che ci accompagneranno fino alla piazza dei Priori. Lambiremo la bella piazza solo per pochi metri, dopodiché portandoci verso sx, proseguiremo verso il Battistero, la Cattedrale e l’elegante loggiato di Piazza San Giovanni . Si può considerare la Piazza San Giovanni, come il centro religioso della città, dove sorgono il Battistero e il Duomo con le loro belle facciate policrome. La costruzione del Battistero risale intorno alla metà del XIII° secolo e il suo bel portale viene attribuito agli allievi di Nicola Pisano, mentre la sua cupola è stata probabilmente disegnata dal Brunelleschi. Di fronte al Battistero si trova la Cattedrale di S. Maria Assunta costruita intorno al 1120 con la torre campanaria affiancata sulla dx, mentre la sua facciata si attribuisce a un successivo rifacimento di Nicola Pisano. Di fronte, la piazza è incorniciata dal loggiato del vecchio ospedale di Santa Maria. . Arriveremo di nuovo in piazza dei Priori provenienti da via Roma ammirando i maestosi storici edifici, ritenuti tra i più bei palazzi medievali della Toscana.
Il Palazzo dei Priori, sede del Comune di Volterra, fu edificato nel 1239 e dopo i rimaneggiamenti del1400-1500, sembra ricordare il profilo di Palazzo Vecchio a Firenze, per la sua maestosità e l’imponenza. Esternamente è decorato con gli stemmi robbiani dei magistrati fiorentini. Di fronte, il Palazzo Pretorio e la Torre del Porcellino, furono sede del podestà e dei capitani del popolo. Sulla torre, una delle più antiche della città è raffigurato un porcellino di pietra sopra una mensola, che ha dato il nome all’alto edificio. Attraversata tutta la piazza,voltiamo ora verso un piccolo, angusto vicolo anticamente detto ‘dei pisciatoi’, oggi invece portato alla ribalta, grazie a serie televisive e a film di successo, col nome di ‘vicolo dei vampiri’. Da qui sbucheremo in Via Guidi (oggi via Matteotti), che percorreremo per una cinquantina di metri,per poi svoltare sulla sx, alla volta del il Parco Fiumi altra importante tappa del nostro intrigante viaggio. Saliamo la ripida stradina lasciandoci sulla dx il suntuoso palazzo Inghirami, mentre scorgiamo di fronte una piccola chiesetta e poco dopo, sempre in salita si aprirà sulla nostra dx il grande cancello del Parco, una vasta area-giardino che ci porterà alla scoperta dell’acropoli etrusca e di una cisterna romana, dominati dal grande profilo della Fortezza medicea e dai bei panorami sulla città. (Approf: Parco Fiumi) |
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Dopo la visita al grande parco, proseguiamo in discesa sulla via di Castello che costeggia il perimetro nord delle mura del carcere, affacciandosi ogni tanto sul lato opposto su brevi, caratteristici vicoletti, fino a raggiungere la Porta a Selci, che ci limiteremo ad ammirare senza oltrepassarla. La Porta, col suo caratteristico arco a tutto sesto, venne costruita nel XVI° secolo in sostituzione di un antica apertura molto più antica chiamata ‘Porta del Sole’. L’antica porta che faceva parte del circuito murario etrusco, venne interrata durante gli ampliamenti riguardanti la Rocca Vecchia della Fortezza medicea. Da qui ci incammineremo sulla sx lungo via Don Minzoni, dove si trovano il teatro e la chiesa di San Pietro. Sul lato sx della strada, si susseguono ancora alcune botteghe artigiane di alabastro, fino ad arrivare davanti al Museo etrusco Guarnacci. Voltiamo sulla dx verso Porta Marcoli, da dove è visibile la cerchia di mura medievali che lambiscono la chiesa di San Pietro e il Conservatorio. Seguendo ancora la via, attraverseremo la piccola porta, che risale al XVI° secolo, comodo accesso per chi proveniva dalla florida campagna. Procediamo ancora fino a raggiungere il piazzale di Sant’Andrea, dove si affaccia il vecchio Seminario Vescovile egli ampi panorami sulla parte nord della città. Proprio in prossimità dell’ingresso del seminario, imboccheremo un piccolo sentiero sulla sx, che ricalca un antico selciato e dove ogni tanto si intravedono alcuni grandi blocchi di pietra, che costituivano ancora un segmento della grande cinta muraria etrusca. Da qui una breve gradinata, ci farà sbucare sull’ombreggiatissima via dei Filosi che ci ricondurrà di nuovo al posteggio di Docciola, dove ci aspetta la nostra auto.
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………Volterra fuori e dentro le mura……..Un affascinante, avvincente ed insolito viaggioin cerca degli angoli meno noti e meno frequentati, ricchi di fascino e storia che meritano di essere conosciuti.Un articolato itinerario tra le strette vie medievali che ci da la sensazione di un vissuto ricco ed emblematico, tra luoghi, mestieri e simboli che affondano le radici nel glorioso passato dell’etrusca Velathri .
(Alcune inormazioni storiche riguardanti la città, sono tratte dal bolg ''Volterra City'', che ringraziamo)
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