Di torrente in torrente |
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11.6 km, 05:29:22 |
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Galleria foto 19 immagini
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DESCRIZIONE Interessante itinerario che arricchisce la conoscenza della vasta Riserva di Berignone. Il tracciato si snoda infatti nella parte occidentale della foresta di Berignone, ripercorrendo l’alveo di due caratteristici corsi d’acqua: il torrente Fosci e il Botro al Fico. Ovviamente ad anello, l’itinerario ha come partenza ed arrivo il parcheggio posto all’ingresso nelle vicinanze del podere il “Pino” di Berignone, raggiungibile dalla strada reg. 68 imboccando il bivio per il piccolo borgo di Mazzolla. Svolteremo a sx, lungo un’ampia strada bianca in leggera discesa tra il suggestivo panorama delle colline volterrane, accompagnati da un susseguirsi di biancane e profondi calanchi. Svolteremo ancora a sx, al successivo incrocio e scenderemo nel fondo dell’ampia vallata fino a raggiungere il parcheggio antistante la sbarra di uno degli ingressi alla Riserva Naturale. Per ragioni di praticità abbiamo deciso di seguire l’anello in senso antiorario, quindi superata la sbarra ci incammineremo lungo una comoda strada e percorsi appena trecento metri volteremo a dx inoltrandoci lungo il “Sentiero Natura” (NB1) dentro una grande e selvaggia pineta. Da qui seguiremo per gran parte del suo sviluppo il torrente Fosci, uno dei maggiori affluenti di destra del Cecina. La prima parte di escursione, dopo circa un chilometro dalla partenza, abbandonerà il sentiero natura (che volterebbe a sx) per continuare a dritto per il sentiero n° 1. Questo passaggio richiederà un buon spirito di adattamento, in quanto la tracciatura non è molto evidente e spesso il cammino può essere ostacolato dai residui dei recenti tagli del bosco. Anche se qui l’ambiente potrà sembrarci meno piacevole, potremo ugualmente cogliere ottime occasioni di vedute insolite. Attraverso un’ampia ed estesa pineta, seguita da alti pioppi, si potrà intravedere verso Ovest, l’inconfondibile profilo delle campagne e del paesaggio argilloso che crea la suggestione dei calanchi e delle biancane del volterrano. (Approf.calanchi e biancane) Mano a mano che si avanza, sempre seguendo l’alveo sabbioso del piccolo torrente, lambiremo ampi coltivi dove non sarà raro incontrare animali selvatici come cinghiali, caprioli e daini. Con un po’ di fortuna potremmo avvistare esemplari del coloratissimo martin pescatore che predilige questo ambiente per costruire il suo nido. Continuiamo a seguire con un po’ di inventiva il tracciato e, dopo aver percorso circa 3,8 km dall’inizio, quasi interamente lungo l’alveo del torrente, sbucheremo nella strada bianca che proveniente dal borgo di Mazzolla, ci condurrà a uno degli ingressi della Foresta di Berignone. Un lungo e pittoresco tunnel di vegetazione, ci accompagnerà fino all’ampia area attrezzata del Capannone. Questo grande spiazzo, circondato da alberi secolari, racchiude un po’ della storia di Berignone, raccontata anche dalla grande struttura dell’edificio che si trova a margine, purtroppo oggi un po’ barcollante. Una volta, oltre che posto di ritrovo di carbonai e di boscaioli, il “Capannone” era soprattutto un magazzino e una dispensa per la loro laboriosa attività, nonché punto di approvvigionamento per i partigiani, che nel fitto bosco di Berignone avevano fissato il loro sicuro riparo durante la Resistenza. Approfittando dell’ombra dei grandi cipressi e delle alte piante che circondano e danno fascino a questo posto, ci fermeremo per una pausa ristoratrice. Una volta ripreso il cammino in direzione del Castello dei Vescovi, dopo qualche decina di metri, abbandoneremo l’ampia strada pianeggiante per imboccare sulla sx il sentiero n°6 denominato di “Botro al Fico”. Questa seconda parte di escursione seguirà un percorso che in costante salita, costeggerà per lunghi tratti l’impluvio del piccolo corso d’acqua, in una fitta vegetazione di caducifoglie, intervallata ogni tanto da spazi che una volta venivano sfruttati per l’attività dei carbonai. Durante il nostro cammino, risalendo dal dislivello, ci troveremo costretti ad attraversare più volte il piccolo botro. Data la sua modesta portata d’acqua, saremmo piacevolmente stupiti del continuo alternarsi di cascatelle e salti zampillanti che si susseguono tra i crepacci scavati in profondità nelle rocce calcaree, seminascoste da un tipico e lussureggiante ambiente di forra. Dopo circa km1,8 dall’inizio del sentiero n°6, il dislivello si fa più dolce e mano a mano che ci allontaniamo dal botro, ci inoltreremo in un bosco più alto e pulito, fino a giungere in un pianoro dove torreggia un esemplare di leccio plurisecolare (Quercus Ilex) con delle imponenti piante di Carpino Nero (Ostrya Carpinifolia). Da qui in poi la particolarità del percorso sarà data dalla presenza di numerosi ciottoli rotondeggianti che caratterizzano l’intera zona e che con ogni probabilità ne hanno ispirato il nome di “Pietruccolaie”. Gli anziani raccontano che una volta le massaie volterrane e dei dintorni, venivano a raccogliere alcune di queste pietre, scegliendone di varie dimensioni tra le più lisce e a forma di uovo. Se ne servivano poi come supporto da infilare nei calzini per poterli rammendare più facilmente! Qualche decina di metri più avanti, dove il bosco lascia spazio ad una grande apertura tra ginepri, eriche e scope, possiamo di nuovo dominare con lo sguardo su ampi panorami verso sud ovest. Ancora proseguiamo per poco meno di un chilometro percorrendo le ultime centinaia di metri in leggera discesa, sbucando in località “L’Imposto”, sul crocevia di due principali strade di Berignone, una proveniente dal Capannone e l’altra che viene dal Pino, diretta a Dispensa. Nel silenzio di questo luogo, ci ristoreremo e ci rilasseremo, prima di riprendere il cammino lungo l’ampia strada diretta al Pino di Berignone, in direzione Nord-Ovest. Poco più avanti avremmo modo di osservare il fabbricato rurale di Caprareccia, con i suoi centenari olivi contornati da rotondeggianti muretti a secco e non potremo fare a meno di scrutare il superbo paesaggio che si presenta tutto intorno. Perfino il prato antistante il vecchio podere, mostrerà in primavera, la sua preziosa fioritura di Camomilla. (Approf.) Secondo alcune ricerche storiche fatte sulla zona, pare che l’insediamento rurale di Caprareccia sarebbe sorto sui resti di un castello, già distrutto ai primi del 1200 e appartenuto ai Vescovi di Volterra, che veniva chiamato “Castello di Monte Soldano”. Il podere, sicuramente legato fin dall’epoca medievale, alla fervida attività della transumanza, avrebbe probabilmente preso il suo nome dagli allevamenti di pecore e capre della zona. E’ circondato da curiose piattaforme di strati rocciosi di Arenaria, formatesi in ambienti lacustri nel Miocene Superiore (7-8 milioni di anni fa), che digradano verso la vallata. Continuando il cammino, dovremmo fare attenzione alla deviazione che si trova poco più avanti sulla dx, che ci farà abbandonare la carreggiabile per portarci, con una breve variante, in un bosco a prevalenza di Macchia Mediterranea, che in alcune centinaia di metri ci condurrà nei pressi di “Casa al Rospo o Casa Nuova”, attraverso un corridoio di floridi e altezzosi cipressi. Dell’edificio ora, non se ne possono che apprezzare i ruderi, che lasciano ugualmente intravedere la consistenza di un fabbricato di struttura inusuale e signorile, servito in ultimo come alloggio della Guardia Forestale. Proseguiamo ancora avanti sulla strada bianca che scorrendo nel mezzo ad un’ampia pineta, giunge ad un altro casolare conosciuto come il “Pino di Berignone”, davanti al quale non si può non far caso alla bizzarra presenza di alte piante di Eucaliptus. Proseguiremo ancora, seguendo la strada fino a raggiungere il punto da cui siamo partiti e quindi la nostra auto. |
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