La.......VIA DELL’ORTO
Vie, sentieri, strade, traversate: un’infinità di percorsi che ci vengono proposti in Italia e non solo, da seguire anche per più giorni e che ci promettono sempre mondi da scoprire.
Cammini antichi, storici e religiosi, che troppo spesso sembrano diventare una moda: ….. Appia, Francigena, Etrusca, dei Santi e degli Abati, degli Dei e dei Briganti, della Transumanza, del Sale…..e cento altre ancora….e perché no una Via dell’Orto?!?!
….e allora con un pizzico di spirito goliardico ci siamo divertiti a prenderci bonariamente gioco di questa infinità di percorsi pensando di poterne creare uno, semplice e nostrano dal nome accattivante!
Che poi in realtà la ‘’Via dell’Orto’’ è un piacevolissimo itinerario, che attraverso la bella campagna pomarancina, ci porta alla scoperta di piccoli aneddoti e tante curiosità che fanno parte della storia e delle nostre tradizioni. Fino a percorrere tratti di antiche vie che oggi attraversano luoghi antropizzati dove si concentrano gli immancabili orticelli generosi, grazie anche alla ricchezza di fonti e di sorgenti costantemente presenti in tutto il cammino.
Coordinate punto di partenza: 43°17'40.59"N 10°52'22.86"E
DESCRIZIONE
L’inizio del nostro cammino, naturalmente sarà da Pomarance, nei pressi del nuovo parco comunale di Gallerone, dove si trova un comodo posteggio. Seguiremo da qui il percorso che ci porta in direzione del vecchio ‘Mattatoio’, per attraversare la strada regionale e proseguire verso la parte estrema del borgo medievale.
Sulla sx, ci troveremo a passare accanto allo storico Palazzo de Larderel, mentre indirizzandoci dalla parte opposta, proseguiremo in una discesa che lambisce la caserma dei CC e i resti di una vecchia torre di guardia che ci anticiperà la zona detta ‘La Concina’.
Sempre scendendo, potremo intravedere alcune sorgenti, che una volta venivano sfruttate per la concia delle pelli, una fervida attività che, insieme agli allevamenti del baco da seta, ha dato lustro in passato, alla nostra zona.
Cercando su delle antiche mappe, abbiamo trovato che la piccola via che stiamo percorrendo veniva chiamata ‘Viottolo di Sbindo’ e, proveniente dalla valle del torrente Arbiaia, serviva a collegare fra sé, tutte le concerie un tempo presenti in questa parte del paese.
Sulle rive del piccolo corso d’acqua, affluente del Cecina e detto anticamente ‘Albiaia’ per le acque particolarmente limpide, erano presenti ben 3 mulini.
Mentre scendiamo la piccola strada, ci accompagna in lontananza sulla collinetta di fronte, l’elegante mole del ‘Palazzo di Corneto’ un vecchio podere ristrutturato; finché giungendo nella vallata del torrente, noteremo in lontananza ancora qualche rudere dei vecchi mulini.
Dopo aver oltrepassato l’Arbiaia, saremo di fronte a un breve tratto di salita piuttosto ripida che però ci permetterà di osservare il panorama della parte più antica di Pomarance che sembra in bilico sulla frana rocciosa, popolarmente detta ‘Le Grotte’.
Ancora avanti, sempre accompagnati dai suggestivi panorami su Volterra e sull’Appennino, supereremo un primo podere ristrutturato e sempre seguendo la comoda strada, ora abbellita da un filare di cipressi secolari, giungeremo a lambire altri vecchi casali, rimessi a nuovo, nella zona chiamata ‘La Fornace’.
Giungeremo così all’incrocio con la strada comunale del Palagetto, che scenderebbe sulla sx fino al fiume Cecina, dove noi voltando dalla parte opposta, continueremo il nostro cammino.
Passeremo accanto a una grande, antica edicola intitolata a S.Margherita, al cui interno si trovava l’omonima sorgente, da dove ha inizio la storica oliveta del San Francesco.
SANTA MARGHERITA- TRACCE DI UN’ANTICA CHIESA
Secondo uno studio della ‘Società Storica Pisana’, in data 4 giugno del 1309, Ser Ranieri di Ser Provenzano da Pomarance, lascia ai poveri la sua terra d’Albiaia …..<<salvo che sia offiziata la Chiesa di S. Margherita Vergine presso Pomarance>>…. Chiesa che fu citata come oratorio anche nella visita dell’Inghirami nel 1618.
Sulla strada comunale del Palagetto, al confine della bella oliveta del ‘Poggiamontino’, si trova una grande edicola, caratterizzata da un’ampia apertura a volta. Non a caso all’interno c’è una piccola sorgente, ormai esaurita, detta di Santa Margherita e dato che il torrente Arbiaia, si trova solo a poche centinaia di metri, tutto farebbe ipotizzare che questa struttura possa essere una traccia dell’antica chiesa.
La bella oliveta, coi suoi gradoni di pietra, circonda la collinetta segnata sulle vecchie mappe come ‘Poggio al Montino’, dove oggi si trova l’agriturismo San Francesco. Dalla metà del 1800 è stata una delle residenze di campagna dei Conti De Larderel e si ipotizza che anticamente, fosse sede di un monastero.
E’ impossibile accertare se la piccola collina abbia anticamente ospitato un eremo, o come si dice, fosse addirittura un luogo sacro agli Etruschi. Di certo si sa che il vecchio podere, fu acquistato dalla famiglia De Larderel, che nel 1838 lo restaurò completamente, come ci ricorda una lapide e uno stemma, nella parte alta sulla facciata principale dell’edificio.
Continuiamo il nostro piacevole viaggio in direzione di ‘Poggiamonti’, che supereremo insieme a S. Ugo, un’altra bella residenza di campagna. Qui ci intratterremo per alcune curiosità storiche e naturalmente per ammirare ancora i bei panorami, portandoci nei pressi del poggetto anticamente detto ‘Rocca al Santo’, dove sono ancora presenti le flebili tracce di un antico eremo.
Seguendo un breve vialetto di cipressi secolari, ci indirizzeremo in discesa sulla sx e, mentre davanti a noi domina prorompente la mole della Rocca Sillana, lambiremo la collinetta di Poggio Arenicci.
Dal volume ‘Rievocazioni Storiche’ di Edmondo Mazzinghi:
<<<<In località ‘Poggio ai Renicci’ furono rinvenute tombe nella nuda terra, ovali del tipo della cultura eneolitica di Remedello(Brescia) 3000 anni aC. In questa piccola zona vi erano 7 tombe a inumazione a distanza di m.0,50 l’una dall’altra scavate nel masso tufaceo, di forma ovale, delle quali ne fu data notizia dopo la manomissione, per opera di contadini dell’allora tenuta agricola del cav. Carlo Andrea Fabbricotti. Il prof. Edoardo Galli della Soprintendenza Archeologica di Firenze, nell’anno 1912, non poté fare altro che scegliere del materiale raccolto alla rinfusa:--oggetti eneolitici: venti punte di freccia di silice, due lame di pugnale in rame e altra più piccola, due asce piatte di rame, vaso sferoide di impasto, oggetti della prima età del ferro: diciotto fibule di bronzo a navicella, una fibulina di bronzo, due pesanti armille di bronzo, piccola armilla spirale per capelli, spirale da capelli, piccola bulla in lamina bronzea, grani di collana di pasta vitrea giallastra, ascia di bronzo ad alette, lunga lancia di bronzo a foglia di lauro, frammenti di lama di coltello di ferro, piccolo ziro fittile di impasto-Esposti nel piccolo museo 'Guerrieri e Artigiani' di Pomarance.
Procederemo verso dx, seguendo la strada in discesa che attraversa una campagna particolarmente verdeggiante, fino passare davanti alla sorgente della ‘Doccia’ che in passato ha alimentato un mulino.
Da qui, voltando in una comoda strada che sale dolcemente verso dx, tra bellissimi panorami, continueremo fino alla vecchia scuolina comunale di Monna, sempre affascinati dai panorami che ora ci mostrano gli sbuffi delle torri refrigeranti verso la Valle del Diavolo.
Una volta raggiunta la struttura, preceduta da immense querce secolari, la aggireremo sulla sx proseguendo su un antico percorso che costeggia un’oliveta, fino alla strada di Poggiamonti che attraverseremo in direzione dell’agriturismo ‘Palazzone’, per proseguire verso il Paduletto.
Raggiunta la strada regionale, attraverseremo per portarci in un breve viottolino di campo, verso la località ‘Pian delle Lame’ e il vecchio podere della Pieve.
Nel 'Pian delle Lame', così denominato per la presenza di alcuni stagni d'acqua, sorgeva una piccola chiesa, ove il Pievano con alcuni dei suoi 'buonomini' si riunivano a parlare, come in un piccolo parlamento, primo istituto di democrazia comunale. Le adunanze riguardavano anche i rapporti col Signore del Castello e venivano rigorosamente svolte all'ombra di un grande olmo, albero sacro in Toscana, ubicato davanti alla chiesa.
Continueremo sulla stradina di lato al vecchio podere, fino a trovare sulla dx un’ennesima sorgente, detta ‘di Ballero’ sfruttata per i piccoli orti vicini e proseguiremo in una breve salita dove voltando a dx proseguiremo sulla Via delle Ripaie.
Giunti al termine della strada voltiamo per pochi passi sulla dx e poi di nuovo a sx, per proseguire su una strada vicinale che ci farà raggiungere la località S.Anna, dove attraversando la strada ci porteremo su un piccolo viottolo che lambisce i campi.
Da questo punto, sulla sx, si apriranno straordinarie vedute verso la verdeggiante vallata sovrastata dai borghi di Libbiano, Micciano e dal profilo del Monte Aneo, fino a raggiungere il previsto punto di sosta del piccolo ‘Anfiteatro di S. Piero’.
Riprendendo il cammino, proseguiremo sul vialetto di cipressi secolari in direzione del Centro Ippico Santa Barbara, dove i piccoli cavalli monterufolini, si affacciano al nostro passaggio, dai loro recinti. Superato un piccolo stagno, ci troveremo nella zona dei ‘Collazzi’, uno spazio verde, che in primavera si arricchisce ti tante varietà di orchidee tra cui la preziosa ‘Himantoglossum adriaticum’. Proseguendo davanti a noi, lasciando sulla dx, la scuola d’infanzia, ci troveremo a lambire la signorile struttura della vecchia ‘Villa Coutret’, fino a ritrovare la strada asfaltata che attraverseremo e seguiremo in direzione dello Stadio.
Ancora verso dx su un breve tratto di salita, per voltare a sx nella zona detta ‘Botrilli’, diretti verso il ‘Boschetto di Gallerone’ dove i secolari lecci che sbucano contorti dai massi di tufo rendono l’atmosfera un po’ misteriosa.
…...e dopo la breve sosta in questo posto speciale, raggiungeremo le nostre auto, passando dal nuovo parco pubblico, compiaciuti per le piccole, grandi storie che ci legano al nostro paese, attraverso una via immaginaria che, con un pizzico di ironia, le unisce tutte insieme ‘’la via dell’orto!’’
Da sempre nella memoria dei Pomarancini, il ‘Boschetto di Gallerone’ è ricordato come un piacevole punto di incontro e di ritrovo del passato, per le tradizionali scampagnate all’ombra di caratteristici lecci secolari.
Ma in realtà il boschetto sembra essere nato per tutt’altro scopo, da un’idea dei De Larderel, che nei primi decenni del 1800, avevano i loro possedimenti anche nelle zone adiacenti. Certamente non era stato ideato come luogo di festa, ma come spesso usava presso le residenze di famiglie benestanti, era uno spazio appositamente creato per la pratica dell’uccellagione. Il sistema di cattura consisteva nell’utilizzo dei ‘paretai’, costituiti da reti grandi come e vere e proprie pareti, tese orizzontalmente, in un’area dove per lo scopo, venivano impiantati piccoli arbusti che potessero attirare i volatili di passaggio.
Questo metodo era già praticato dalla casata dei Medici, che apprezzavano sia il momento della cattura che la prelibatezza culinaria degli uccelletti.
Il bizzarro toponimo di Gallerone, sembra invece derivare da un aneddoto ricordato dagli eredi della famiglia Baldi di Pomarance, che all’epoca abitavano nell’adiacente podere di ‘Piuvico’, sempre di proprietà dei De Larderel, dove oggi si trova l’asilo nido.
(Piuvico, derivante dal latino, ha il significato di ‘pubblico’ e si riferiva a un tratto di terreno ad uso pubblico che dal podere suddetto, raggiungeva il ‘Pian delle Lame’)
Si racconta che uno dei Baldi, si dedicasse alla vendita delle mandorle, di cui la zona era particolarmente ricca, ma pare che tra quelle vendute ce ne fosse un gran numero senza frutto, da scartare, ‘vuote come una gallera’, come si diceva allora. Tanto che al povero Baldi, venne affibbiato in modo canzonatorio il soprannome di ‘Gallerone’, diventato così popolare che ancora oggi, l’intera zona residenziale che ospita la palestra, compreso l’ottocentesco boschetto, porta proprio quel nome. All’inizio della via che portava a Gallerone vi era un grande cancello di ferro con lo stemma dei De Larderel, che negli anni ‘80 venne tolto e spostato all’ingresso del giardino dell’omonimo palazzo all’inizio della parte più antica del paese.
La Ragnaia
E’ facile pensare che questo piccolo botro affluente dell’Arbiaia, debba il suo nome ai ragni, che potrebbero trovare un habitat favorevole tra gli arbusti delle pareti scoscese che lo circondano. Invece la ‘ragnaia’ è un altro sistema di uccellagione, praticato in passato, che consisteva nel tendere tra piccoli gruppi di alberi delle reti sottilissime, dette ‘ragne’ con lo scopo di catturare i poveri volatili che passavano.