Da Gerfalco a Sasso Pisano |
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18.7 km, n/a |
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DESCRIZIONE Una lunga traversata tra natura e paesaggi Un itinerario fisicamente un po’ più impegnativo degli altri, ma straordinario per la ricchezza dei paesaggi, che unisce idealmente i piccoli borghi di Gerfalco e Sasso Pisano, separati dalla bella Valle del Pavone. Il tracciato, che sfiora quasi 20 km di lunghezza e 800 m di dislivello, si snoda nella prima parte lambendo le pendici delle Cornate per poi attraversare il Poggio di Mutti, scendere nella parte alta della Valle del Pavone e risalire l’esteso crinale delle Cerrete, fino a raggiungere la strada regionale. Da qui proseguirà la seconda parte del tragitto, completamente immersi in vasti castagneti che ci accompagneranno fino al Parco delle Biancane. Purtroppo questa volta, per motivi logistici legati al tipo di percorso, non sarà possibile compiere l’immancabile anello e ci impegneremo in un piccolo sforzo organizzativo, in quanto il luogo di partenza risulta distante circa 20 km da quello di arrivo. La partenza sarà in prossimità dell’antico borgo minerario di Gerfalco, già descritto in alcuni dei nostri itinerari, posto ad un altitudine di 740 m. Nel primo tratto percorreremo una comodissima strada bianca, che costeggia le pendici occidentali delle Cornate, in direzione del Castello di Fosini che ci mostra il crinale spoglio e sassoso come in un tipico paesaggio montano. Poco dopo aver superato la piccola Cappella dell’Avveduta, ignorando l’unico incrocio che troviamo, terremo la dx fino a superare i vasti piazzali della vecchia Cava Romano (coord. 43° 09’ 26,9’’N; 10° 56’ 49,5’’ E). Da qui cominceremo a scendere seguendo l’ampio sentiero n.10 delle Colline Metallifere e percorsi complessivamente poco più di 3,5 km dall’inizio, troveremo sulla sx la deviazione per il Poggio di Mutti, indicata anche da una cartellonistica dedicata al Parco Minerario. Durante la ripida salita, un pannello esplicativo ci porterà a visitare la grotta-miniera di Calcite nera, dove, muniti di torcia, potremmo anche scendere piuttosto agevolmente all’interno della cavità carsica, per renderci conto dell’attività estrattiva legata soprattutto alla ricerca di minerali contenenti rame e argento. (approf.) Qualche decina di metri più avanti raggiungeremo una delle cave di rosso ammonitico presenti della zona, con le tipiche stratificazioni della pietra con la quale è stato abbellito anche il Duomo di Siena e dove non è raro osservare interessanti fossilizzazioni di ammoniti. Risaliamo ancora l’ultimo tratto di crinale per poi scollinare e ridiscendere nel versante nord-est, costeggiando fitti ostrieti che caratterizzano un po’ tutta l’area delle Cornate. Giunti al crocevia, in fondo alla ciottolosa discesa, proseguiremo verso sx seguendo il sentiero n10. (Fare particolare attenzione poco più avanti, a un ulteriore sentiero a sx del percorso minerario, che noi dovremo ignorare). Arrivati in fondo, la carrareccia lascia posto ad un sentiero sassoso che solca il costone di roccia e lo percorreremo fino a scendere poco più avanti in una pianeggiante radura in mezzo agli alberi. Continueremo tenendo la dx, iniziando a scendere, passando accanto al podere di Frasseta, una grande costruzione in pietra, parzialmente ristrutturata, come i numerosi annessi nelle sue vicinanze. Da qui inizieremo a seguire un sentiero che in poco meno di 1km e mezzo raggiungerà il torrente Pavone, percorrendo in discesa una piccola carrareccia ciottolosa. Giunti al guado (altit. circa 400m), che non dovrebbe avere difficoltà, se non in caso di piogge abbondanti), il torrente ci offrirà un sorprendente scenario, con le sue acque limpide e la tipica vegetazione ripariale arricchita, fin dalla fine dell'inverno, da preziose fioriture di bucaneve, primule, violette e farfari. Una volta raggiunta l'altra riva, ci addentreremo nella straordinaria Macchia delle Cerrete, un bellissimo bosco costituito essenzialmente da cerri insolitamente alti, privi di sottobosco e scorriamo lungo il sentiero costeggiando il torrente Riardo affluente di sx del Pavone. Dopo 800/900 m. percorsi dal guado, inizieremo a salire lungo uno stretto sentiero fino alla carrareccia che ci porterà attraverso un vasto pendio incolto, alle rovine del podere Macchia al Fango (quota 538m). Da qui seguendo sempre il sentiero, volteremo verso dx, traversando in leggera discesa dei vasti pascoli contornati da boschi di cerro, da dove possiamo godere di ampie vedute verso nord sul poggio di Castelnuovo e verso est, sui rilievi delle Cornate. In fondo al grande incolto in discesa, dobbiamo fare attenzione sulla sx, al tracciato del nostro sentiero che si addentra nuovamente nel bosco (coord. 43° 09’ 19,5’’N; 10° 53’ 32,2’’E). Passeremo il Botro Ruggero per poi iniziare una ripida costante salita, attenuata solo dalla vista dello stupendo bosco di alto fusto che attraverseremo. Dopo aver percorso quasi 1 km dal guado del piccolo fosso, sempre in costante ed impegnativa salita, giungiamo in prossimità della statale SR 439 dove possiamo ristorarci nell’adiacente area picnic. Ripartendo da qui attraverseremo la strada asfaltata per riprendere di fronte il sentiero che ci condurrà verso la seconda parte del percorso. Qui il bosco lascia ben presto spazio a vasti castagneti, che celano via via delle vecchie costruzioni, una volta utilizzate come essiccatoi, oggi ristrutturate come residenze turistiche. In prossimità del podere Acqua Pazza, prima di proseguire la salita, noteremo dei castagni centenari ancora rigogliosi che costeggiano la costruzione e poco più avanti fiancheggeremo un frutteto abbandonato con tanto di laghetto, prima di arrivare all' altro podere (676m), da dove proseguiremo verso dx , per raggiungere la Buca di Paladino. Ci apparirà in questo punto, una grande costruzione ristrutturata, che è stata sede, come possiamo apprendere dalla grande targa lapidea, di luoghi di incontro e di preghiera. Accanto si possono notare i resti di una fornace probabilmente servita in passato, per la cottura di calce e mattoni. Proseguiamo, facendo attenzione a svoltare dopo poco a sx, per un breve tratto in discesa, fino a giungere all’ennesimo crocevia denominato Fosso della Fonte, dove continueremo verso dx per seguire il sentiero che in costante salita ci condurrà fino al Parco delle Biancane. L’ambiente a questo punto cambia radicalmente, il viottolo si fa più ciottoloso e i grandi castagni lasciano il posto ad una vegetazione inconsueta, dove i cespugli di rigogliose scope lasciano spazio a querce sughere secolari, che ci accompagneranno fino al grande anfiteatro delle Biancane. Immersi nel bagliore delle rocce decolorate dall’acido solfidrico, seguiamo i percorsi che attraversano il parco. L’ambiente è reso unico dalle straordinarie sfumature cromatiche del terreno fumante e dalle specie arboree che colonizzano questo habitat impossibile, come gli straordinari cespugli di brugo violaceo e bianco tra gli esuberanti bonsai di querce sughere pluricentenarie. Salendo ancora verso la parte alta del versante, dominiamo vasti panorami che ci fanno intravedere il mare, attraverso la distesa verde delle Colline Metallifere, oltre la sagoma imponente della torre refrigerante della vecchia centrale di Monterotondo. Superato il crinale del poggio, sempre seguendo il sentiero, troveremo l' indicazione per le fumarole e svoltando in quella direzione inizieremo a percorrere l’ultimo tratto del nostro viaggio, scendendo i piccoli e tortuosi sentieri nel bel mezzo del Parco Geotermico, sull versante che si affaccia nella Valle del Cornia. Anche qui l’ambiente, tra l’odore acre dello zolfo, tra le trincee di rocce fumanti, gli sbuffi di acqua, di fango e vapore, crea un’atmosfera veramente surreale. Le numerose fratture presenti nelle rocce permeabili silicee e carbonatiche, consentono al continuo flusso dei fluidi endogeni di raggiungere la superficie, dando luogo a spettacolari fenomemi geotemici, visibili su tutto il percorso. I getti di vapore sono costituiti per un'alta percentuale, pari a circa il 95 %, da vapore acqueo, mentre il restante 5% è formato da anidride carbonica e numerosi altri gas, come il metano, l'acido borico, l'azoto, l'acido solfidrico, con tracce di radon e molti altri. Mano a mano che scendiamo verso valle si incomincia a intravedere il paese di Sasso Pisano, che da questa prospettiva mette in evidenza la sua antica sagoma di raccolto borgo medievale. Ancora pochi passi tra le rocce dalle mille sfumature, che via via ci mostrano pennacchi di fumo e belle cristallizzazioni di zolfo, fino a raggiungere alla parte finale del nostro lungo percorso, che ci porterà al paese per una breve e interessante visita.(Approf.)
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