L'anello di Botticella |
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7.7 km, 04:00:59 |
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Galleria foto 13 immagini
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DESCRIZIONE Questo percorso, con i suoi 8 km di lunghezza e più di 400 mt di dislivello, può essere un itinerario adatto a compiersi in una mezza giornata, anche se assai impegnativo sia per il dislivello stesso, che per il continuo cambio di pendenza, dovuto al superamento dei numerosi piccoli e grandi impluvi. Poco dopo aver superato l’abitato di Libbiano, percorrendo la strada sterrata che conduce a Monterufoli, ci dirigiamo all’ingresso della grande riserva che un giorno fu proprietà della nobile famiglia Maffei di Volterra. Superato il cartellone che indica l’ingresso e il regolamento dell’oasi, incontriamo poco dopo il rudere del vecchio podere di Cerbaiola, dove grazie ad una grande interruzione della vegetazione, ci potremo affacciare da Est a Ovest, su panorami superbi. Dopo poche decine di metri, parcheggeremo la nostra auto in prossimità della catena di accesso alla Riserva, sulla sx.(43°15’44,9”N 10°47’57,6E ). Fino a questo punto, abbiamo percorso con l’auto circa 2,8 km dal paese di Libbiano. Approf. Da qui (quota 475 slm) partirà il nostro tragitto, che per la prima parte si snoderà nell’impluvio lungo la pendice nord del poggio di Grufoleto (464 mt) e quella sud di Monte Alto (499mt), fino a lambire con il sentiero il greto del torrente Trossa a quota 220 slm. La zona di Monterufoli, è stata sin da tempi remoti, fortemente legata e caratterizzata da una fervida attività mineraria e in particolare nella conca del Trossa e del suo affluente Linari, si trova il nucleo centrale dove più intensamente l’uomo si è prodigato a strappare alla terra i suoi preziosi minerali. Dal ben noto Calcedonio, al Rame e alla Lignite, che proprio lungo questi sentieri, mostrano ancora i segni della loro frenetica ricerca. Nella prima parte del percorso, passeremo nelle vicinanze della Miniera del Castagno, una delle più importanti per l’estrazione del rame, i cui resti rimanangono ancora gelosamente nascosti dalla folta vegetazione. Oltrepassata la catena di delimitazione, dopo circa 300 metri, dobbiamo fare attenzione sulla nostra sx all’imbocco del sentiero, che ci accompagnerà fino all’alveo del torrente Trossa. Svoltato a sx, si può subito notare ai margini del sentiero il rudere del vecchio edificio di Santa Barbara, sicuramente legato all’attività estrattiva, da dove continueremo il cammino nel grande bosco di lecci. Saremo accompagnati per un tratto da singolari tracce di muretti in pietra che poi svaniscono mano a mano che si scende. Il tratto, non si presenta difficile, ma occorrerà prestare ugualmente particolare attenzione, data la forte pendenza. L’impegno e lo sforzo, però saranno ben presto ripagati, perché dopo aver attraversato tratti di maestose leccete, alternate alle solite discutibili pinete impiantate, ci troveremo tra la vegetazione, nel mezzo alle due pendici scoscese, iniziando a intravedere il chiarore di due grandi frane di rocce serpentine. In questo punto il tracciato del sentiero, ha dovuto subire una variante, per aggirare un tratto franoso e proprio qui passeremo lungo uno spazio quasi scoperto dalla vegetazione, che ci darà la possibilità di spaziare sui verdi crinali che ci circondano. Le rocce stesse che stiamo attraversando ci mostrano in primavera, preziose e colorate fioriture tipiche del serpentino, che impreziosiscono con i loro colori l’aspro grigio delle pietre. Oltrepassata la gariga, ci troveremo di nuovo immersi nel verde, marciando ora in direzione Sud-Ovest verso il cuore del bosco di Grufoleto, per lo più costituito da alti cerri ed ombrosi lecci, che non lasciando spazio al consueto fitto sottobosco, creano un ambiente da favola, rilassante, pieno di colori e profumi. Scendiamo ancora di quota lungo il comodo sentiero, che ci porterebbe a lambire la sponda sx del Trossa. Noi invece, proseguiremo nel senso opposto continuando sul sentiero e risaliremo perciò in un tratto a margine del torrente, che in questo punto scorre parallelamente al nostro percorso, in direzione Sud-Sud-Ovest. Sicuramente questo, è uno dei tratti più belli e naturalistici del Trossa, caratterizzato da giganteschi massi, cumoli di trochi accatastati dalle piene, vortici d’acqua e singolari cascatelle, conosciuto e chiamato dai nostri vecchi, con nome di 'Grottamagna'. Risalendo nelle vicinanze dove il Trossa si arricchisce delle acque del Secolo, ci troveremo di fronte ad un crocevia del sentiero. Se scegliessimo di proseguire dritto e abbandonare il nostro sentiero per imboccarne un altro, oltrepassando il torrente Secolo, ci troveremo a proseguire nella Farneta; noi invece manterremmo la nostra dx, per continuare l’ anello, non prima però di aver scattato qualche foto da un piccolo affaccio in prossimità dell’incrocio. Arriviamo così in un ampio pianoro, ricoperto di “pungitopo” e sovrastato da un fitto e alto bosco di cerri, luogo ideale per buone raccolte di funghi autunnali. Usciti dalla cerreta, inizierà una lunga sequenza di innumerevoli mutamenti di ambienti e di vegetazione. Il continuo sali-scendi, che ci farà aggirare numerosi impluvi, mettendo a dura prova le gambe dell’escursionista più esperto. Continuando ancora in direzione Ovest, ci troveremo a lambire il tratto di Trossa, tra la confluenza del Secolo e quella del Linari e proprio in questo punto, tratti di bosco fitto, lasciano spazio alla tipica lussureggiante vegetazione ripariale. Poi, mano a mano che ci spingiamo verso l’interno, il bosco si alternerà con la Macchia mediterranea fino a che, saranno le rocce serpentine a prevalere su tutto l'ambiente, mostrandoci le loro speciali, preziose fioriture primaverili. Approf. Percorsi circa tre quarti dell’itinerario, sbuchiamo in un altro sentiero proveniente da sx (che risale dal Linari). Ovviamente noi manterremo la dx, continuando a risalire di quota. (coord: 43°14’53,1 N 10°47’ 50,5” E alt.291). Camminiamo ora in costante salita, in un area aperta lungo un vecchio sentiero ciottoloso, probabilmente servito un tempo alla laboriosa attività mineraria legata all'estrazione del rame e del calcedonio. Sulla nostra sx si intravede in basso la valle del Linari, conosciuta per la galleria e i numerosi ruderi di edifici minerari. L’edificio più grande, lo incontreremo ancora più avanti quasi alla sommità del Poggio di Grufoleto, che immaginiamo avesse potuto ospitare i locali di gestione amministrativa del complesso minerario di Botticella. Approf. Camminando ancora avanti, lasceremo il sentiero pietroso, per una meno entusiasmante “cessa tagliafuoco”, adeguata probabilmente sul vecchio tracciato della miniera. La percorriamo piacevolmente attratti dalle innumerevoli specie di piante tipiche delle ofioliti, che nel periodo primaverile ingentiliscono il paesaggio con la varietà dei lori colori. Proseguendo ancora, faremo particolare attenzione a individuare sulla nostra sx, la piccola strada che imbocchremo, abbandonando la cessa sassosa. Ancora qualche centinaio di metri di salita, fino a scorgere di nuovo il punto già percorso proprio all’inizio, che ci conferma di essere giunti al traguardo finale di questo variegato e interessante tragitto attraverso la storia e la natura superba di questa zona. |