DESCRIZIONE
MINIERA DEL CASTAGNO & LE PIEGHE GEOLOGICHE DEL TROSSA
IGM2
Anche questo itinerario, dedicato all’attività mineraria riguardante la Riserva di Monterufoli, ci ha portato a scoprirne il versante Est, che declina verso la selvaggia vallata del Trossa. Come punto di partenza abbiamo scelto la catena di Botticella, dove parcheggiata l’auto, è iniziato il nostro cammino. (Coord 43°15’44,2”N-10°47’58,2”E)
Compiuti i primi 300m, lungo la comoda strada sterrata in direzione Sud-Ovest, in corrispondenza di uno spazio più aperto poco dopo una delle solite pinete, dovremo fare molta attenzione per individuare, sulla nostra sx il segnavia di un sentiero che devia decisamente nel bosco. Abbandoniamo così l’ampia carrareccia, che già abbiamo percorso in un precedente itinerario. Appena entrati nella fitta lecceta non possiamo fare a meno di notare i numerosi e massicci ruderi di vecchi edifici serviti a supporto della fervida attività mineraria di questa zona. Seguiamo agevolmente i segna via, costeggiando all’inizio resti di muretti di pietra calcarea, che sembrano delineare una vecchia strada presumibilmente di servizio alla miniera stessa. Camminiamo ancora nella lecceta che ben presto lascia spazio ai soliti pini marittimi che, in leggera discesa, accompagneranno il nostro cammino in direzione Sud-Est.
Poco più avanti con una decisa deviazione di alcune centinaia di metri, senza il supporto di sentieri, o camminamenti visibili, si potranno raggiungere facendoci spazio in mezzo alla vegetazione, i resti della miniera del Castagno, che un tempo fu una delle più importanti per l’estrazione del rame nella zona di Monterufoli.
Oggi, ben celata dal folto della Macchia mediterranea, conserva ancora la maestosità della sua vecchia struttura, con i resti dei possenti muri di pietra e il grande pozzo di estrazione, ancora integro e profondo. E’ ancora ben visibile il solito edificio circolare, presente in tutte le miniere di questo tipo, dove il lavoro degli animali permetteva di sollevare il materiale estratto, azionando gli argani sorretti da grandi assi posizionati nelle mura adiacenti al pozzo. Presumibilmente la compattezza delle rocce di questa zona, giustificava l’escavazione di pozzi rettangolari, a differenza dei circolari, presenti dove i terreni risultavano essere più instabili e argillosi. Soddisfatti di poter finalmente osservare i resti questa miniera, tanto a lungo cercata, immaginiamo il fervido e duro lavoro di allora e con molta cautela ci aggiriamo intorno ai vecchi muri, fino alle grandi discariche seminascoste nel bosco sottostante.
Riguadagniamo tornando sui nostri passi, il sentiero ufficiale e continuiamo a scendere seguendo la segnaletica. Con un po’ di attenzione, in un punto dove il cammino si fa pianeggiante potremmo scorgere nel fitto della macchia alcune cerro sughere che torreggiano sulla ns dx.
Non è certo se la Cerrosughera sia un ibrido, tra ‘Quercus cerris’ e Quercus suber, come sostengono alcuni autori, o una specie rara e ridotta in sparute popolazioni. La curiosità, oltre al suo fusto suberoso, sono senz’altro le foglie ‘semi-sempreverdi’, che persistono verdi, sull’albero durante tutto l’inverno, per rinnovarsi durante la primavera. Comunque è una specie protetta!
Dopo poco invece sulla sx, tra le fronde della vegetazione che tende a diradarsi, intravediamo la profonda gola dell’impluvio del fosso di Santa Barbara sovrastato dalle imponenti e spettacolari ‘’Grotte Correntine’’, legate ad antiche leggente raccontate dagli anziani.
Pochi metri più avanti dovremo fare attenzione ad una improvvisa deviazione verso dx, che è stata realizzata per ovviare al grande movimento franoso che ha interessato il sentiero originale. (Coord. 43°15’28”N-10°48’14,4”E). Questo breve tratto ci impegnerà fisicamente in maniera rilevante e impegnativa a causa della forte pendenza e l’asperità del terreno. Risaliremo il pendio che si fa largo tra gli alberi fino a sbucare in un’ampia gariga rocciosa che finalmente ci permette grandi vedute.
Ristorati e soddisfatti dagli ampi panorami, continuiamo il cammino lungo il sentiero discendendo un tratto di percorso ancora impegnativo, che si snoda tra le piccole piante di ginepro rosso ed arbusti di essenze mediterranee.
Giunti al fine della discesa ci introduciamo di nuovo dentro un bosco alto, composto da belle piante di cerro, sotto le quali un nutrito gruppo di ungulati ha evidentemente l’abitudine di transitare e ‘insogliarsi’ nelle ampie pozzanghere. Superato il piccolo rivolo di acqua iniziamo lentamente a risalire lungo il tracciato che di lì a poco incontrerà la confluenza sulla dx di un vecchio sentiero oggi abbandonato. Poco più avanti invece scenderemo di nuovo e in prossimità di un grande esemplare di ginepro (Coord.45°15’18,2”N.-10°48’28,7”E), interrompiamo brevemente il nostro cammino ed approfittiamo per gustarci l’affaccio dal poggetto, oltre il ginepro.
Ripartiremo poi lungo il cammino scendendo in maniera decisa guidati dai segnavia, fino ad incontrare dopo alcune centinaia di metri un punto in cui il percorso si fa pianeggiante e che, con probabilità potrebbe essere il luogo dove un tempo si trovava la Fonte di Grufoleto. Ce lo fanno intuire i piccoli rivoli sorgivi e il terreno paludoso, che rendono l’ambiente particolarmente umido e ricco di vegetazione. Andiamo ancora avanti fin quando il rumoreggiare delle acque, ci avverte di essere vicini al letto del Trossa (Coord.43°15’19,5”N-10°48’48,7”E) e nel punto in cui il sentiero si accosta di più al torrente, lo abbandoneremo attraversando per tracce una trentina di metri di bosco, per portarci fino alla riva.
Raggiunto l’alveo, ovviamente se la portata dell’acqua ce lo consentirà, continueremo l’itinerario discendendo il Trossa, che in questo punto si presenta percorribile senza grandi difficoltà.
Discesi i primi 200m, con un po’ di attenzione individueremo sulla sx idrografica, la confluenza di un piccolo botro e con una breve deviazione, potremmo individuare e raggiungere l’ingresso della lunga galleria della miniera del Castagno. (Coord.43°15’25,2”N-10°48’48,3”E)
L’ingresso della galleria si mostra ancora ben conservato rivelandoci la sua parte iniziale completamente realizzata in muratura, ma purtroppo un discreto livello d’ acqua che fuori esce, impedisce di inoltrarci al suo interno. Si dice che questa galleria raggiungesse i 900metri, per andare a intercettare il pozzo principale della miniera del Castagno. Queste importanti opere minerarie non venivano realizzate solo con lo scopo di drenare le acque di formazione incontrate durante gli scavi dei pozzi, ma anche per raggiungere altre diramazioni ed altri livelli per la ricerca del minerale.
Torniamo sui nostri passi fino a raggiungere di nuovo l’alveo del Trossa e continuiamo piacevolmente a discenderlo cercando ogni volta il punto più congeniale per attraversarlo. Dopo aver percorso alcune centinaia di metri lo scenario della stretta valle davanti a noi, muta rapidamente ed i ripidi crinali ricoperti di florida vegetazione lasciano spazio ad ampie e franose pendici di roccia serpentina che disegnano un ambiente di raro fascino e inconsueta bellezza. Il cangiare dei colori delle rocce ofiolitiche che si rispecchiano nelle acque cristalline del torrente, creano intorno uno scenario davvero particolare. Mano a mano che scendiamo, possiamo anche osservare la caratteristica vegetazione ripariale particolarmente ricca di ontani rigogliosi, talvolta tanto vicini all’acqua, che le loro possenti radici vengono intrecciate e contorte dallo scorrere delle piene, da sembrare vere e proprie sculture. Ci avviciniamo così ad una delle zone ritenute geologicamente molto interessante, dove sulle rive e attraverso il fiume si mostrano delle pieghe e delle formazioni particolari delle rocce che catturano la nostra attenzione.
Ci lasciamo affascinare dagli effetti delle flessioni e degli incurvamenti, subiti dagli strati di queste rocce sedimentarie, che hanno portato alla formazione di grandi pieghe geologiche, che a volte costeggiano il fiume e talvolta lo attraversano in più punti, creando un susseguirsi di forme bizzarre, che continuano a sorprenderci durante la discesa.
A questo punto del tragitto continuando ad osservare con interesse le fantasiose forme delle rocce, individueremo sulla sx idrografica l’inizio di un nuovo sentiero (43°15’39,2”N-10°49’15,4”E) il quale in costante salita, da quota 173m, ci condurrà alla sommità di Monte Alto (quota 502). Se vogliamo cogliere l’occasione per una breve pausa, prima di iniziare la risalita, possiamo dilungarci ancora qualche per centinaio di metri più a valle per osservare quella che consideriamo la piega geologica più grande ed interessante, posta trasversalmente nel letto del torrente, proprio nel punto in cui arriva un altro sentiero proveniente dal podere di Monna.
Abbandonato definitivamente l’alveo del Trossa, iniziamo a risalire il sentiero da noi chiamato ‘’Viottolo del Ghiro’’, dopo che diversi anni fa, trovammo nel bel mezzo del camminamento, un piccolo ghiro morto. Il primo tratto, molto scosceso, attraversa una vegetazione abbastanza bassa ed aperta che ci permette spesso di sconfinare con la vista sui bei panorami che ci circondano.
A poco meno della metà della salita (Coord.43°15’44,2”N-10°48’53,2”E,) in un punto in cui il tracciato diventa più pianeggiante, incontriamo di nuovo diversi esemplari di Cerro-sughera, proprio accanto al nostro sentiero. Continuiamo la marcia fino a trovare, dopo circa 450metri il luogo dove una volta si trovava la sorgente detta ‘Fonte Acqua Calda’, (Coord.43°15’49,3”N-10°48’37,9”E) di cui oggi purtroppo ne rimane soltanto un piccolo rivolo poco meno che tiepido. Seguiamo ancora il sentiero nell’ultima parte che inizia pian piano ad uscire dal folto del bosco, fino ad aprirsi poco più in alto, in ampie vedute in direzione Nord-Ovest, raggiungendo a breve la strada bianca di Libbiano. In questo punto anziché scegliere il comodo cammino stradale, optiamo per una piccola deviazione che ci concederà ancora qualche punto di interesse.
Poco prima della strada bianca dovremmo individuare sulla nostra sx, le tracce di un camminamento, non più segnato ufficialmente, che facendosi largo tra vecchi pini caduti, ci condurrà in breve tempo in un’ampia e brulla gariga, dove sarà evidente il cammino da seguire per raggiungere la sommità di Monte Alto (quota 502m).
Qui ci concederemo un’ulteriore e meritata sosta cercando di riassumere, scrutando tra le vedute a 360°, il percorso fatto. Ripartendo dalla sommità, cammineremo ancora per tracce, per circa 150 metri in direzione Ovest, entrando di nuovo nel bosco dove troveremo gli interessanti resti di una vecchia porcareccia e poco lontano (Coord43°15’54”N-10°48’14”E), seminascosta tra la vegetazione di pini e lecci, si mostrerà ancora ben conservata la sagoma di un grande peschiera, servita un tempo agli abitanti del vicino podere di Cerbaiola.
Con pochi passi ancora, a questo punto raggiungiamo la strada bianca e ci incamminiamo verso sx per l’ultimissimo tratto del nostro viaggio. Dopo aver lambito i vecchi ruderi di Cerbaiola, ci avvicineremo alla catena di Botticella da dove ha avuto inizio il nostro avvincente cammino che ci ha portato a scoprire tante curiosità naturalistiche, geologiche e tanti interessanti aspetti legati all’attività mineraria, che un tempo ha reso ricca tutta questa zona.
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