Dalla Badia Camaldolese alle Balze
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7.9 km, 04:52:19 |
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DESCRIZIONE (disegni di Marcella)
Dalla Badia Camaldolese alle Balze
Una serata tra storia, arte e natura
Questo nuovo percorso serale, che ci porta nella periferia della misteriosa città etrusca, prevede la partenza nei pressi di Porta Diana. Ci farà attraversare una vallata della campagna volterrana, sorprendentemente verde e ricca di acqua, fino a sbucare successivamente al Masso di Mandringa, per proseguire verso la Badia Camaldolese e infine aspettare il tramonto tra i suggestivi panorami delle Balze e dei Calanchi. Dato che questa volta il nostro itinerario, non prevede il rituale anello, ci permetterà nei tratti già percorsi all’andata, di apprezzare maggiormente e sotto una luce diversa, le innumerevoli bellezze naturalistiche, paesaggistiche e storiche di cui questa escursione, è particolarmente ricca. Lasceremo l’auto nei pressi del parcheggio del Cimitero di Volterra e da lì ci incammineremo sulla strada fino ad attraversare la storica Porta Diana.
Dopo circa cento metri, lasceremo la strada principale e volteremo a dx su una scorciatoia in discesa che costeggia bei poderi ristrutturati. Dopo essere ritornati sulla strada principale, dove al margine si possono notare resti di alcune tombe etrusche, si svolta verso la successiva strada bianca che sulla sx si apre verso la valle (coord43°24’46”N 10°51’50,5”E). Ci introduciamo in una zona sorprendentemente verde, ricca di piccoli ruscelli e sorgenti d’acqua, tanto preziosi per la coltivazione dei floridi orti, che in passato erano la ricchezza e il rifornimento di verdure, ortaggi e frutta per tutta la cittadina di Volterra. Proseguiamo ancora verso sx, fino a superare l’ingresso del bel casale ‘Valle di Sotto’ meravigliati dall’abbondanza di alberi da frutto presenti in tutta la zona, che riversano i loro rami carichi fino sui bordi della via che stiamo percorrendo. Poco dopo arriviamo in prossimità di ‘Molino Secondo’ un altro antico podere ristrutturato. Lo superiamo e lasciamo la stradina bianca in discesa, per spostarci decisamente a sx, in salita fino a intravedere un’altra struttura semiabbandonata, ma circondata ancora da orti. Da qui con un po’ di attenzione, dopo aver oltrepassato un argine piuttosto ripido, imboccheremo un piccolo viottolo in salita tra il campo e il bosco, appena visibile tra la vegetazione e delineato dallo scorrere di un rigagnolo d’acqua. Tentati dalla vista delle enormi more mature pendenti dai rami al nostro passaggio, non possiamo fare a meno di gustarne qualcuna, mentre proseguiamo sempre salendo, fino a ritrovare la stradina bianca che, girando sulla dx, ci porta a lambire un agglomerato di grandi costruzioni ben ristrutturate, chiamato ‘Docciarello’. Attraverseremo la strada regionale per l’immancabile visita all’antica sorgente, che si trova proprio sotto al masso, ritenuta in passato una delle migliori fonti di Volterra. Dopo le immancabili foto, proseguiremo per pochi metri sul ciglio della strada regionale, quindi seguiremo l’indicazione del ‘Campeggio delle Balze’ e volteremo in salita sulla dx. Lambendo l’ingresso del campeggio continuiamo avanti fino a trovarci nei pressi di un piazzale, da dove ci porteremo ancora a dx e costeggiando il recinto potremo già ammirare il superbo panorama che si apre sulle Balze e sui tipici calanchi.
Finita l’interessante visita, riprenderemo la strada già percorsa all’andata per raggiungere di nuovo il piazzale antistante il campeggio, da dove proseguiremo in direzione ovest, per raggiungere la zona panoramica che ci mostrerà in tutta la sua ampiezza il fenomeno franoso delle balze. Scenderemo quindi in una piccola strada asfalta al limitare del borgo di San Giusto, che si affaccia sugli stupendi panorami che ci mostrano il profilo delle vette dei monti della Corsica, quelle dell’Appennino, con le aguzze Apuane che scendono fino al mare.
Incamminandoci lungo la salita del ritorno, ci guiderà in lontananza il panorama del borgo di San Giusto e sulla nostra dx interminabili colline di creta e olivete che sembrano scivolare giù nelle ripide vallate. Quando ormai la luce del tramonto fa rosseggiare ogni cosa, decidiamo di consumare il nostro spuntino in questo ambiente suggestivo, per proseguire subito dopo, alla scoperta del borgo di San Giusto. Seguiremo lo stesso cammino percorso all’andata fino ad incontrare sulla nostra dx, la scalinata di Porta Menseri, (Coord. 43°24’40,5”N 10°50’57”E) che ci porterà fino all’interno del borgo.
Entriamo all’interno dei ‘Borghi’(così come popolarmente è chiamata la contrada di San Giusto), costeggiando le caratteristiche strutture di antiche case medievali, con le botteghe artigiane degli alabastrai che richiamano i vecchi mestieri degli etruschi. Nel cuore del borgo è ancora presente la storica trattoria ‘Lo Sgherro’, che ha costituito durante il periodo fascista, il punto di riferimento e di ritrovo dei partigiani e dei ‘sovversivi’ al regime; con la testimonianza dello scrittore Carlo Cassola che l’ha voluta raccontare nel suo famoso romanzo ‘Fausto e Anna’. Continuiamo da qui il nostro viaggio, portandoci fino davanti al vasto prato che delimita la mole della Chiesa di San Giusto, che nel buio della notte ci appare ancor più maestosa e misteriosa.
La nuova chiesa in parte ricostruita con alcune delle pietre e degli elementi architettonici provenienti da quella distrutta, venne consacrata solennemente il 5 giugno 1775 dal vescovo di Volterra Alessandro Galletti. Al suo interno oltre all’altare maggiore, che custodisce le reliquie dei santi patroni, si trovano altri 8 altari laterali arricchiti di pregevoli opere di Cosimo Daddi, Baldassarre Franceschini, Niccolò Cercignani, Pietro e Cesare Dandini ed altri. Sull’arco corrispondente alla terza cappella è visibile una specie di foro, detto ‘Gnomone’ (ideato dal matematico volterrano Giovanni Inghirami nel 1801), che lascia al raggio di luce filtrante, la possibilità di segnare le ore sulla meridiana incisa sul pavimento. Dietro l’altare maggiore è conservato un frammento di un’ epigrafe lapidea proveniente dalla vecchia chiesa che attesta un importante documento scritto in caratteri longobardi. In onore dei santi Giusto e Clemente, vengono rievocate tutt’oggi antiche cerimonie le cui origini si perdono in tempi lontani negli anni intorno al 1700. Tra queste la festa dei ‘Ceri’, vere e proprie macchine a forma di piramide, interamente ricoperte di cera disegnata nelle forme più fantasiose. Venivano preparate in onore dei santi, dai contradaioli del borgo, che si sfidavano nella gara del ‘cero’ più bello. Ancor più originale era la tradizione dell’ ‘Avvinta’, che consisteva nel circondare esternamente tutto il perimetro della basilica dei santi e tutti gli altari dell’interno, con una cordicella chiamata ‘accia’, completamente intrisa di cera liquida. La corda veniva lasciata intorno alla chiesa, per un periodo che andava dall’Ascensione fino alla domenica della SS.Trinità. Una volta recuperata era tagliata in piccoli pezzi e distribuita alle famiglie del borgo, per benedizione.>>> Nel silenzio e nel fresco della sera, dopo la breve visita che ci ha portato intorno alle strutture della chiesa e delle sue grandi colonne, decidiamo un po’ a malincuore, di terminare il nostro viaggio. Ritorniamo al piazzale vicino al campeggio, al limite della borgata San Giusto, dove ci aspetta una delle auto che ci riporterà verso casa, soddisfatti però di aver respirato un po’ di storia, di arte e di natura che ci ha saputo donare l’antica, etrusca Volterra. |