In cammino verso il Cecina |
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un'alba insolita e diversa |
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19.5 km, 07:02:58 |
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Galleria foto 38 immagini
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DESCRIZIONE Una coinvolgente passeggiata che ci porta attraverso la nostra bella campagna, fino al Masso delle Fanciulle, meta principale di questo viaggio, per scoprire ed apprezzare le risorse naturali, paesaggistiche, ambientali che costituiscono una vera ricchezza per la nostra Val di Cecina. Con l'arrivo dell'estate e delle belle giornate, una gita fino al Masso delle Fanciulle è sempre stata la classica meta, apprezzata da tutti i nostri compaesani. Ultimamente però dobbiamo constatare, forse con un po' di rammarico, quanto questo luogo così speciale, sia divenuto punto di arrivo anche per molti...forse troppi... turisti, provenienti da ogni dove e, spesso con comportamenti non consoni a questo ambiente, ma dannosi per la tutela del vulnerabile ecosistema del nostro fiume. Noi, convinti promotori del camminare lento e consapevole, quest'anno abbiamo voluto provare questa esperienza nuova, nella speranza che possa essere imitata e apprezzata come un modo diverso e piacevole per visitare i nostri luoghi più simbolici. La sfida è stata l'idea di partire da Pomarance all'alba, per poter raggiungere lentamente il famoso Masso delle Fanciulle e goderne l'esclusiva solitudine e l'atmosfera delle prime ore del mattino; quindi ritornare verso il paese attraversando le variopinte campagne, in direzione della vecchia villa di Sant'Ottavia e della strada del Palagetto, per guadagnare di nuovo l'arrivo al paese attraversandone il cuore storico del Marzocco. In questo modo, in quasi 20 km di lunghezza, abbiamo potuto gustare uno straordinario anello di autentica bellezza da assaporare pian piano ad ogni passo. Abbiamo scelto di partire alle 5,30 del mattino, appena in tempo per scorgere i primi bagliori dell'alba estiva, iniziando il nostro cammino nei pressi del posteggio del Cimitero comunale (Coord. 43°18’18,1”N 10°52’12,6”E), dove le sconfinate vedute verso la vallata del Cecina, già ci danno un'idea della nostra impresa. Costeggiando il piccolo rilievo del 'Poggio alle Forche', anticamento chiamato 'Monte Orso', ci siamo incamminati a passo spedito, lungo la strada delle Macie, l'antica via Volterrana che in ripida discesa si snoda tra la campagna, mostrandoci fin da subito gli incantevoli panorami. Sulla nostra sx in lontananza, oltre la vallata del Trossa, possiamo scorgere gli arroccati borghi di Libbiano e Micciano, seguiti dall'acuto ed inconfondibile profilo del monte Aneo, ancora avvolti dalla leggera foschia che precede l'alba. Continuiamo, attraverso ordinati coltivi ed invitanti agriturismi, finché sulla nostra dx, dopo aver percorso appena un chilometro ad attrarre la nostra attenzione sarà un curioso cartello di legno che ci indica quel che rimane del famoso ''Masso di San Giusto'' e delle sue leggende (Coord. 43°18’49,9”N 10°51’59,7”E). Approf. Scendiamo ancora confortati dalla fresca brezza del mattino, attraverso scorci di campagna che a poco a poco si stanno illuminando con la calda luce del sole che sta comparendo dietro il massiccio profilo del Berignone. Ci gustiamo in silenzio, questo momento magico, mentre un alone rossastro sta illuminando ogni cosa, nascondendo le vallate con pennacchi di foschia. Poco più avanti sulla sx, ci appare Volterra ancora parzialmente illuminata dalle luci della notte e a seguire, il profilo frastagliato delle Apuane, mentre dalla parte opposta si inizia a intravedere in lontananza l'inconfondibile mole della Rocca Sillana. Proseguiamo lentamente il nostro cammino, in un paesaggio che ci incanta per la sua tranquillità, tra le morbide colline rotondeggianti, intervallate da boschetti, grandi querce plurisecolari e le immancabili case coloniche di 200 anni fa, spesso trasformate in accoglienti agriturismi. Dopo aver percorso poco più di 3 chilometri, ci immettiamo lungo la strada pianeggiante proveniente dalla regionale, che imboccheremo verso dx in direzione est. Da questo punto la ripida discesa, lascia spazio alla vasta pianura dove i giochi delle luci mattutine ci regalano superbe vedute sui campi di foraggio appena mietuti. Superate le prime case coloniche e le curiose file di gelsi secolari, ci accoglierà la straordinaria vista delle distese di girasoli che con il loro giallo intenso sembrano illuminare tutta la pianura. I gelsi che si vedono ripetutamente in filari a lato della strada, sono gli antichi testimoni dell'allevamento del baco da seta. Sembra che il prezioso baco sia stato introdotto in Europa, nel VI° sec. d.C. da 2 monaci dell'ordine di S.Basilio, che lo trasportarono dalla Cina, nascosto all'interno dei loro bastoni. Intorno all'XI° secolo anche in Italia si sviluppò notevolmente la sericultura e dal XVI° al XVIII° ebbe un importante incremento anche in Toscana, soprattutto nella Valdichiana, in Lucchesia, nel Fiorentino e nella Valdicecina. Praticata come 'industria casalinga', spesso era legata alla famiglia del podere o della zona dove veniva svolta, a cui assicurava anche consistenti guadagni. Da qui a breve incontriamo un ulteriore incrocio detto 'Lebbino', presso il quale terremo la direzione sud-sudovest e dopo aver oltrepassato alcuni grandi pioppi bianchi, ci troveremo di fronte ad una solitaria pianta di quercia, conosciuta dai vecchi come la 'Quercia del Comando' . La secolare 'Quercia del comando', silenzioso emblema dei tristi avvenimenti dell'ultimo conflitto mondiale, ospitò nel 1942 le baracche-dormitorio dei marinai della Regia Marina di La Spezia, vigili di ben 27 depositi di esplosivi, proiettili e armi, facenti parte della grande 'Polveriera di Saline di Volterra'. I depositi, ampliati nel 1943, erano dislocati lungo la piana del Cecina, nel tratto che dal ponte di Ferro andava oltre il Guado del Possera, ritenuto luogo di grande importanza strategica, difficilmente individuabile. Ma qualche mese dopo la caduta del regime fascista, a seguito della ingarbugliata situazione dell' ''8 settembre'', alcuni dei marinai di guardia alla 'Querce del Comando', fuggirono abbandonando la polveriera, che fu presa in consegna dalla milizia repubblichina, sotto il controllo diretto dei tedeschi. Con un mirato, inaspettato attacco aereo delle forze anglo-americane il 14aprile del '44, tutte le baracche della polveriera vennero distrutte tra le fiamme e le violentissime esplosioni che avvolsero di paura l'intera vallata del Cecina, fino al paese di Pomarance. Camminiamo spediti lungo la strada asfaltata, fino a oltrepassare l'arido guado del Possera, ormai desolatamente in secca. Poco dopo lambiamo la vecchia struttura del ponte pedonale che attraversava il torrente, per raggiungere in poche centinaia di metri ancora, i locali dell'acquedotto. Da questo punto la nostra meta si fa sempre più vicina e mentre percorriamo la sterrata che ci porta al fiume abbiamo modo di notare che la tipica vegetazione ripariale prende ormai il sopravvento su tutte le altre specie. Con pochi passi giungiamo al guado del Cecina (Coord. 43°18’34,4”N10°55’24,9”E) e data la scarsità di acqua che sta scorrendo, non dobbiamo nemmeno toglierci le scarpe, ma sarà sufficiente sfruttare i sassi affioranti più grandi per attraversare agevolmente il ''Passo del Mulino'', come un tempo veniva chiamato dai vecchi Pomarancini. Raggiunta l'altra riva del fiume, continueremo sulla stradina che costeggia degli estesi coltivi pianeggianti, delimitati da floride ''prode'' alberate, fino a raggiungere la vecchia catena che delimita l'ingresso della Riserva Naturale di Berignone. Troveremo un grande cartellone esplicativo, posto a lato della strada che ci darà l'idea dell'estensione di questa famigerata foresta. Oltrepassata una grande siepe di rovi e prugnoli, ci troveremo al margine di un vasto campo, detto una volta 'Piano di Casinieri', dove venivano coltivati 'cocomeri e poponi'. Di fronte, una piccola costruzione di mattoni, sotto alcune ombrose querce ci indica il giusto cammino verso il fiume, che da lì a poco sarà inghiottito nell'oscurità di un fitto tunnel di bosco. Mancano ormai pochi passi per raggiungere la nostra meta e già sentiamo in lontananza i flebili rumori dell'acqua e quando la luce ritorna a filtrare dal fitto del bosco, improvvisamente ci troviamo sul greto del fiume. Davanti a noi, ad aspettarci nella quiete assoluta del primo mattino, l'inconfondibile sagoma del grande Masso delle Fanciulle, conosciuto anche per le sue leggende. (Coord: 43°18’16,1”N 10°56’04,9”E) A completare questo quadro di rara bellezza è il piccolo tonfo sottostante, con le sue acque profonde e cristalline, da cui affiora una grande roccia. E' il momento ora, di concederci una lunga pausa, non solo per riposare e ristorarci, ma per approfittare della straordinaria quiete che regna in queste ore di primo mattino. Ci gustiamo questo luogo incantato coinvolti dal suo silenzio, lasciandoci cullare dal frusciare dell'acqua brulicante di piccoli pesci. Quasi senza accorgersene, assorti nella nostra meditazione, il tempo sta volando via e purtroppo dobbiamo rimetterci in cammino. Ma questa volta decidiamo di farlo in maniera ancora più piacevole e percorrendo tutta la via del ritorno fino al Passo del Mulino, cammineremo lungo il greto del fiume, ristorati dalla freschezza delle sue acque. Ad ogni passo una nuova curiosità attira la nostra attenzione e andando lentamente avremo modo di scorgere piccoli granchi che al nostro passaggio corrono a rintanarsi sotto i sassi e branchi di pesciolini che si lasciano trasportare dalla corrente. La florida vegetazione arriva a sfiorare la riva e tra gli ontani e i salici, spicca il colore violaceo delle salcerella in piena fioritura. Lambiremo curiosi massi appiattiti, popolarmente detti 'Canaluzzi', modellati e solcati come vasche, dall'eterno passaggio del fiume, fino a trovare a circa 300 metri più a valle, un angolo molto suggestivo, detto 'Masso delle Lastre'. Qui un profondo pozzo d'acqua cristallina, si allunga tra una piccola spiaggia sabbiosa e alti lastroni di roccia a picco, che sicuramente ne hanno ispirato il nome. Soffermati un attimo, per gustarci un altro posto speciale, abbiamo avuto anche la fortuna di veder volar via un coloratissimo martin pescatore! Riprendiamo il cammino tra i ciottoli rotondeggianti, fino a intravedere sulla sponda dx, un misuratore di portata, con la sua struttura curiosa a forma di lampione e da questo punto il nostro Cecina si fa talmente piatto e largo, che lo abbiamo soprannominato ''il piccolo Po''. Da qui, in breve tempo raggiungiamo di nuovo il Passo del Mulino; seduti sulla riva ci cambiamo velocemente le scarpe utilizzate per la passeggiata nel fiume e a malincuore abbandoneremo questo ambiente così speciale, per compiere la seconda parte del tragitto. Riprendiamo di nuovo a camminare, tornando sulla stessa strada dell'andata per circa 2 chilometri mentre gli sterminati campi di girasoli, sono illuminati ora da una luce più intensa che ne ravviva i colori. Dopo il lungo rettilineo raggiungeremo il punto in cui una piccola strada di terra battuta devia sulla sx nel mezzo ai campi (Coord.43°19’00,6”N 10°54’00.9”E) e compiuti pochi passi prima che il tracciato inizi a salire la strada si divide in due. Noi imboccheremo verso dx, nei pressi del rudere di un vecchio annesso agricolo, chiamato 'Capanno del Nori', iniziando rapidamente a salire lungo la costa argillosa di un campo coltivato. Dalla parte opposta saremo subito attratti dalla sagoma di un pino e di un cipresso secolari, che proprio al centro di un'arida collinetta sembrano abbracciarsi per non scivolare via. Ancora qualche decina di metri per guadagnare la sommità della salita, ci troveremo sulla nostra dx, nei pressi di un arrugginito cancello metallico che delimita la proprietà della vecchia Villa di Sant'Ottavia. Approf. Lo sorpassiamo agevolmente per qualche metro e a debita distanza, ci concediamo una ''sbirciatina'' al pericolante edificio, che malgrado le condizioni precarie, sfoggia ancor oggi un singolare e misterioso fascino d’altri tempi. Continuiamo ora la nostra marcia di ritorno in direzione Sud-Sudovest lungo il viale di pini e cipressi secolari che portava alla villa. Sulla dx non si potrà fare a meno di osservare e fotografare le belle vedute sulla tipica campagna pomarancina, i suoi poggi rotondeggianti e gli immancabili filari di cipressi. Ancora qualche passo e raggiungeremo la strada comunale del 'Palagetto', che imboccheremo svoltando a sx. Dopo appena 300 m., in fondo a un viale di cipressi secolari, intravediamo la sagoma di un altro imponente edificio di altri tempi. La Fattoria del Palagetto, grande dimora dall'architettura sobria e solenne, già descritta nel Catasto Leopoldino, appartenuta a fine '800 alla famiglia del deputato francese D'Aulan, comproprietario di alcune fabbriche di Larderello. Tra gli ospiti illustri che frequentavano la villa, si trovavano i 'De Larderel e il Tabarrini. Il toponimo 'Palagetto', molto usato in Toscana, proviene da una parola del tardo latino, che significa 'piccolo palazzo'. Proseguiamo ancora sfruttando la preziosa ombra dei cipressi che contornano la via, che ci lasciano intravedere il profilo del nostro paese, mentre il caldo e la salita iniziano a rallentare il nostro passo. Dopo aver camminato complessivamente 1 chilometro e mezzo dall’imbocco della strada asfaltata, incontreremo sulla dx uno sgangherato magazzino agricolo, e da lì a breve, un incrocio che interromperà la nostra salita (Coord.43°17’52,8”N 10°53’22,7”E ) Deviamo in direzione SO, passando a fianco di alcune abitazioni rurali e dopo una ardita discesa, attraverseremo il piccolo botro dell'Arbiaia, iniziando di nuovo a risalire. Proseguiremo lungo quello che appare uno stretto camminamento utilizzato dai cacciatori, che a tratti lascia intravedere, flebili tracce di un antico selciato. Come riportato anche sul 'Catasto Leopoldino', un tempo questo stradello veniva chiamato 'Viottolo di Sbindo' che dal torrente Arbiaja risaliva fino sotto alle grotte, per andare a congiungere le sorgenti e le antiche concerie della 'Concina' e della 'Concia'. Di nuovo in decisa salita, scorgiamo sopra di noi il suggestivo affaccio delle 'Grotte', dove anticamente sorgeva la parte terminale del paese detta 'I Casalini', inghiottita in tempi diversi da un movimento franoso. Ancora un piccolo sforzo e sempre in salita, conquistiamo l’ultimo tratto di strada che ci farà sbucare accanto all’attuale caserma dei carabinieri, lambendo i ruderi di un antico torrione di avvistamento. Da qui il cammino si farà ora più piacevole e rilassante, approfittando dell'ombra dei vecchi palazzi, mentre attraversiamo il cuore storico del paese. Passeremo prima sotto la porta Orciolina, fino a raggiungere la piccola piazza Cavour da cui, con una brevissima deviazione, attraverso la Galleria Santucci, raggiungeremo i ruderi della 'Casa del Barbarossa'. Ci affacceremo da qui, sul vasto panorama che si apre sulla vallata del Cecina e che ci dà un’immagine del nostro viaggio. Continuiamo l'ultimo tratto del ritorno oltrepassando la porta a Casolle, che con un breve sdrucciolo ci immette in prossimità del Piazzone. Questo vasto spazio sotto le antiche mura del paese veniva anticamente utilizzato per la mostra e il mercato del bestiame, fino a diventare ai primi del 1900, il campo sportivo per la nascente squadra di calcio del 'Pomarance'. Oggi è riservato per incontri culturali e soprattutto per le rappresentazioni teatrali del 'Palio delle Contrade'. Ignorando una carrareccia sulla nostra dx, seguiremo la stradina asfaltata che parzialmente lambisce il perimetro del Piazzone e che ci accompagnerà all'antica 'Fonte di Cannerj'. Poco prima di svoltare verso la fonte, sulla sx, dobbiamo fare attenzione all’imbocco del piccolo sentiero che inoltrandosi nella vegetazione, ci porterà di nuovo verso il paese. La 'Fonte di Cannerj conosciuta anche come 'Fonte del Comune', fu utilizzata come lavatoio pubblico fino agli anni '60. E' alimentata da un'abbondante sorgente che tramite un'antica canalizzazione, porta ancora acqua a un abbeveratoio e un grande lavatoio. La struttura si apre con due grandi arcate che conservano nella parte centrale resti di uno stemma raffigurante un rastrello e un'epigrafe datata 1333 con una croce di pietra scolpita. Sulla parte che sovrasta gli archi, si trovava un piccolo oratorio dedicato a S.Antonio, come testimonia l'epigrafe datata 1615. Dopo l'interessante visita, risaliamo il vecchio selciato per proseguire sul piccolo viottolo, (ora sulla nostra dx, già notato poco prima Coord.43°18’02,2”N 10°52’29,8”E), che ci condurrà al paese. Tra l'ombra delle piante, passeremo accanto ad alcuni vecchi pollai, fino a raggiungere il centro del paese, in prossimità della moderna struttura dell’ambulatorio e delle poste. Percorrendo la strada che passa dietro a questi due edifici, raggiungeremo in breve tempo il Parco della Rimembranza per arrivare in circa 200m di metri, al luogo di partenza. Compiaciuti e soddisfatti per la nostra 'impresa', potremo ora gettare lo sguardo verso l'ampio panorama della vallata. Da qui possiamo verificare gran parte del bellissimo tragitto percorso, sperando che possa diventare una piacevole occasione per avvicinare le persone a raggiungere il Cecina in maniera diversa, per poterne difendere e tutelare la sua natura selvaggia. Ribadendo la nostra convinzione che certi luoghi debbano essere e restare fruibili a chiunque, siamo anche consapevoli che per la tutela e la loro salvaguardia è necessario l’impegno e la determinazione da parte di tutti!!! |