Sulle tracce dei Cavalleggeri
|
||
9.6 km, 05:15:15 |
||
Galleria foto 19 immagini
|
||
DESCRIZIONE Dal Golfo di Baratti alla Buca delle Fate Svanita anche l’ultima ondata di canicola estiva, non appena l’aria si è fatta di nuovo respirabile e il dolce clima di settembre ha mitigato le giornate, abbiamo deciso di rimetterci in cammino! Per farlo questa volta, abbiamo voluto raggiungere luoghi più distanti dalla nostra amata Val di Cecina, spingendosi fino alla Costa Piombinese, per conoscere anche l’antico tracciato della Via dei Cavalleggeri. (Approf.) Guidati soprattutto dal nostro intuito, dalle poche notizie raccolte e dalla disponibilità di una sola auto, abbiamo deciso di compiere un anello nella zona di Populonia e Baratti, rinunciando per questa volta alla più completa traversata che ha inizio sulla spiaggia di Salivoli. Nonostante la poca preparazione per questo evento, possiamo sicuramente dire di aver compiuto un bel trek, che se pur non completo, si è rivelato un cammino molto interessante. Come punto di partenza, si è scelto l’insenatura di Baratti parcheggiando nel grande piazzale antistante il porticciolo. Ci siamo incamminati lungo costa seguendo da prima alcuni sparuti edifici e dopo aver oltrepassato un bar, abbiamo imboccato il sentiero (n.303 Area Naturale Protetta Promontorio di Piombino), luccicante di detriti ferrosi, che all’inizio costeggia il mare per poi salire repentinamente dentro un fitto bosco di arbusti mediterranei, snodandosi sinuoso lungo tutto il promontorio. Il suggestivo Golfo di Baratti, angolo di mare incontaminato, che oggi ospita un piccolo porticciolo, era fin dal VI° secolo a.C. l’importante porto etrusco di Populonia. Fondendo minerali ferrosi, come l’ematite, provenienti dalla vicina Isola d’Elba, la città di Populonia divenne un centro potentissimo, grazie all’enorme sviluppo dell’industria siderurgica da parte degli Etruschi. Tutto il nostro itinerario, si svolgerà in un continuo sali-scendi, seguendo le onde verdi delle colline che declinano fino al mare. I tratti di sentiero sono completamente immersi nel fitto della vegetazione, formata prevalentemente da lecci, mirto, lentisco, fillirea, scopa e tutte le essenze della Macchia Mediterranea, alternate da olivi selvatici e una gran quantità di alloro spontaneo. Ogni tanto si spalancano all’improvviso, brevi spazi esposti sulla ripida scogliera che ci sorprendono per i panorami superlativi colorati dall’azzurro intenso del mare e che ci mostrano tutto l’Arcipelago Toscano. Nella prima parte del sentiero, sono ancora ben evidenti tracce della struttura di muretti, riempimenti e ponticelli che ci fanno subito capire l’importanza che poteva avere questa piccola arteria costiera per la strategia di osservazione e di pattugliamento di tutta la zona. Si nota ancora l’ accuratezza dei dettagli sul tracciato e siamo affascinati nello scoprire l’impegno dei popoli del passato, che pur senza tecnologia, mostravano una grande abilità e ingegno. Il sentiero che percorriamo anche se completamente rinnovato e ripulito nel 2012, purtroppo già denota un certo degrado, in quanto l’invadente vegetazione mediterranea ne minaccia la percorribilità e non è raro doversi far strada tra gli arbusti di Cisto e di Barba di Giove. Ma soprattutto è l’incuria e la cattiva educazione di chi frequenta questi posti, che con l’abbandono di resti di carta, plastica, mozziconi, e ogni sorta di oggetti, non rende certo giustizia alla storia e alla straordinaria bellezza del luogo. Percorsi i primi 3,2km di cammino, giungiamo dopo una discesa, in un ampio spazio che si apre sul mare, dove il sentiero incrocia un altro camminamento proveniente da sx. Svolteremo a dx verso il mare, e di lì a poco, superati dei cartelloni esplicativi, ci vedremo apparire davanti una straordinaria e magica scogliera che viene chiamata “Buca delle Fate”. (Approf.). Le curiose cavità che si formano sulle rocce della scogliera, vengono chiamate “Tafoni” e sono il risultato di un processo naturale chimico meccanico innescato dall’acqua marina che penetra nella roccia arenaria, di cui sono formati questi scogli. Il sale che si deposita, dopo che il calore del sole avrà fatto evaporare l’acqua, si cristallizzerà frantumando i piccoli granuli della roccia. La forza del vento provvederà a rimuoverli e i piccoli fori che si saranno formati, lentamente tenderanno ad allargarsi e a formare reticoli pietrosi dai disegni più fantasiosi e bizzarri. In alcune fessure di queste rocce trovano ospitalità piccoli cespugli ordinati di Finocchio di Mare, Limonio Toscano, Cineraria Marittima, Elicriso delle Scogliere ed altre, ritenute endemismi della Costa Ligure-Toscana. La curiosa parola “tafone” che descrive questi alveoli della roccia, ha un’origine incerta, ma sicuramente mediterranea; forse derivante dal greco “taphos=tomba”o dal corso “taffoni” che significa “finestre”. Ristorati dalla visita di un luogo così bello e singolare, riprendiamo il nostro cammino seguendo verso sud l’aspra costa scoscesa. Dovremmo tornare indietro fino all’incrocio da cui siamo arrivati per imboccare il sentiero n° 302 prestando attenzione a non confondere col n.301 che ci riporterebbe in maniera più diretta al parcheggio del “Reciso”, nei pressi della strada per Populonia. Continuando a seguire la traccia dell’antica Via dei Cavalleggeri, dovremo più volte fare attenzione a non sbagliare immettendoci in uno dei numerosi sentieri e camminamenti presenti. I flebili segni convenzionali, bianco e rossi, un po’ sbiaditi, non ci saranno di grande aiuto, ma sarà sufficiente comunque seguire sempre l’andamento della costa e osservare l’impronta del tracciato più battuto. Anche qui purtroppo, la nota negativa che non si può non rimarcare, è il fatto che la bellezza, l’unicità e straordinarietà di questo esclusivo ambiente, è violentata dalla costante presenza di rifiuti che ci ha accompagnato per tutto il tragitto. Andando ancora avanti supereremo di volta in volta diversi canaloni e impluvi sormontati da ponticelli di pietra e dopo aver camminato ancora 2,4 km circa dopo la Buca delle Fate e 5,6 complessivamente dalla partenza, ci troviamo di fronte ad un crocevia di sentieri(42°58’00,3”N 10°29’13,6”E). Noi naturalmente imboccheremo a sx sul sentiero n303, (l’altro ci porterebbe a Cala Moresca continuando la via costiera verso Piombino). Anche lungo questo ramo del percorso che si dirige internamente a ritroso, il continuo sali scendi alternerà leggere discese a brevi strappi di salite e ci porterà a lambire un vecchio appostamento di caccia ai volatili, cosparso come al solito da ogni sorta di rifiuti. Da lì a poco il cammino comincerà a diventare un po’ più dolce e pianeggiante e ci porterà a passare accanto ai ruderi del Monastero di San Quirico. Il Monastero benedettino di San Quirico, risalente all’XI°secolo fu costruito probabilmente in tempi diversi sull’esistente Chiesa di San Quirico. E’ menzionato in antichi documenti del 1035 e in altri che lo attestano come romitorio nel 1087. Al monastero era annessa anche la proprietà di alcuni terreni intorno all’ omonima cala da cui prese probabilmente il nome e di altri frutto di donazioni da parte di nobili famiglie come gli Aldobrandeschi o i Della Gherardesca , che rappresentavano per il monastero, fonte di reddito e di prestigio su tutto il territorio. Ci concediamo una doverosa sosta e visita all’antica costruzione, quindi continuiamo il nostro itinerario fino ad incrociare un largo camminamento che imboccheremo lasciando il sentiero in direzione nord. Percorsi ancora poche decine di metri, in prossimità di un grande slargo attrezzato per la sosta, noteremo una piccola chiesetta, dall’aspetto un po’ trascurato, ma sfrutteremo con enorme piacere la comodità di alcuni tavoli posti sotto delle querce sughere che ombreggiano il piazzale e lì ci fermeremo per ristorarci. Riprenderemo il cammino, divenuto ora più comodo e rilassante per la larga strada bianca che declina dolcemente verso il parcheggio. All’improvviso davanti a noi ci appare la vista della torre di Populonia, che spunta come una macchia di colore rosso tra la verdeggiante vegetazione. Ovviamente con un po’ tempo a disposizione, potremmo concederci una breve visita, dato che la città non è molto distante dal parcheggio ed è raggiungibile in pochi minuti lungo la strada asfaltata. Populonia fu una delle più importanti città della civiltà etrusca, l’unica affacciata sul mare, nota per la fusione e il commercio del ferro, fino a che il progressivo crescere della potenza romana e le invasioni piratesche ebbero la meglio sulla potenza etrusca. Vide la sua rinascita nel medioevo, nel XIV° secolo, quando la città fu dotata in varie fasi di mura bastionate, con mastio e torre di avvistamento, passaggio fondamentale da Castello a Rocca Fortificata. Per continuare il nostro anello invece, scenderemo lungo la via Romanella chiaramente indicata da cartelli, l’ antica strada etrusco romana, che collegava un tempo l’area industriale di Baratti con l’Acropoli di Populonia. Nella prima parte in ripida discesa lungo il bosco, percorreremo alcuni antichi tratti, dove sono ancora visibili parti di lastricatura romana, poi in prossimità di una singolare edicola religiosa, sboccheremo lungo la via asfaltata proveniente da Baratti. Il cammino ora è riposante e agevole e mentre assaporiamo la fine del percorso, apprezzeremo un’ultima curiosità di questa bella giornata, ammirando la contorta e plurisecolare quercia che lungo il ciglio della via fa bella mostra di sé, esibendo la sua possente siluette. Una volta al parcheggio, prima di riprendere la nostra auto, sarà consigliabilissima una breve passeggiata lungo il porticciolo, con la sua acqua cristallina e la sabbia rossastra luccicante di scorie di ferro. Con un po’ di tempo ancora a disposizione, potremmo visitare l’interessante parco archeologico a ridosso della spiaggia, con i celebri scavi etruschi che ci raccontano dall’inizio la storia di questo luogo speciale. Attenzione: il 28 settembre 2018 abbiamo ripercorso il tracciato riscontrando, lungo il sent. 302, da Baratti alla Buca delle Fate, due punti critici. Delle grosse frane hanno reso molto esposti due passaggi, fare molta attenzione!! |