Anello del Pavone alto |
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21.3 km, 08:30:18 |
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Galleria foto 24 immagini
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DESCRIZIONE Anello alto PavoneUn tragitto che con i suoi quasi 23km ci porterà a scoprire l’alta Valle del torrente Pavone fino a lambirne le sorgenti. Il bel percorso sarà caratterizzato dall’alternanza di vasti verdeggianti panorami, che lasciano luogo ad ambienti selvaggi e pietrosi o a fitti boschi, che attraverseremo durante il cammino. Come punto di partenza abbiamo scelto l’ormai conosciuto e familiare “Campo alle Rose” (43°09’25,0” N 10°56’50,3”E),alla base del massiccio della Cornata, nelle vicinanze di “Cava Romano”. Qui si apre un’ ampia area circondata da pareti di friabili rocce giallastre e alcuni vecchi ruderi ci ricordano la fervida attività delle antiche escavazioni di detrito di Calcare compatto. Ora negli anfratti nascosti dei pendii della cava, trova rifugio il Picchio muraiolo e numerosi rapaci. Da questo punto inizieremo a discendere lungo la comoda e ampia strada bianca che si dirige da Gerfalco al Castello di Fosini. (Sentiero 10 Colline Metallifere). Dopo aver percorso circa 1 km, in prossimità delle indicazioni per il Castello, noteremo degli avvallamenti rotondeggianti nel terreno, ormai ricoperti dalla vegetazione. Un cartello esplicativo ci informerà che si tratta di antiche miniere medievali a cielo aperto per la ricerca di minerali di argento. Qui volteremo a sx, iniziando a salire in maniera abbastanza decisa, intorno al lato settentrionale di Poggio Mutti, fino ad arrivare dopo appena 500 m, in un vasto pianoro alberato recentemente disboscato. Il Poggio di Mutti è un rilievo di forma rotondeggiante nel versante meridionale delle Cornate. E’ noto soprattutto per lo sfruttamento minerario delle sue grotte carsiche, ricche di minerali da cui veniva estratto principalmente argento e piombo. Le miniere già conosciute in epoca etrusca, furono coltivate soprattutto durante i secoli XI° e XII°, valorizzate oggi da un elaborato studio a cura dell’Università di Siena. Da qui ci concederemo una piccola deviazione dall’anello per raggiungere un punto particolarmente panoramico, che si affaccia di fronte alla rupe del Castello di Fosini a picco sul botro Riponti. Per raggiungere il luogo sarà sufficiente camminare lungo la stradina immersa nel rigoglioso bosco di carpini neri, che si dirama sulla dx rispetto al nostro percorso. La seguiremo per circa 400m, sino ad incontrare un ampio spazio adibito al recupero del legname tagliato e da qui ci inoltreremo sulla dx nel mezzo al bosco, ancora per poche decine di metri fino ad affacciarsi sulle bianche rocce che strapiombano di fronte al castello nell’ampia vallata dove scorre il torrente Pavone. Questo luogo ci da l’esatta sensazione e la consapevolezza della vastità e dell’estensione di questi boschi che con il loro verdeggiare ricoprono ogni versante. Sarà piacevole notare come anche la campagna circostante, sia stata ultimamente valorizzata, con ingenti opere che hanno portato ad intensificare le culture, con nuovi impianti di vigneti e oliveti, con il rifacimento di strade e di strutture abitative, nonché con la preziosa raccolta dell’acqua in decorativi laghetti. Rimangono sparsi qua e là, celati dal fitto della vegetazione, parti di mura e di tetti di antiche abitazioni coloniche dominate dal castello, purtroppo non ancora ristrutturato. (Approf. C. Fosini) Torneremo indietro ripercorrendo lo stesso cammino, fino al punto che abbiamo lasciato in precedenza da dove riprenderemo il nostro sentiero n.10. In fondo alla breve discesa, inizierà un tratto di percorso tra i più caratteristici e interessanti della giornata. La vecchia carrareccia lascia ora il posto a un ciottoloso viottolo di pietre bianche che taglia lo scosceso versante occidentale del Poggio. Ci meravigliamo dalla sua atipicità, dato che il sentiero ricorda nel suo aspetto un caratteristico percorso di montagna e notiamo delle analogie geologiche con quello detto “Dei Selciaini”, che da Cava Romano conduce a Campo al Turco attraversando le Cornate. Ci lasciamo affascinare da questo percorso che aprendosi tra i boschi a picco sul fianco del monte, alterna agli aguzzi ciottoli calcarei, enormi massi candidi avvolti da distese di muschio verde, che li ricopre come una morbida pelliccia. (Più avanti nel nostro cammino, alcuni contadini della zona, ci diranno che questo camminamento veniva chiamato “Strada del Prete”, anche se non se ne conosce il motivo!) Proseguiremo in una piccola discesa fino ad arrivare in prossimità di una vasta radura, dove dovremmo fare attenzione alla direzione da seguire, dovendo in questo punto abbandonare il sentiero 10 verso “Frasseta” e seguire invece il n. 9 sulla nostra sx, in direzione sud. Qui l’angusto sentiero lascia spazio ad una carrareccia che scende decisa verso i margini di ampi coltivi. In questa fase dobbiamo fare la massima attenzione, perché a causa di recenti attività di taglio, non sarà facile individuare e seguire il percorso. In fondo alla discesa, cercheremo di seguire le pendici del poggio svoltando leggermente a sx. Cammineremo accanto alle bianche strapiombanti pareti che si susseguono in anfratti, buche e curiose cavità che mostrano radici contorte aggrappate alle pietre a sostenere miracolosamente vigorosi alberi. Da lì a poche decine di metri percorsi in salita, dobbiamo esser bravi ad individuare, oltre il tratto di bosco tagliato la continuazione del sentiero n. 9 che inizierà a scendere verso piccoli impluvi invasi dai rovi. Finalmente usciti dal fitto roveto ci troveremo sul ciglio di un vecchio pascolo che ci condurrà a lambire le strutture di un podere ancora ben conservato. Non possiamo fare altro che notare nelle vicinanze, una serie di grandi castagni secolari e un grosso ciliegio il cui tronco si biforca in due dal terreno. Continuando il cammino, ora più comodo e rilassante, saremo affiancati da altre costruzioni e passeremo davanti ad un vecchio fontanile, che anche se in disuso, testimonia la grande ricchezza d’acqua di tutta la zona. Proseguiamo ancora lungo la stradina di terra battuta che costeggia vecchie recinzioni e piccoli orticelli, fino a quando iniziando a scendere si scorgono ampi pascoli, al margine dei quali, lungo il nostro tracciato, notiamo rigogliosi alberelli di nespoli selvatici alternati da querce secolari. Passeremo davanti alle vecchie strutture completamente recuperate dei poderi di Pianali e di Mistenne, antico fabbricato con origini etrusche e, continuando il cammino sulla nostra dx, scenderemo in maniera decisa verso il guado del fiume Pavone. Arrivati in prossimità del torrente, sorpresi dalla vista di un piccolo rudimentale ponticello pedonale in lamiera, anche se la portata dell’acqua ci consentirebbe di attraversare tranquillamente, non ci faremo sfuggire l’emozione di passare su questa particolare struttura traballante. Oltrepassato il Pavone continuiamo il cammino in salita sulla larga carreggiabile di ghiaia bianca, costeggiando grandi pascoli recintati e alcune vecchie cave, in cui recentemente è stato applicato un ripristino ambientale, con l’impianto di numerose varietà di alberi che dovrebbero contribuire a ricostituirne la vegetazione. Da qui possiamo spaziare davanti a noi su un paesaggio aperto, dove domina il verde tranquillo dei campi, in contrasto ai gruppi montuosi che incorniciano la vallata. Ancora poche centinaia di metri più avanti, dopo aver svoltato a sx all’unico incrocio incontrato, passeremo sotto alla struttura di una robusta cancellata che probabilmente avrà delimitato l’area di attività delle vecchie cave di pietrisco. Camminiamo ancora lungo la strada che si inoltra in un bosco di cerri, lambiremo la struttura di una sorgente conosciuta come “Fonte all’Agrifoglio”, dove è presente anche una piccola fontanella. Di lì a poche decine di metri sull’argine dx, potremo individuare attraverso i consueti segni bianchi e rossi, la deviazione per il sentiero che ci condurrà, non con poca fatica, alla sommità del monte Santa Croce. Intorno all’anno 1250 una comunità di monaci della Congregazione di San Guglielmo sotto regola agostiniana, giunse in ritiro e in preghiera, sulla sommità di questa altura, dove venne eretto un cenobio e una cappella dedicata alla Santa Croce. Il poggio sembra che allora fosse chiamato “Mons Maris”, forse per la sua vicinanza con il mare, ma alcuni studiosi ritengono che il nome del monte fosse “Monte di Bene” o “Monte Beni” non solo per la presenza della piccola chiesa, ma molto probabilmente per le ricchezze derivanti da antiche miniere di argento e dall’intensa attività estrattiva che si svolgeva sul monte stesso.
Il sentiero, anche se ampio e privo di vegetazione, si presenta sassoso e a tratti scosceso, reso insidioso dalle pietre scivolose. Saliremo per circa 600m, dall’inizio del viottolo fino ad incontrare un tratto pianeggiante con un’evidente deviazione sulla dx che ci indicherà la nostra meta. (Se proseguissimo a dritto, ci ritroveremmo sulla strada provinciale 439 per Massa Marittima). Il bosco ora, diventa una fitta e ombrosa lecceta, fino ad assumere il caratteristico aspetto della Macchia Mediterranea. Lo sforzo per la pendenza del terreno e per il fatto che la meta sembra non giungere mai, si inizia a far sentire, fino a quando improvvisamente davanti a noi, in una leggera depressione, si intravedono le mura dell’antica chiesetta e di una piccola area attrezzata dove ci fermeremo per una pausa ristoratrice. La piccola chiesetta di Santa Croce è stata edificata probabilmente nel secolo XIII°. Perfettamente conservata nel suo stile tardo romanico, si trova immersa in un ambiente silenzioso e mistico nella fitta lecceta che la circonda. Vicino alle sue mura perimetrali è possibile notare ammassi di pietra provenienti dai ruderi dell’antico cenobio, ormai completamente distrutto. Era tradizione popolare effettuare pellegrinaggi nei giorni del 15 di maggio e del 14 settembre di ogni anno, in cui si svolgevano funzioni religiose e processioni fino alla sommità del poggio dove si trovava una croce lignea. I convenuti dei vicini paesi di Gerfalco e Monterotondo, usavano scambiarsi e offrirsi le vivande portate da casa, con lo scopo di trascorrere una giornata di preghiera e di pace. Anche oggi, talvolta vengono organizzate escursioni, che raggiungono la piccola chiesa, allo scopo di passare qualche ora in compagnia immersi in un ambiente un po’ mistico e surreale, di assoluta naturalità e pace. (Approf. chiesetta Santa Croce) Riprendiamo la via del ritorno discendendo di nuovo l’irto sentiero fino a raggiungere la strada bianca precedentemente lasciata in prossimità della fonte. Ci incammineremo lungo un tratto pianeggiante in direzione Sud-Ovest, fino a sbucare dopo circa 2,3km in prossimità del conosciuto “Bivio del Martinozzi” dopo poche centinaia di metri, nella Strada Regionale che porta verso Montieri. Da qui purtroppo, dovremmo costeggiare la via asfaltata per circa 1km fino a raggiungere sul ciglio sx l’indicazione del “Podere Mocai”, che ci permetterà di abbandonare l’asfalto per riprendere il consueto cammino lungo la strada forestale. Proseguiremo lungo la carreggiabile fino a lambire il bel casale ristrutturato, oltrepassato il quale inizieremo a scendere in direzione del torrente Pavone. L’ultimo tratto prima di attraversare il corso d’acqua ci vedrà costretti a seguire i segni convenzionali in maniera complicata e confusa, fino a raggiungere un punto di guado. Superato il torrente abbandoniamo l’intricata vegetazione arbustiva intorno al greto e ci incamminiamo lungo un tratto di bosco di cerro, in costante salita, dove l’alta vegetazione non ci permetterà di apprezzare i bei panorami dei dintorni. A circa un chilometro dopo il guado, passeremo accanto ad un’abitazione rurale recentemente ristrutturata, dove le targhe delle macchine parcheggiate ci indicano la proprietà di stranieri. Saliamo ancora lungo la strada che ora si è fatta ampia e ben curata, lambendo da lì a poco ancora abitazioni rurali più o meno abitate e proseguiremo in leggero dislivello, fino ad incontrare di nuovo la strada asfaltata che conduce a Gerfalco. Dopo aver voltato a sx in direzione del paese saremmo costretti a camminare lungo il ciglio della strada consolati però dal fatto che il traffico è pressoché inesistente. Le nostre vedute si fanno ora, di nuovo ampie e panoramiche; spazieranno fino al Poggio di Montieri e sulla pietrosa Cornata, con una bella prospettiva sul vecchio borgo minerario di Gerfalco. Quasi alle porte del paese, vicino a un locale ristorante, prenderemo la strada a sinistra in direzione del Castello di Fosini, costeggiando le basse pendici occidentali delle Cornate. Il cammino anche se più monotono, sarà allietato dalle belle vedute su tutta l’alta Valle del Pavone, colorata dalle magiche luci del tramonto. Lungo l’ormai noto percorso passeremo a fianco della vecchia Cappella dell’Avveduta e di lì a poco raggiungeremo con soddisfazione e anche con un po’ di stanchezza, il punto finale del nostro tour, che ci ha visti impegnati per oltre 20 km in un continuo saliscendi, alla scoperta di una varietà di ambienti tanto interessanti e diversi tra di loro. |
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