DESCRIZIONE
Attraverso la storia mineraria di Monterufoli
Poco dopo aver superato l’abitato di Libbiano, percorrendo la strada sterrata che conduce a Monterufoli, ci dirigiamo all’ingresso della grande riserva verde, che un giorno fu proprietà della nobile famiglia Maffei di Volterra. Superato il cartellone che indica l’ingresso e il regolamento dell’oasi naturalistica, incontriamo poco dopo il rudere del vecchio podere Cerbaiola, dal quale, grazie ad un’ampia interruzione della vegetazione, si possono dominare con lo sguardo sia in direzione Ovest, che Est, panoramiche ed estese vedute. Di lì a poche decine di metri, parcheggeremo la nostra auto in prossimità di una catena che dà accesso a una piccola stradina sulla sx.(43°15’44,9”N 10°47’57,6E ). Fino a questo punto, abbiamo percorso con l’auto circa 2,8 km dal borgo di Libbiano. approf. Da qui (quota 475 slm) partirà il nostro tragitto, che per la prima parte si snoderà nell’impluvio lungo la pendice Nord del Poggio di Grufoleto (464 mt) e quella Sud di Monte Alto (499mt), fino a lambire con il sentiero, il greto del torrente Trossa a quota 220 slm. La zona di Monterufoli, è stata sin da tempi remoti, fortemente legata e caratterizzata dalla propria storia mineraria e questa zona in particolare, nella conca del Trossa e del suo affluente Linari, ne costituisce il nucleo centrale dove più intensamente l’uomo si è prodigato a strappare alla terra preziosi minerali, come il ben noto calcedonio, il rame e la lignite. Lungo questi sentieri infatti, ancora oggi si possono intravedere ed osservare gli antichi resti della laboriosa attività mineraria. approf. Nella prima parte di questo percorso, dovremmo passare nelle vicinanze della “Miniera del Castagno”, una delle più importanti per l’estrazione del rame. Purtroppo, ci dispiace ammetterlo, ma dopo ripetute ed insistenti ricerche, ancora oggi non siamo riusciti a localizzarla, eccettuata la presenza di pochi ruderi e resti murari. Oltrepassata la catena di delimitazione, dopo circa 300 metri, dobbiamo fare attenzione sulla nostra sx all’imbocco del sentiero n 9 (non ben segnalato in questo punto) della sentieristica ufficiale “Unione Montana”, che ci accompagnerà fino all’alveo del fiume Trossa. Svoltato a sx, si potrà subito notare ai margini del sentiero il rudere di un vecchio edificio sicuramente legato all’attività estrattiva. Continuiamo il cammino nel grande bosco di lecci, accompagnati per un tratto da singolari tracce di muretti in pietra che poi svaniscono mano a mano che si scende. Il tratto, pur non avendo grandi difficoltà, richiede attenzione e accortezza, per la forte pendenza di alcuni punti. L’impegno e lo sforzo, però saranno ben presto ripagati, perché dopo aver attraversato tratti di maestose leccete, alternate alle solite discutibili pinete, incuneandosi nel mezzo alle due pendici scoscese, inizierà a comparire, tra la vegetazione, la mole delle grandi frane di rocce serpentine, con il loro indiscutibile fascino e la selvaggia bellezza. In questo punto il tracciato del sentiero, da poco revisionato, ha dovuto subire una variante di percorso, per aggirare un tratto franoso. Passeremo a questo punto, lungo uno spazio quasi scoperto dalla vegetazione, che ci darà la possibilità di dominare con lo sguardo, i verdi crinali che ci circondano.
La gariga stessa che attraverseremo, ci offrirà la vista di preziose e colorate fioriture, tipiche di queste rocce che impreziosiscono con i loro colori l’aspro grigio del gabbro. approf: Piante del serpentino Abbandonata la gariga, torniamo di nuovo dentro al bosco, marciando ora in direzione Sud-Ovest verso il cuore del bosco di Grufoleto, per lo più costituito da alti cerri ed ombrosi lecci che, non lasciando spazio al consueto e intrigato sottobosco, creano un ambiente dai colori e dai profumi morbidi, rilassanti, come in uno scenario da favola. Scendiamo ancora di quota lungo il comodo sentiero, fino a lambire la sponda sx del torrente Trossa (45°15’18,9” N 10°48’49” E) quota 220 slm. Da qui abbandoneremo il sentiero ufficiale e, per questa opzione di percorso, dovremmo raggiungere il letto del torrente, del quale ne discenderemo un breve tratto, assaporando ogni peculiarità e curiosità. Dopo poco meno di 200/300 metri, dovremmo fare molta attenzione alla nostra sx, perché proprio in corrispondenza dell’affluenza del piccolo Fosso di Santa Barbara, (erroneamente ritenuto Fosso delle Sugherine) con il Torrente Trossa, si può intravedere l’apertura della galleria mineraria, ancora oggi molto ben conservata. A causa del suo parziale allagamento, provocato da una frana, la galleria non è ispezionabile che per poche decine di metri, ma guardando l’ingresso, se ne può osservare e apprezzare la maestosità e le avveniristiche tecniche di costruzione, rapportate a un tempo in cui la tecnologia lasciava spazio solo alla tenacia, alla costanza, alla bravura e alla manualità delle persone che vi lavoravano. Riguadagnato l’alveo del nostro Trossa, continueremo la discesa, divertendoci a trovare ogni volta il passaggio migliore, per non…. “tufare”! (Sarebbe preferibile scegliere questa opzione di percorso, in regime di bassa portata d’acqua del torrente. In ogni caso se, arrivati al fiume si costatasse maggior portata di quella prevista, ricordiamo che esiste una seconda opzione di marcia che continua sul sentiero n°9, alla volta di Botticella, già descritto nel nostro sito, nel percorso denominato “Anello di Botticella”) Proseguendo divertiti lungo il corso d'acqua, sulla dx abbiamo il folto bosco della Farneta e sulla sx, volgendo lo sguardo verso l’alto, scopriamo di essere dominati da giganteschi costoni e frane di gabbro grigio, che scendono repentine sulla stretta gola del Trossa. Molto bella anche la caratteristica vegetazione delle sponde con i suoi verdi germogli di ontano, gli immancabili giunchi che contornano il greto e una stupenda, insolita fioritura primaverile dell’ “Albero di Giuda”, che fa bella mostra di sé, tra le pietre del torrente, dando colore e vivacità a questo ambiente così particolare. Dopo aver disceso circa 800 /900 metri di alveo, dobbiamo di nuovo fare attenzione, perché si possono osservare sul letto stesso e sulle sponde del Trossa, delle interessanti, caratteristiche pieghe geologiche, ritenute dagli esperti di notevole pregio. approf. Continuando ancora qualche centinaio di metri di discesa, dobbiamo prestare attenzione, all’imbocco sulla sx del sentiero n° 12 (Sentieristica Unione dei Comuni), che dovremmo risalire.(43°15’37,3” N 10°49’14,6” E, quota 185 circa) Imboccato il sentiero 12, lungo il versante Nord/Nord-Est di Monte Alto, inizieremo la lenta e impegnativa risalita dei 300 metri di dislivello che ci riporteranno alla strada principale di Monterufoli. Doverose, apprezzate e piacevoli, saranno le soste lungo la salita, perché, oltre a riprendere fiato, ci daranno la possibilità di osservare gli apprezzabili scorci naturalistici. La gola del Trossa, che serpeggia tra il verde intenso della vegetazione della Farneta. Il grigio brillante e familiare delle rocce Serpentine, che ci lascia spazio per ammirare in lontananza, il verde vellutato dei campi e dei pascoli, che contornano la sagoma dell’abitato di Pomarance, quasi a volerci ricordare che questi luoghi tanto belli e selvaggi, non sono poi così lontani da dove viviamo quotidianamente. Arrivati quasi in cima alla salita del bel sentiero, sulla sinistra, in prossimità di una zona umida, si può intravedere, prestando particolare attenzione, la fonte “Acqua Calda”, di cui purtroppo se ne sono perse quasi del tutto le tracce. Usciti nella strada bianca proveniente da Libbiano, giriamo a sx in direzione della “Villa delle Cento Stanze”, percorrendo in scioltezza gli ultimi 900 metri del nostro percorso, ovviamente soffermandoci in prossimità del rudere Cerbaiola per volgere ancora lo sguardo, verso il verde infinito e la bellezza di questi luoghi.
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